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ORDINAMENTO GIUDIZIARIO  

La nuova circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari.

  Giudiziario 
 martedì, 28 febbraio 2017

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Spunti di riflessione sulle disposizioni a tutela della genitorialità e della malattia: ricadute pratiche in punto di mobilità interna, riequilibrio dei carichi di lavoro e prevenzione dei ritardi.

Ida Ponticelli
Giudice presso il Tribunale di Napoli Nord

 
 

 Il presente contributo ha ad oggetto l’analisi delle principali ricadute pratiche del principio contenuto nella circolare sulla formazione delle tabelle per il triennio 2017/2019 mirante a rendere compatibile l’attività lavorativa assegnata in concreto al magistrato con alcune sue peculiari condizioni personali: gravidanza, maternità e paternità – o più correttamente, alla luce di quanto a breve si dirà, genitorialità – malattia propria o di un prossimo congiunto e infine stato di handicap del figlio ai sensi della legge 104/92.

Non si tratta in verità di un concetto del tutto inedito, dovendosi al riguardo segnalare che una normativa a tutela delle situazioni sopra richiamate già figura nella circolare sulla formazione delle tabelle per il triennio 2009/2011 (cfr. paragrafo 45: organizzazione dell’ufficio in caso di magistrati in stato di gravidanza, maternità, malattia{C}{C}[1]) ed è poi confluita in quella per il triennio 2012/2014 e infine in quella per il triennio 2014/2016.

Il principio che, infatti, ormai da diversi anni caratterizza le circolari in oggetto è quello secondo cui nell’organizzazione degli uffici si deve tenere conto della presenza e delle esigenze di magistrati cui è demandata la cura di figli minori o l’assistenza di familiari con problemi di salute, o ancora che versino loro stessi in peculiari condizioni di salute difficilmente conciliabili con l’attività lavorativa negli uffici giudiziari.

Ciò che è cambiato, o per meglio dire, è stato aggiornato rispetto al passato è il presupposto culturale alla base di tale normazione: la riflessione si è allargata infatti dal concetto di “conciliazione” – riferito inizialmente soltanto alla ricerca dell’equilibrio per le donne magistrato tra vita lavorativa e cura della famiglia – a quello di “condivisione” e soprattutto di tutela ad ampio raggio della “genitorialità”, che non riguarda più solo la madre lavoratrice ma coinvolge, con maggiore adeguatezza lessicale entrambi i componenti della coppia ed anzi l’intero nucleo familiare nel suo complesso.

In altri termini, lo sforzo compiuto è stato quello di affrontare tematiche assai delicate per la corretta organizzazione degli uffici in una prospettiva di più ampio raggio.

In quest’ottica, va letta sicuramente la novità principale contenuta nella circolare in esame, che consiste nell’innalzamento del limite di età del figlio minore per poter fruire di tutta una serie di benefici - che in questa sede si passeranno rapidamente in rassegna - passato da tre a sei anni.

E’ inoltre significativo, in tal senso, che già nel Titolo I – allorquando si tratta di tracciare le linee guida che devono informare il contenuto delle tabelle - la circolare si apra proprio con una disposizione di carattere generale che recita: “le scelte organizzative tengono conto delle esigenze di tutela della maternità e della compatibilità del lavoro con le esigenze familiari e i doveri di assistenza che gravano sul magistrato, secondo le previsioni della presente circolare” (art. 4).

Ebbene, rispondono a questa esigenza sia numerose disposizioni disseminate qua e là nel corpo della circolare sia e soprattutto un apposito capo del Titolo IV – quello che, più in generale, si occupa del benessere organizzativo dei magistrati - dedicato specificamente alla tutela della genitorialità e della malattia.

La circolare si preoccupa, innanzitutto, di garantire la partecipazione di tutti i magistrati – e quindi anche di quelli assenti per maternità o per congedo parentale – ai processi decisionali più importanti per la vita dell’ufficio, ed infatti stabilisce, per un verso, che “nella redazione delle tabelle va garantita la più ampia consultazione, con ogni mezzo idoneo, dei magistrati in congedo per maternità o paternità e in congedo parentale”(art. 13), per altro verso, che “della pubblicazione delle proposte tabellari viene data tempestiva comunicazione a tutti i magistrati, ivi compresi i magistrati in congedo di maternità o paternità e in congedo parentale, tramite l’invio automatico di una email all’indirizzo istituzionale di giustizia e la pubblicazione sull’intranet dell’ufficio giudiziario”(art. 19).

Si tutela, dunque, un valore molto importante, mettendo tutti in condizione di poter concretamente interloquire, anche se temporaneamente assenti.

Ancora, la tutela della genitorialità ricompare nella parte della circolare in cui si disciplinano i trasferimenti interni all’ufficio.

Alla previsione (art. 112) che, in via generale, vieta i trasferimenti a un settore (civile, penale, lavoro) o a una sezione (famiglia, fallimentare, etc.) diversi da quello di appartenenza senza il consenso dell’interessato, salvo che ricorrano le ipotesi del trasferimento d’ufficio ex art. 159 si affianca, infatti, una disposizione specifica in punto di tutela della genitorialità, l’art. 113 che dettaglia ulteriormente – e quindi rende ancora più stringente – il divieto generale sotto un duplice profilo.

A tutela dei magistrati che si occupano in via prevalente o esclusiva di figli minori fino a sei anni di età è previsto infatti quanto segue:

1.      {C}{C}non può essere disposto il mutamento non solo del settore o della sezione di servizio ma anche delle funzioni tabellari in concreto svolte (esemplificando, se nell’ambito della sezione esecuzioni e fallimento per tabella alcuni magistrati si occupano solo di esecuzioni non possono essere spostati al fallimento e viceversa) e della sede di esercizio (ipotesi oramai residuale, a seguito della soppressione pressoché integrale delle sedi distaccate);

2.      {C}{C}non vi è la salvezza della sussistenza dei presupposti per il trasferimento d’ufficio quindi, esemplificando, nel caso in cui sia necessario coprire un posto rimasto vacante a seguito di concorso, non è possibile – nemmeno motivando sulla assoluta indispensabilità per l’ufficio di tale misura – destinare a tale posto il magistrato che provvede in via esclusiva o prevalente alla cura dei figli minori.

La norma garantisce, dunque, in favore di tali soggetti una sostanziale inamovibilità.

Ancora, risponde alla medesima ratio la previsione dell’art. 117, secondo cui i capi degli uffici esentano i magistrati con prole di età inferiore a sei anni e quelli che abbiano documentati motivi salute da ogni attività o incombenza ulteriore rispetto all’ordinaria attività giudiziaria: pensiamo, ad esempio, all’esclusione dalla designazione d’ufficio all’incarico di componente delle commissioni per l’esame di avvocato o di componente degli uffici elettorali.

In punto di disciplina dei criteri per l’assegnazione degli affari nell’ufficio si segnalano poi  le previsioni di cui agli artt. 165 e 166 che, rispettivamente, vietano l’una, l’assegnazione da parte del presidente del collegio della redazione di provvedimenti quando il termine di deposito venga a scadere nel periodo di astensione obbligatoria per maternità, l’altra, l’assegnazione di affari, anche urgenti, al magistrato nel periodo di congedo per maternità o paternità.

Come già segnalato, oltre a queste disposizioni che impongono di tenere in considerazione le esigenze legate alle genitorialità e alla malattia allorquando si discute di trasferimenti, attività ulteriori rispetto a quella giudiziaria e assegnazione degli affari, vi è poi un’apposita sezione della circolare che rappresenta il nocciolo duro della disciplina a tutela della genitorialità e della malattia.

Si tratta delle disposizioni dall’art. 277 in avanti che demandano all’iniziativa del dirigente il compito di adottare – e si badi, preventivamente, poiché tali provvedimenti devono essere varati almeno quindici giorni prima del rientro in servizio dell’interessato – le misure organizzative più adatte a contemperare le esigenze familiari e i doveri assistenziali che gravano sui magistrati con le esigenze dell’ufficio, fino al punto da poter disporre – ovviamente su richiesta del magistrato interessato – l’assegnazione in via temporanea ed eventualmente anche in sovrannumero rispetto alla pianta organica, di questi ad altro settore, con diritto a rientrare successivamente nel settore di provenienza.

Il quadro organizzativo disegnato dalle disposizioni passate in rassegna – che palesa la scelta di campo compiuta dalla circolare di dare priorità assoluta alla tutela di alcune condizioni soggettive – non riduce, tuttavia, il lavoro ma mira soltanto a renderlo compatibile con l’attività di cura o con lo stato di salute.

La normativa si preoccupa infatti di segnalare che, per un verso, le diverse modalità di lavoro non possono mai tradursi in una riduzione dello stesso, poiché eventuali esoneri saranno compensati da attività maggiormente compatibili con la condizione del magistrato (si pensi, nel settore civile, alla possibilità di disporre una riduzione nelle assegnazioni delle cause “ordinarie” compensata da una maggiore assegnazione dei procedimenti monitori che, per loro natura, non richiedono la presenza del magistrato in ufficio, potendosi provvedere anche da casa); per altro verso, e soprattutto, che queste previsioni possono essere derogate dal dirigente motivando circa l’insostenibilità per l’ufficio della misura organizzativa, ferma restando l’applicazione piena della tutela della genitorialità per i figli fino a tre anni, garantendosi pertanto, se non altro, la perdurante vigenza del precedente assetto normativo.

Tanto premesso, occorre segnalare i principali problemi applicativi che pone la nuova normativa.

A tal fine, occorre soffermare l’attenzione innanzitutto su di un dato: a differenza dell’art. 113, che, come visto in precedenza, reca il divieto di trasferimento senza consenso per i magistrati che si occupano della prole in via esclusiva o prevalente, la normativa relativa alle misura organizzative a tutela della genitorialità – così come, del resto, quella che prevede l’esonero da attività ulteriori rispetto a quella giudiziaria (art. 117) – si riferisce a coloro che provvedono alla cura di figli minori, anche se non in via esclusiva o prevalente.

Si pone, pertanto, un primo interrogativo: se entrambi i genitori sono magistrati possono chiedere tutti e due il riconoscimento della tutela?

Stando al tenore letterale della norma che – giova ribadirlo – non richiede la dimostrazione da parte del richiedente della sussistenza del requisito della esclusività o della prevalenza nell’attività di cura della prole, può ipotizzarsi una risposta affermativa.

Reca con se un’ulteriore insidia interpretativa quella che, come segnalato in apertura del presente contributo, può essere salutata come la principale novità della circolare sulle tabelle per il prossimo triennio.

Ed invero, la normativa consiliare ha previsto l’innalzamento dell’arco temporale in cui è possibile godere dei benefici, passando da tre a sei anni di età del figlio minore.

Non si pongono grossi problemi,per i magistrati che alla data di entrata in vigore della circolare già fruiscono di detti benefici perché sono genitori di prole di età inferiore a tre anni: in tale evenienza, infatti, la nuova normativa pacificamente comporterà la prosecuzione del beneficio in corso fino al compimento del sesto anno di vita del bambino.

Ma che succede per i magistrati che invece alla data di entrata in vigore della circolare avevano già cessato il trattamento – per così dire – “di favore” perché hanno ad esempio figli di quattro o cinque anni? Potranno chiedere il ripristino della tutela? E se si, esso dovrà tradursi necessariamente nella stessa misura di prima o potrà farsi richiesta di una misura diversa, magari modulata in base alle esigenze di crescita del bambino?

Trattasi di questioni di non poco momento, se solo si pensi alle ricadute pratiche che situazioni come quelle testé analizzate possono cagionare alla funzionalità in concreto dell’ufficio, laddove per esempio si pensava di poter contare in un impiego per così dire “full time” del magistrato e costui (o costei) invece, forte delle novità introdotte dalla circolare, avanzi nuovamente richiesta di applicazione in suo favore della normativa a tutela della genitorialità.

E ciò, anche in considerazione del fatto che la circolare in commento si chiude con una disposizione finale (art. 284) secondo cui “le direttive della presente circolare sostituiscono ogni altra direttiva con esse incompatibile contenuta nelle precedenti circolari in tema di tabelle degli uffici giudicanti”.

E’ assai probabile che di questa e altre questioni verrà investito il Csm tramite appositi quesiti, formulati all’occorrenza da parte dei magistrati interessati, all’esito dei quali sarà possibile ottenere risposte certe e consolidate.

Più in generale, deve in realtà osservarsi che la vera sfida che la circolare in oggetto pone ai capi degli uffici consiste nella necessità di procedere all’effettiva individuazione delle misure concretamente adottabili per la conciliazione delle esigenze lavorative con quelle familiari.

La circolare ne indica alcune in via esemplificativa, distinguendo tra settore civile e penale:

nel settore civile può essere prevista una riduzione del numero delle udienze o delle assegnazioni;

nel settore penale l’inserimento del magistrato in processi prevedibilmente non di lunga durata o l’assegnazione temporanea del magistrato  funzioni esclusivamente monocratiche;

negli uffici di Gip/Gup l’esonero dai turni e dalle udienze di convalida;

negli uffici di sorveglianza l’esonero dai colloqui in carcere;

e così via.

Trattasi, con ogni evidenza, di indicazioni di massima, che realisticamente dovranno essere di volta in volta adattate al singolo caso concreto, dovendosi avere riguardo alla realtà del singolo ufficio e alle effettive esigenze dei magistrati interessati.

In tale prospettiva, merita di essere segnalato come prassi virtuosa il caso del Tribunale di Pistoia nel quale, nella vigenza delle vecchie tabelle, è stato adottato un provvedimento di carattere generale, con il quale sono state individuate per settori omogenei (civile ordinario, esecuzioni, lavoro, tutelare, dibattimento penale, gip-gup) le misure organizzative minime per garantire la conciliazione famiglia-lavoro.

E’ stato cioè realizzato un vero e proprio “canovaccio” a partire dal quale ricostruire la soluzione del caso concreto, e ciò proprio con il dichiarato fine “di scongiurare il ricorso – per impossibilità talora oggettiva di “conciliazione” fra lavoro professionale e quello di “cura” – ad astensioni molto lunghe dal lavoro, le quali sottraggono per intero risorse e rischiano di rendere ancora più problematica la gestione quotidiana del servizio-giustizia già in grave difficoltà per le note scoperture generalizzate dell’organico degli Uffici{C}{C}[2]”.

In altri termini, con approccio lungimirante si è deciso di predeterminare ex ante degli standard minimi di tutela, al dichiarato fine di disincentivare le lunghe e spesso lunghissime assenze dall’attività giudiziaria che esse sì destabilizzano – in un’epoca di costante mancanza di risorse di ogni tipo – la gestione ordinaria dell’ufficio.

La considerazione che precede sollecita ulteriori spunti di riflessione, offrendo il destro per affrontare il delicato problema dell’incidenza delle situazioni personali sopra esaminate sul piano della responsabilità disciplinare.

E’ evidente, infatti, che l’adozione di misure organizzative non compatibili con gli impegni legati all’assistenza della prole o di prossimi congiunti malati o ancora alla necessità per lo stesso magistrato di curarsi può determinare una sovraesposizione di questi al rischio di contestazioni disciplinari, specie per ciò che attiene ai ritardi.

Ebbene, sul punto è opportuno evidenziare che, diversamente da quanto accadeva fino ad un recente passato, la sezione disciplinare del Csm recentemente ha mostrato una maggiore sensibilità al tema.

Ciò è quanto accaduto, in particolare, con la sentenza n. 80/2015 (est. Pontecorvo) nella quale il CSM ha affermato che “non integra l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni per reiterato, grave ed ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni la condotta del giudice il quale depositi numerose sentenze in materia civile con ritardi gravi ed in parte superiori ad un anno, qualora tali ritardi possano ritenersi giustificati in ragione dello straordinario carico di lavoro, della elevata produttività e – badate bene – della condizione di maternità non supportata da alcuna idonea misura organizzativa dell’ufficio e della grave malattia occorsa al coniuge del magistrato nel periodo di riferimento{C}{C}[3]”.

Ebbene, sulla scorta di queste premesse, il giudice disciplinare dopo aver ritenuto, tra l’altro, che nel caso di specie non erano state adottate misure organizzative compatibili con le esigenze familiari dell’incolpata, in considerazione “dell’eccessivo numero di assegnazioni” e delle “sempre più gravose incombenze affidate al magistrato che avevano richiesto anche una continua presenza in ufficio”, è pervenuto appunto ad una pronuncia assolutoria, ritenendo che i ritardi contestati non fosse riferibili ad un difetto di diligenza del magistrato.

E allora, anche alla luce di questo confortante orientamento della sezione disciplinare, quali prospettive possono e devono aprirsi oggi, in occasione dell’entrata in vigore della nuova circolare ed in vista dell’adozione delle nuove tabelle per gli uffici giudicanti per il triennio 2017/2019?

Ad avviso di chi scrive si dovrebbe prendere le mosse dall’art. 278, secondo cui “nell’individuare le specifiche modalità con cui dare concreta attuazione alle disposizioni che precedono i dirigenti si devono ispirare a criteri di flessibilità organizzativa”.

Proprio in questo concetto – quello della flessibilità organizzativa – si nasconde infatti la chiave di volta per introdurre da parte dei capi degli uffici delle strategie veramente idonee allo scopo.

Muovendo da tale opzione valoriale, devono allora essere riletti, e quindi utilizzati tutti i formidabili strumenti che la circolare, in via generale, mette a disposizione dei dirigenti.

Viene in rilievo, innanzitutto, la possibilità - che rappresenta altro snodo centrale della circolare in parola – di utilizzare i got in sostituzione dei magistrati assenti per maternità o in affiancamento agli stessi allorquando si trovino in una delle situazioni previste dalla normativa a tutela della genitorialità e delle malattia, oppure di utilizzare a tale scopo i magistrati distrettuali.

Altra strada percorribile è quella di far fronte a tali situazioni tramite provvedimenti di riequilibrio dei carichi di lavoro, che la norma (art. 174) subordina alla presenza di motivate ragioni di servizio, tra cui indica in via esemplificativa la necessità di evitare la legge Pinto, ma che nulla esclude possano essere integrate anche dalla necessità di rendere compatibile l’attività lavorativa con le esigenze familiari, fermo restando l’obbligo di compensare tale riduzione con l’assegnazione di attività più confacenti a tali esigenze.

Possono poi piegarsi allo scopo anche le disposizioni relative all’attività di vigilanza per la prevenzione dei ritardi (art. 177 e ss), secondo cui con cadenza semestrale il capo dell’ufficio deve verificare il rispetto dei termini di deposito dei provvedimenti da parte dei magistrati dell’ufficio e, nel caso in cui emergano criticità, adottare i provvedimenti necessari per porvi rimedio, specificando le ragioni e le esigenze di servizio che li giustificando.

Tra queste, perché non valorizzare ad esempio la grave criticità di una sezione in cui vi sono più assenze contemporanee di magistrati per maternità, o più magistrati che usufruiscono contemporaneamente dei benefici analizzati prima?

E’ evidente infatti che, se non si affronta la questione in questi termini, specie negli uffici medio piccoli, gli esoneri da alcune funzioni “meno compatibili” con l’attività di cura della prole o con lo stato di salute del magistrato implicano necessariamente non solo la modifica – circostanza che è concepita come fisiologica dalla normativa consiliare – ma bensì l’aggravio delle attribuzioni degli altri colleghi.

Si pensi a quei tribunali che tradizionalmente sono sedi per i magistrati di prima nomina: si tratta di realtà in cui, proprio per la presenza di giovani magistrati che, se non altro per ragioni anagrafiche, è probabile che vivano l’esperienza della genitorialità (magari più di una volta) durante la loro permanenza presso quell’ufficio, il problema della conciliazione tra vita professionale e vita privata ma anche quella tra tutela della genitorialità e funzionalità dell’ufficio è particolarmente impellente.

Promuovere degli strumenti elastici – che siano ritagliati come un abito su misura in base alle peculiarità di quell’ufficio e alle esigenze di quella persona – consente invero di coinvolgere in una sinergia positiva e in un clima solidale tutto l’organico di quell’ufficio, promuovendo l’individuazione di soluzioni condivise.

E soprattutto, permette di raggiungere un risultato culturale ancora più importante: superare una volta per tutte il convincimento diffuso che l’attenzione nei confronti della genitorialità e di altre situazioni “di debolezza individuale” implichi la necessità di confrontarsi con questioni fastidiose, o peggio ancora con odiosi privilegi.


{C}{C}[1]{C}{C} 45. [A] – Organizzazione dell’ufficio in caso di magistrati in stato di gravidanza, maternità, malattia

45.1 [B] [C]Nella organizzazione degli uffici si deve tenere conto della presenza e delle esigenze dei magistrati donna in gravidanza nonchè dei magistrati che provvedano alla cura di figli minori, in via esclusiva o prevalente, ad esempio quali genitori affidatari, e fino a tre anni di età degli stessi. Al fine di assicurare l’adeguata valutazione di tali esigenze, il dirigente dell’ufficio deve preventivamente sentire i magistrati interessati.
I dirigenti degli uffici devono adottare misure organizzative tali da rendere compatibile il lavoro dei magistrati dell’ufficio in stato di gravidanza o in maternità e, comunque, con prole di età inferiore ai tre anni di età, con le esigenze familiari e i doveri di assistenza che gravano sul magistrato.

45.2  [D] In ogni caso, le diverse modalità organizzative del lavoro non potranno comportare una riduzione dello stesso in quanto eventuali esoneri saranno compensati da attività maggiormente compatibili con la condizione del magistrato.
Le specifiche modalità con le quali viene data attuazione all’obbligatoria disposizione di cui al punto 45.1 devono essere individuate in relazione al caso concreto. Nel settore civile può essere prevista una riduzione del numero delle udienze o del loro orario ovvero delle assegnazioni privilegiando un maggior impegno nella stesura delle sentenze e, ove la materia lo comporti, nella trattazione della volontaria giurisdizione; nel settore penale il magistrato può essere inserito in processi prevedibilmente non di lunga durata, eventualmente riducendo il numero di udienze ma con una maggiore assegnazione di sentenze al medesimo; negli uffici GIP/G.U.P. il magistrato può essere esentato dai turni per gli affari urgenti e dalle udienze di convalida (ovvero dette udienze possono essere calibrate con orari compatibili con la condizione del magistrato) con una maggiore assegnazione di affari; negli uffici di sorveglianza l’esenzione potrà riguardare i colloqui con i detenuti in ambiente carcerario e gli affari di particolare urgenza.

45.3 – Qualora il settore di servizio in cui opera il magistrato non consenta una organizzazione compatibile con le esigenze di famiglia o di salute del magistrato questi, a sua domanda, può essere assegnato, in via temporanea ed eventualmente anche in soprannumero rispetto alla pianta organica della sezione, ad altro settore nell’ambito del medesimo ufficio, mantenendo il diritto a rientrare nel settore di provenienza.

45.4 –Il provvedimento è adottato dal dirigente dell’ufficio, almeno 15 giorni prima del rientro in servizio del magistrato interessato, sentito quest'ultimo e previo coinvolgimento dei magistrati dell’ufficio in modo da individuare le modalità più adatte a contemperare le diverse esigenze.

45.5 – Il provvedimento è immediatamente esecutivo e va seguita la procedura prevista dal paragrafo 14.

45.6 – Le disposizioni che precedono si applicano anche a favore dei magistrati che abbiano documentati motivi di salute che possano impedire loro lo svolgimento di alcune attività di ufficio, nonché a favore dei magistrati che siano genitori di prole con situazione di handicap grave accertata ai sensi della legge 104/1992.

 

[2]{C}{C} Il Presidente del Tribunale,

(omissis)

8. Disposizioni in merito alla definizione generale delle modalità di realizzazione dell’art. 45 Circolare Tabelle

Questo Presidente ritiene necessario determinare con apposita variazione tabellare la individuazione minima e generale delle misure organizzative che rendano tendenzialmente compatibile il lavoro delle magistrate in stato di gravidanza o puerperio e dei magistrati e delle magistrate che provvedono alla cura di figli fino a tre anni di età, nonché genitori di prole con situazione di handicap grave, da tempo sollecitata dalla Commissione Pari Opportunità presso il Consiglio Giudiziario di Firenze.

Le modalità concrete riguardano i distinti settori dell’attività del Tribunale.

La compatibilità, come noto, non si realizza attraverso la riduzione “secca” del lavoro giudiziario, bensì è configurata come misura che adegui i “tempi” di lavoro a quelli di “cura” (oggetto della tutela assicurata dall’art. 45), sotto il profilo sia della prevedibilità dei primi per garantire la regolarità dei secondi sia della eventuale gestione anche fuori dai locali del tribunale di parte di attività giurisdizionali, non necessariamente collegate alla presenza del magistrato presso i locali dell’Ufficio.

Si tratta di indicazioni utili, fra l’altro, a scongiurare il ricorso – per impossibilità talora oggettiva di “conciliazione” fra lavoro professionale e quello di “cura” – ad astensioni molte lunghe dal lavoro, le quali sottraggono per intero risorse e rischiano di rendere ancor più problematica la gestione quotidiana del servizio-giustizia già in grave difficoltà per le note scoperture generalizzate dell’organico degli Uffici.

D’altro canto, va rilevato che la maggiore difficoltà a conciliare il lavoro professionale con quello di cura nell’ambito dell’amministrazione della giurisdizione si manifesta nella presenza alle udienze, di cui non è sempre agevole prevedere la durata, e nelle turnazioni rese necessarie soprattutto nel settore penale, ragion per cui – ove possibile – è su tale piano che si è privilegiata la riduzione dell’impegno di magistrato o magistrata interessati.

Sono individuate sei aree ove appare maggiormente possibile indicare in via generale ed astratta taluni accorgimenti che – modificando in parte non qualità e quantità bensì tipologia delle attribuzioni – consentano di rendere meno disagevole l’attività lavorativa dei magistrati e delle magistrate rispetto agli impegni di cura familiare.

Le indicazioni che seguono sono il “canovaccio” di riferimento, cui l’Ufficio giudiziario si vincola, ferma restando la successiva necessità di adeguare la concreta applicazione di esse agli specifici casi concreti in cui magistrata o magistrato facciano ricorso ai molteplici istituti a tutela della maternità e della cura familiare.

La rimodulazione delle singole attività e funzioni giudiziarie avverrà secondo le seguenti previsioni:

a. Civile cd. ordinario:

a) per i giudici della sede centrale di Pistoia

= la esclusione dell’assegnazione del 50% dei cautelari ante causam ed in corso di causa e del 100% di reclami e controversie agrarie (suddivisi/e paritariamente tra i restanti giudici ordinari in servizio presso la sede centrale secondo il criterio dell’anzianità decrescente),

con esclusione conseguente dai Collegi relativi, in cui interverranno i supplenti previsti in tabella;

= l’aumento del 50% delle assegnazioni di procedimenti monitori e di quelli camerali (in particolare in materia di famiglia/minori);

b) per i giudici addetti alle sedi distaccate

= la riduzione di una udienza mensile, con intervento del supplente previsto in tabella che assumerà sul suo ruolo tutte le controversie;

= la esclusione dell’assegnazione del 50% dei cautelari ante causam ed in corso di causa, con intervento del supplente previsto in tabella;

= l’assegnazione del 100% dei procedimenti monitori.

b. Giudice delle esecuzioni:

= la riduzione del 50% nell’assegnazione dei ricorsi in materia di opposizione alla sospensiva delle esecuzioni mobiliari e delle relative udienze;

= la riduzione del 25% (da 4 a 3) del numero delle udienze mensili delle procedure delle esecuzioni immobiliari;

= l’assegnazione del 50% dei procedimenti monitori civili ordinari e conseguente riduzione di essi per i restanti giudici civili ordinari secondo il seguente criterio oggettivo e predeterminato: assegnazione dei numeri dispari al magistrato destinatario della tutela ex art. 45 ed assegnazione agli altri cinque giudici assegnatari di essi secondo tabella di un numero pari alla volta secondo ordine decrescente di anzianità).

c. Giudice del lavoro:

= la esclusione dall’assegnazione dei procedimenti cautelari ante causam o in corso di causa (che saranno assegnati per 1/3 al supplente togato previsto in tabella e per i restanti 2/3 suddivisi paritariamente tra i restanti giudici civili ordinari in servizio presso la sede centrale secondo il criterio dell’anzianità decrescente);

= la possibilità – da valutare volta a volta - di ridurre da due a tre le udienze settimanali, qualora il Tribunale abbia anche necessità di realizzare altre supplenze interne per vacanza di posto o impedimento di altro genere con attribuzione di affari del ruolo scoperto che non prevedano udienza pubblica;

= l’assegnazione del 50% dei procedimenti monitori civili ordinari e conseguente riduzione di essi per i restanti giudici civili ordinari (secondo il seguente criterio oggettivo e predeterminato: assegnazione dei numeri dispari al magistrato destinatario della tutela ex art. 45 ed assegnazione agli altri cinque giudici assegnatari di essi secondo tabella di un numero pari alla volta secondo ordine decrescente di anzianità).

d. Giudice tutelare:

= la riduzione da quattro a due delle udienze mensili per le procedure che necessitano di tale incombente (ad es. artt. 337 e 407 c.c.);

= l’assegnazione del 50% dei procedimenti monitori civili ordinari e conseguente riduzione di essi per i restanti giudici civili ordinari (secondo il seguente criterio oggettivo e predeterminato: assegnazione dei numeri dispari al magistrato destinatario della tutela ex art. 45 ed assegnazione agli altri cinque giudici assegnatari di essi secondo tabella di un numero pari alla volta secondo ordine decrescente di anzianità);

= l’assegnazione delle procedure di volontaria giurisdizione in tema di successione.

e. Giudice del dibattimento penale:

= la riduzione da quattro a due delle udienze collegiali, con intervento dei supplenti già previsti in tabella;

= la esclusione dal turno direttissime, suddiviso – a cura del coordinatore – tra gli altri addetti alla sezione;

= l’assegnazione del 50% delle sentenze introitate alle udienze;

= l’aumento di una udienza monocratica mensile.

f. Gip/Gup:

= la riduzione del 50% dei turni per urgenze e reperibilità, suddivisi dal coordinatore tra gli altri addetti alla sezione;

= l’assegnazione del 70% delle richieste di decreti penali e di archiviazione e suddivisione paritaria del restante 30% tra gli altri addetti (secondo la numerazione per centinaia).

{C}{C}[3] Csm, Sez. Disciplinare, RG 145/2013.

 

 
 
 
 
 
 

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