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PENALE

La responsabilità penale del medico alla luce della legge n. 24 del 2017

  Penale 
 giovedì, 25 maggio 2017

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Laura Colica, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Teramo

 
 

 

L’8 marzo 2017 il Parlamento italiano ha approvato in via definitiva un  intervento normativo atteso da alcuni anni (legge n. 24 del 2017, entrata in vigore il 1° aprile 2017), volto ad elaborare un quadro organico di disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale sotto il triplice profilo della responsabilità civile, della responsabilità penale e della responsabilità per danno erariale di tutti i soggetti che, a vario titolo, esercitano le professioni sanitarie, sia in ambito pubblico che in ambito privato.

In particolare, limitando il nostro esame agli aspetti penalmente rilevanti, possiamo preliminarmente riconoscere alla L. n. 24 del 2017, cd. Gelli-Bianco, una portata decisamente innovativa della responsabilità penale colposa del sanitario.

Partendo dal presupposto della sicurezza delle cure come parte costitutiva del diritto alla salute costituzionalmente garantito, l’intervento legislativo ha abrogato espressamente l’art. 3 comma 1 della Legge Balduzzi, D.L. n. 158/2012, conv. con modifiche dalla L. n. 189/2012[1] ed ha introdotto un nuovo statuto della cd. colpa professionale del sanitario, separando le norme che disciplinano la responsabilità civile da quelle che regolano oggi la responsabilità penale, differentemente da quanto era in precedenza previsto dall’art. 3 della Legge Balduzzi.[2].

Più precisamente l’art. 7 della L. n. 24 del 2017 disciplina la responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria, mentre l’art. 6 – letto coordinato con il precedente art. 5 -  contiene il nuovo statuto della responsabilità penale, introducendo nel codice penale l’art. 590 sexies, dopo l’art. 590 quinquies.

La nuova norma, rubricata “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario” stabilisce che “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.   Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”. Al comma 2 poi prevede l’espressa abrogazione della precedente disciplina contenuta nella Legge Balduzzi.

In essa, pertanto, coesiste, da un lato il richiamo alla normativa codicistica degli artt. 589 e 590 c.p. dell’omicidio colposo e delle lesioni colpose richiamati quoad poenam, dall’altro lato la previsione di una speciale causa di non punibilità con struttura analoga ad una norma penale in bianco in relazione all’individuazione delle raccomandazioni previste dalle linee guida e buone pratiche, che deve avvenire necessariamente secondo l’iter dettato dall’art. 5 della stessa L. n. 24/2017.

La norma così come sopra riportata e approvata in via definitiva è frutto di una fondamentale modifica operata in sede di esame e approvazione da parte del Senato rispetto al testo approvato in prima lettura dalla Camera.

Il 28 gennaio 2016, infatti, la Camera aveva approvato il disegno di legge N. 259-262-1312-1324-1581-1769-1902-2155 che affidava la disciplina della responsabilità penale del sanitario ad un art. 590 ter c.p. di ben diverso contenuto rispetto all’art. 590 sexies e maggiormente in linea con la pregressa impostazione logico-giuridica della legge Balduzzi e con il riconoscimento alla colpa grave e alla colpa lieve di diversa rilevanza ai fini del giudizio di responsabilità[3].

L’esame da parte del Senato ha, però, portato l’11 gennaio 2017 alla formulazione dell’odierno testo della Legge n. 24/2017, approvato in via definitiva dalla Camera l’8 marzo di quest’anno e, quindi, al nuovo art. 590 sexies c.p.

La portata radicalmente innovativa di tale nuova norma del codice penale e i nuovi principi di responsabilità penale del sanitario che da esso discendono, sono destinati a produrre immediati e significativi riflessi sull’attività giudiziaria sia di legittimità che di merito nel settore del diritto penale.

A parere di chi scrive, però, il nuovo art. 590 sexies c.p. costringerà l’operatore del diritto ad una difficile applicazione della norma stessa, attraverso una interpretazione necessariamente orientata, al fine di evitare che vengano in concreto disattesi gli obiettivi che si era prefissato il legislatore.

Invero, l’intervento normativo, atteso da anni dal comparto sanitario, dichiara il proprio intento di ridefinire nell’interesse della collettività il quadro normativo di sicurezza delle cure e di responsabilità in ambito medico e sanitario, per ricomporre quella progressiva frattura che si è creata negli anni fra il paziente, il sanitario e la struttura sanitaria e per ovviare ai numerosi pericoli discendenti dalla cd. medicina difensiva, generata dalla diffusione di un generale senso di diffidenza nei confronti degli operatori sanitari e dall’errata convinzione che la medicina sia una scienza esatta, priva di rischi, e che eventuali esiti infausti debbano essere ricondotti a prestazioni sanitarie e terapeutiche inappropriate o inidonee ovvero a mal funzionamenti della complessiva struttura sanitaria[4].

A fronte di simili obiettivi dichiarati, però, l’art. 6 della L. n. 24/2017 stravolge l’approccio giuridico alla responsabilità penale colposa dell’esercente la professione sanitaria, offrendo una visione radicalmente diversa rispetto alla legge Balduzzi, con abrogazione della stessa e del riferimento al grado della colpa ai fini del riconoscimento della responsabilità[5].

Allo stesso modo la norma entra in contrasto - vanificandoli – con tutti gli sforzi interpretativi operati sulla legge Balduzzi dalla giurisprudenza di legittimità, che aveva elaborato una garantista ed estensiva applicazione della non responsabilità per   colpa lieve in tutte le forme in cui si declina l’elemento psicologico della colpa (negligenza, imperizia e imprudenza).

Il  nuovo statuto della colpa nella responsabilità penale del sanitario, infatti, prescinde totalmente dal grado della colpa, equiparando gravi violazioni di regole di comportamento con funzione cautelare a violazioni non gravi di tali regole, casi clinici difficili e casi di scuola, e contestualmente prevede una speciale causa di non punibilità  per le ipotesi in cui il sanitario, pur avendo agito con colpa nella forma dell’imperizia (ossia del non saper fare in modo adeguato rispetto alle leges artis), abbia comunque rispettato le raccomandazioni previste nelle linee guida, come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che queste risultino adeguate alla specificità del caso concreto.

E’ evidente, pertanto, la differenza tra il testo licenziato dalle Camere rispetto all’originario testo del disegno di Legge  N. 259-262-1312-1324-1581-1769-1902-2155-B   approvato in prima battuta dalla Camera il 28 gennaio 2016 ( modificato dal Senato l’11.1.2017 -S. 2224) e riportato infra in nota n.3.

Invero, nella prima formulazione normativa si ancorava ancora la responsabilità penale per lesioni e omicidio nell’ambito dell’attività sanitaria alla sola forma grave della colpa, escludendo espressamente la gravità nel caso in cui “salve le rilevanti specificità del caso concreto, sono rispettate le buone pratiche e le raccomandazioni come previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge”.

Una simile formula normativa, a parere di chi scrive, si presentava maggiormente chiara e cogente per l’Autorità Giudiziaria chiamata ad applicarla in concreto e probabilmente avrebbe im modo più efficace perseguito gli obiettivi fissati dal legislatore.

Infatti, non conteneva alcuna previsione di cause di non punibilità e il richiamo a fonti estranee alla norma penale era limitato alle sole buone pratiche e raccomandazioni previste dalle linee guida e non anche alle  “buone prassi accreditate” di cui parla il nuovo art. 590 sexies c.p., che però corrono il  rischio di non univoca individuazione, con conseguente eccessiva discrezionalità del giudizio di responsabilità.

Già in sede di secondo esame da parte della Camera dei Deputati, non erano mancati interventi parlamentari[6] che evidenziavano simili rischi e contraddizioni dell’emendamento apportato in sede di approvazione del Senato.

Ciononostante la Camera ha approvato definitivamente il testo dell’art. 590 sexies c.p. come sopra riportato, con le difficoltà interpretative e i numerosi interrogativi per lo studioso e l’operatore del diritto.

Invero, un primo interrogativo attiene a quale processo logico-giuridico debba orientare l’Autorità giudiziaria,  requirente e giudicante, nella ricerca e nella formazione della prova ai fini del giudizio di responsabilità penale e nella verifica se un determinato evento infausto conseguente temporalmente all’erogazione di una prestazione sanitaria possa essere ascritto a condotta sanitaria colposa, commissiva o omissiva, che, ove invece, fosse stata conforme ai principi di cautela, non avrebbe cagionato o non avrebbe contribuito a cagionare  l’evento infausto.

Durante il periodo di vigenza della Legge Balduzzi, in conformità  alle pronunce della S.C. di Cassazione, che  avevano esteso l’operatività dell’art. 3 comma 1 a tutte le declinazioni della colpa, e non solo all’imperizia[7],  l’iter logico giuridico postulava in primo luogo l’attività di  verifica in merito alla  sussistenza o meno di una condotta colposa in violazione di norme di cautela, in secondo luogo l’accertamento del grado dell’eventuale colpa, in relazione alla entità dello scostamento della condotta stessa e alla concreta difficoltà della prestazione sanitaria, in ultimo la verifica in merito al rispetto o meno delle linee guida e delle buone pratiche sanitarie.

Il riconoscimento della responsabilità penale sarebbe stato di segno positivo in tutte le ipotesi in cui il sanitario avesse agito in contrasto con le linee guida e delle buone pratiche sanitarie (indifferentemente se avesse agito con colpa lieve o con colpa grave) e nelle ipotesi in cui, pur rispettando le linee guida e le buone pratiche sanitarie, il sanitario avesse, però, violato in modo grave le regole di cautela enucleate nelle forme della diligenza, prudenza e perizia[8].

         Oggi alla luce della nuova normativa l’Autorità Giudiziaria dovrà procedere con i consolidati parametri logici enucleati dalla giurisprudenza per il giudizio di responsabilità in tema di nesso eziologico e di nesso di causalità, specialmente nella particolare forma della causalità propria della condotta omissiva ribaditi in ultimo da S.C. Cass. Sez. IV n. 18100 del 16.3.2017 Pres. Romis imp. Cruciani – Cass. Sez. IV n. 18781 del 23.3.2017 Pres. Blaiotta imp. Cavalera e altri [9], ma dovrà procedere nella valutazione della colpa, prescindendo dal giudizio di gravità, verificando soltanto  l’eventuale sussistenza della speciale causa di  non punibilità di cui all’art. 6 della L. Gelli-Bianco.

Proviamo, quindi, a delineare il percorso logico giuridico che dovrà seguire prima il Pubblico Ministero, nella costruzione dell’impianto accusatorio e nella ricerca della prova durante le indagini preliminari e poi il Giudice all’esito della formazione della prova in sede dibattimentale, ai fini del giudizio di responsabilità.

Coerentemente con la giurisprudenza finora citata occorrerà in primo luogo  individuare l’esistenza di una relazione eziologica di fatto tra una prestazione sanitaria e l’evento infausto.

La relazione eziologica, diversa dal giuridico nesso di causalità, infatti, è il presupposto necessario e ineludibile affinché l'ipotesi accusatoria possa persino essere formulata, come insegna sul punto la S.C.: “Infatti allorquando si verifica un evento lesivo di beni giuridici l'accertamento giudiziario muove alla ricerca di una condotta, attiva o passiva, che possa esserne stata causa. Ove si rinvengano i segni di una ascendenza eziologica che riconducono all'azione o all'omissione dell'uomo, se l'indagine presuppone l'estraneità di una volontà di offesa, occorre verificare che l'azione rappresenti la violazione di una regola cautelare o che era prescritto un facere rimasto inattuato e che quel facere avesse il carattere di comportamento con funzione di prevenzione di quell'offesa che si é determinata.” (cfr. Cass. Sez. IV n.  31490 del 14.4.2016 Pres. Blaiotta imp. Belli).

Come secondo passaggio logico-argomentativo occorre individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta di prestazione sanitaria, che ne indica le corrette modalità di svolgimento e allo stesso tempo indica i necessari comportamenti doverosi di cautela per la gestione del rischio correlati con la specificità del caso clinico concreto e della prestazione sanitaria erogata (cfr sempre  Cass. Sez. IV n.31490 del 14.4.2016 E' innanzitutto questo il fatto colposo: un'azione o un'omissione che concreta una violazione a regola cautelare. Solo se l'azione materialmente produttiva dell'evento abbia tale caratteristica potrà parlarsi di condotta colposa; diversamente l'evento sarà da  ascrivere al caso fortuito, o alla forza maggiore, o alla condotta di un diverso soggetto”).

L’individuazione della regola cautelare violata dovrà essere precisa e dettagliata non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare - cfr. sempre Cass. Sez. IV 31490/2016: “ La doverosa identificazione della regola cautelare che, preesistente alla condotta che deve essere valutata, ne indicava le corrette modalità non può dirsi compiuta con la mera evocazione della prudenza, della diligenza e della perizia. Prudenza, diligenza e perizia non sono vuote formule che basta evocare per risolvere il problema dell'accertamento della condotta colposa. Piuttosto sono concetti categoriali che nei singoli casi devono tradursi in puntuali indicazioni comportamentali, prodotto delle specifiche circostanze in presenza delle quali si svolge l'attività pericolosa.”

Invero, in applicazione di tale  principio, la Corte ha ritenuto non corretta la decisione di merito impugnata, in cui era stata riconosciuta la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico  di calvaria, qualificando imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata e le modalità concrete di utilizzo dello strumento chirurgico senza, tuttavia, indicare le alternative e doverose modalità di condotta prudente e perita che il sanitario avrebbe dovuto adottare nel caso concreto; peraltro, in fatto la Corte  evidenziava come nei giudizi di merito  non fosse stata neppure raggiunta la prova su quale strumento fosse stato utilizzato, con conseguente ambiguità ulteriore sulla regola cautelare presuntivamente violata.[10]

Individuato il nesso eziologico e la norma cautelare doverosa violata, si procederà a verificare se tra la prestazione sanitaria violatrice della regola di cautela sussista il nesso di causalità giuridicamente previsto dall’art. 41 c.p., alla luce dei medesimi criteri su cui è ormai da anni consolidata la giurisprudenza di legittimità.

Sul punto è ancora proficuo citare la sentenza Cass. Sez. IV n. 31490/2016, secondo cui la verifica involge il nodo fondamentale se la condotta violatrice di  regole di cautela, ove invece fosse stata rispettosa delle stesse, avrebbe evitato l'evento pregiudizievole,  e involge l’ulteriore interrogativo se l’evento infausto effettivamente verificatosi concretizzasse proprio il rischio traguardato dalla regola cautelare violata[11].

Verifica che - secondo l’insegnamento da ultimo ribadito dalle  Sezioni Unite  sentenza n. 38343 del 24.04.2014 - sviluppando il modello epistemologico già indicato nella famosa sentenza Franzese del 2002, consiste in un modello di indagine causale capace di integrare l'ipotesi esplicativa delle serie causali degli accadimenti e la concreta caratterizzazione del fatto storico; in un’ottica in cui la causalità tra omissione ed evento  non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, essendo necessario un giudizio di alta probabilità logica fondato, oltre che su  deduzioni logiche basate su generalizzazioni scientifiche, anche su valutazioni di tipo induttivo elaborati sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto.

Nei medesimi termini la recente sentenza Cass. Sez. IV n. 18110/2017 del 16.3.2017 Pres. Romis imp. Cruciani: “ Ai fini dell'imputazione causale dell'evento, pertanto, il giudice di merito deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente con le particolarità della fattispecie concreta, chiarendo che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto all'imputato dall'ordinamento.”  E anche la sentenza Cass. Sez. IV n.18781  del 23.3.2017, già citata in nota n. 7, secondo cui  occorre delineare il comportamento alternativo doveroso che nella specie avrebbe avuto efficacia salvifica, fornendo una  congrua motivazione sulla base delle leggi scientifiche disponibili, in ordine alla capacità impeditiva del comportamento alternativo doveroso.

Positivamente riconosciuta una condotta sanitaria in violazione di una regola cautelare causalmente connessa con alta probabilità logica con un evento infausto occorso al soggetto che ha ricevuto le cure, alla luce della normativa oggi in vigore il P.M. e il Giudice dovranno effettuare la valutazione del giudizio di responsabilità penale dimenticando gli schemi logici della Legge Balduzzi e della Giurisprudenza di legittimità, tra tutte la sentenza Cass. Sez. IV n. 23283/2016 del 11.5.2016 in nota n. 5).

Infatti -   premesso che molto controversa e difficile è la concreta determinazione dei profili della colpa nelle declinazioni della Negligenza, della Imprudenza e dell’Imperizia –  oggi sarà necessario operare la distinzione tra le tre declinazioni  della colpa, poiché il nuovo art. 590- sexies c.p. riconduce i fatti di cui agli articoli 589 (omicidio colposo) e 590 (lesioni personali colpose) commessi nell’esercizio della professione sanitaria al regime e alle pene delle generiche lesioni colpose e del generico omicidio colposo, ma prevede la non punibilità di detti illeciti colposi qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, purché siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

Si dovrà pertanto operare quindi con nuovi paradigmi logici.

Un primo corollario porta a ritenere che se l’esercente l’attività sanitaria ha posto in essere una condotta commissiva o omissiva in violazione di regole di cautela che integrano la colpa nella declinazione della diligenza, intesa come  “accuratezza operativa nella prestazione delle cure” e  se  la doverosa condotta diligente avrebbe  con elevata probabilità logica impedito il verificarsi dell’evento infausto, l’esercente stesso dovrà essere ritenuto responsabile indipendentemente dalla gravità o meno della sua mancanza di diligenza.

Il punto assume notevole rilevanza considerata -  come sottolinea la citata Cass. sez. IV n. 23383/2016 del 11.5.2016 – “l’indefinitezza delle regole di diligenza, comprovata dalla variegata tipologia di obblighi, nel solo settore della responsabilità sanitaria, che alle stesse sono stati ritenuti riconducibili nell’esperienza giudiziaria. Si pensi agli obblighi informativi posti a carico dell’equipe chirurgica 4,(Cass. Sez IV n. 3456 del 24/11/1992, Rv. 198445) ed a quelli relativi alla omessa richiesta di intervento di specialisti, in ausilio, da parte del terapeuta (Sez. 4, Sentenza n. 11086 del 15/06/1984, Rv. 167080), tutti riferibili a regole di diligenza.

Il rischio concreto è, pertanto, quello della proliferazione delle fattispecie colpose che possono condurre a giudizi di responsabilità a carico del sanitario.

Un secondo corollario conduce a ritenere che se l’esercente l’attività sanitaria ha posto in essere una condotta commissiva o omissiva in violazione di regole di cautela che integrano la colpa nella declinazione della prudenza, tradizionalmente qualificata da una condotta attiva, inosservante di cautele ritenute doverose e  se  la doverosa condotta prudente  avrebbe  con elevata probabilità logica impedito il verificarsi dell’evento infausto, l’esercente stesso dovrà essere ritenuto responsabile indipendentemente dalla gravità o meno della sua mancanza di prudenza.

Invece, se l’esercente l’attività sanitaria ha posto in essere una condotta commissiva o omissiva in violazione di regole di cautela che integrano la colpa nella declinazione della perizia, tradizionalmente intesa come  comportamento, attivo od omissivo, che si ponga in contrasto con le leges artis,  e  se  la doverosa condotta perita  avrebbe  con elevata probabilità logica impedito il verificarsi dell’evento infausto,  l’esercente stesso dovrà essere ritenuto responsabile solo se non ha rispettato  le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che queste risultino adeguate alla specificità del caso concreto.

Solo, quindi, in caso di Imperizia, pur in presenza di mancanza di abilità nella applicazione delle leges artis,  il rispetto delle raccomandazioni renderà non punibile il sanitario e ciò indifferentemente che si tratti di un caso difficile ovvero di un caso di scuola, di un caso di colpa lieve ovvero di un caso di colpa grave.

Ciò posto - anche alla luce delle osservazioni negative mosse in sede di lavori parlamentari da alcuni deputati come riportato in nota infra – occorre porsi il doveroso interrogativo se l’eliminazione nel nuovo art. 590 sexies c.p. del riferimento alla colpa grave punita dalla legge Balduzzi renda effettivamente la nuova normativa penale più  favorevole per il sanitario, e si prospetti efficace a scongiurare la cd. Medicina difensiva e a ridurre il contenzioso in materia di rischio sanitario.

Per come ho cercato fin qui di argomentare, una prima interpretazione della speciale clausola di non punibilità riferita solo alla condotta imperita che allo stesso tempo abbia rispettato le raccomandazioni delle linee guida e le buone pratiche assistenziali applicabili nel caso concreto, pone seri dubbi in ordine in merito all’effettivo raggiungimento degli obietti prefissati dal legislatore.

Invero, in considerazione del fatto che  si registra una intrinseca opinabilità, nella distinzione tra i diversi profili della colpa generica, in difetto di condivisi parametri che consentano di delineare, in termini tassativi, ontologiche diversità, nelle regole di cautela  (Cass. sez. IV n. 23283/2016)  e in considerazione del fatto che la configurazione della colpa alternativamente in una delle tre declinazioni avrà  conseguenze nettamente diverse ai fini del riconoscimento o meno della punibilità,  sarà gravoso onere del giudice di merito e del giudice di legittimità operare una interpretazione concreta della norma che non conduca a vanificare l’intento prefissato dal legislatore e  che offra valide risposte agli ulteriori interrogativi che la norma postula in concreto.

In primo luogo, l’operatore del diritto si domanderà in quali casi un sanitario può essere ritenuto non punibile essendo stato imperito ma rispettoso delle raccomandazioni delle linee guida.

In concreto ciò potrebbe accadere quando il sanitario, pur rispettando le raccomandazioni le abbia messe in atto in modo non corretto e senza o con poca abilità (e quindi con errore nella esecuzione della prestazione sanitaria doverosa) ovvero  quando il sanitario tra due prestazioni possibili egualmente previste dalle raccomandazioni,  scegla la prestazione meno idonea alle specificità del caso concreto (e quindi con errore nella scelta della tipologia della prestazione sanitaria doverosa adatta maggiormente al caso concreto).  

In secondo luogo, l’operatore dovrà chiedersi quale incidenza deve assegnarsi alla nuova normativa   rispetto ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della novella.

Si pone, infatti, un problema di diritto intertemporale che impone al giudice, in applicazione dell'art. 2, comma secondo, cod. pen., di procedere d'ufficio all'accertamento della norma in concreto più favorevole al reo; se la legge Balduzzi, come interpretata dalla S.C., secondo cui se la condotta del sanitario poteva dirsi aderente ad accreditate linee si poteva escludere la colpa per negligenza, imperizia e imprudenza in casi di lieve discostamento dalla regola cautelare, ovvero la legge Gelli-Bianco con l’art. 590 sexies c.p. come delineato fin’ora.

Sul punto la Corte di Cassazione si è già pronunciata due volte: nella recentissima sent. Cass. Sez. IV n. 16140 del 16.3.2017 Pres.Romis, imp.Filippini, depositata il  30.3.2017  e quindi dopo l’approvazione della Legge Gelli-Bianco, in cui si legge: “ il tema della responsabilità dell'esercente la professione sanitaria, quale l'odierno imputato, per il reato di lesioni colpose, che viene devoluto al giudice del rinvio, è oggetto di un inedito intervento normativo, con il quale i legislatore pone mano nuovamente alla materia della responsabilità sanitaria, anche in ambito penale. Il riferimento è alla legge 8 marzo 2017, n. 24, recante Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, pubblicata in G.U. Serie Generale n. 64 del 17.3.2017, con termine di vacatio in data 01.04.2017. Ai fini di interesse, viene in rilievo l'art. 6, della citata legge n. 24 del 2017, che introduce l'art. 590-sexies cod. pen., rubricato Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito  sanitario, ove è stabilito: «Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della  professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.  Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità é esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto».  E bene: non è chi non veda che l'entrata in vigore delle disposizioni ora richiamate assume rilievo nell'ambito del giudizio di rinvio, posto che la Corte di Appello, chiamata a riconsiderare il tema della responsabilità dell'imputato, dovrà verificare l'ambito applicativo della sopravvenuta normativa sostanziale di riferimento, disciplinante la responsabilità colposa per morte o lesioni personali provocate da parte del sanitario. E lo scrutinio dovrà specificamente riguardare l'individuazione della legge ritenuta più favorevole, tra quelle succedutesi nel tempo, da applicare al caso di giudizio, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2, comma 4, cod. pen., secondo gli alternativi criteri della irretroattività della modificazione sfavorevole ovvero della retroattività della nuova disciplina più favorevole. L'art. 6, comma 2, legge n. 24 del 2017, infatti, abroga espressamente il più volte citato articolo 3, comma 1, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.”, e  anche nella più recente sentenza della S.C. ud. del 20.4.2017 di cui si ha per il momento a disposizione solo una preliminare ‘notizia di decisione’ (la n. 3 del 2017), che testualmente recita:  La legge n. 24 del 2017 ha introdotto, all’art. 5, un nuovo statuto disciplinare delle prestazioni sanitarie, governato dalle raccomandazioni espresse dalle linee guida accreditate e, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali. Ai sensi dell’art. 590-sexies c.p. introdotto dall’art. 6 della medesima legge, tale nuovo quadro disciplinare è rilevante anche ai fini della valutazione della perizia del professionista con riguardo alle fattispecie di cui agli artt. 589 e 590 c.p.; e, per la sua novità, trova applicazione solo ai fatti commessi successivamente all’entrata in vigore della novella. Per i fatti anteriori può trovare ancora applicazione, ai sensi dell’art. 2 c.p., la disposizione di cui all’abrogato art. 3, comma 1, della legge n. 189 del 2012, che aveva escluso la rilevanza penale delle condotte lesive connotate da colpa lieve, nei contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”.

In terzo luogo, l’interrogativo riguarderà le modalità valutative con cui l’Autorità Giudiziaria potrà accertare se il sanitario ha posto in essere una condotta commissiva o omissiva di una regola cautelare, se la violazione della regola cautelare è causalmente efficiente rispetto all’evento concreto secondo un’alta probabilità logica, se la violazione della regola cautelare è avvenuta sotto l’aspetto della imperizia e - in questo caso - se sono state rispettate o meno le raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ovvero in mancanza delle buone pratiche assistenziali,  che risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

E’ evidente, infatti, che il  P.M. che svolgerà le indagini per casi di presunta colpa dell’esercente la professione sanitaria dovrà da un lato ricercare elementi di prova che consentano di ricondurre causalmente l’evento dannoso per il paziente ad una condotta commissiva o omissiva del sanitario, dall’altro lato dovrà verificare se tale condotta è stata diligente, se è stata prudente, se è stata perita e se l’eventuale condotta non perita sia stata comunque posta in essere nel rispetto delle raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, risultate adeguate alla specificità del caso concreto.

Infatti, il fulcro della punibilità, ancor più che in passato, finisce per essere affidato a una valutazione giudiziale autonoma, di ‘adeguatezza’ delle raccomandazioni osservate alla specificità del caso concreto.

Per operare le citate valutazioni evidentemente non sono sufficienti le competenze giuridiche proprie della Magistratura e sarà necessario ricorrere a conoscenze scientifiche, estranee al patrimonio culturale del giurista, con conseguente rilevanza dei principi che governano l’apprezzamento giudiziale della prova scientifica nel giudizio di merito.

Per giurisprudenza costante il Giudice deve saper mantenere il governo degli apporti scientifici forniti dagli specialisti, nel senso che il sapere scientifico costituisce un indispensabile strumento posto al servizio del giudice, ma qualsiasi lettura nel processo penale dei saperi di scienze diverse da quella giuridica non può avere l’esito di accreditare l’esistenza di un sistema di prova legale che limiti la libera formazione del convincimento del giudice.

Il Giudice è chiamato ad esprimere un giudizio critico e di controllo sulle valutazioni di ordine extragiuridico emerse nel processo, dando “conto del controllo esercitato sull’affidabilità delle basi scientifiche del proprio ragionamento, soppesando l’imparzialità e l’autorevolezza scientifica dell’esperto che trasferisce nel processo conoscenze tecniche e saperi esperienziali” e “può fare legittimamente propria, allorché gli sia richiesto dalla natura della questione, l’una piuttosto che l’altra tesi scientifica, purché dia congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire”, enunciando “con  adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono resi determinanti per la formazione del suo convincimento” cfr Cass. Sez. IV n. 16140 del 16.3.2017.

Sul punto la legge n. 24 del 2017, fissando all’art. 15 precisi criteri di scelta dei consulenti tecnici in materia sanitaria e di verifica del possesso di  adeguate  e  comprovate  competenze, stabilendo la necessità che la consulenza sia affidata collegialmente ad un medico legale e ad un medico specialista nella materia relativa alla singola prestazione sanitaria di volta in volta sottoposta a giudizio, ha dimostrato che il legislatore ha percepito chiaramente la rilevanza dell’apporto scientifico al sapere giuridico nel processo penale e civile, e ha ritenuto di far proprie le istanze di tutela, che venivano dal mondo sanitario in relazione al rischio di eccessiva incidenza della figura del consulente tecnico sul giudizio di responsabilità[12].

Ciò in linea con l’attenzione che anche nel modo giuridico è stata da tempo rivolta all’importante ruolo del consulente tecnico,  al principio della libera formazione del convincimento del Giudice e al principio, costante nella giurisprudenza disciplinare, secondo cui integra illecito nell’esercizio delle funzioni da parte del magistrato l’indebito affidamento ad altri di attività rientranti nei propri compiti e, quindi, un eventuale conferimento al consulente tecnico di un incarichi aventi anche ad oggetto accertamenti e valutazioni inerenti la qualificazione giuridica di fatti e la rilevanza penale di comportamenti.

Alla luce di queste considerazioni potremmo immaginare di formulare in fase di indagine per ipotesi di omicidio colposo a carico di un sanitario il seguente quesito da porsi collegialmente ad un Consulente medico-legale e ad un consulente specializzato nella specifica materia attinente alla prestazione sanitaria oggetto di esame:  “Accerti il C.T. – attraverso esame della documentazione medica  sottoposta a sequestro e tramite eventuale acquisizione di documentazione medica presente presso i presidi sanitari e non contenuta in atti, attraverso esame esterno e esame autoptico del deceduto,  le cause del suo decesso, precisando quale fosse la natura delle lesioni riportate nell’occorso e quali fossero le condizioni della persona offesa al momento del primo accesso al pronto soccorso. Accerti, altresì,  se l’esercizio della professione sanitaria da parte degli esercenti la professione sanitaria che hanno avuto in cura la persona offesa sia stato improntato ai doverosi criteri di diligenza, prudenza e perizia, con il rispetto delle raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero in mancanza di queste delle buone pratiche clinico-assistenziali,  e se le linee guida erano adeguate alle specificità del caso concreto; infine, precisi se, una condotta diligente, perita e prudente avrebbe impedito nel caso concreto con elevata probabilità il verificarsi dell’esito infausto, individuando il percorso diagnostico e/o terapeutico che i sanitari avrebbero dovuto mettere in atto nel caso concreto e che avrebbe avuto sempre con elevata probabilità effetto salvifico.

    Con questa ipotesi esemplificativa di quesito, concludo  queste brevi e prime  considerazioni sui possibili riflessi della Legge Gelli-Bianco sull’attività dell’Autorità Giudiziaria in tema di responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria, confidando da un lato in interventi legislativi che colmino le lacune finora delineate e vengano ad ovviare agli involontari inconvenienti che la nuova norma penale comporterà nella sua concreta applicazione, dall’altro lato nel costante illuminato apporto del Giudice di legittimità che saprà delineare la corretta via interpretativa per le fasi di merito.



[1]  Art. 6 L. n. 24 dell’8.3.2017 (responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria) comma 2: All’articolo 3 del decreto-legge 13 settembre 2012 n. 158 convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012 n. 189, il comma 1 è abrogato;

[2] Art. 3 Responsabilità professionale dell’esercente le professioni sanitarie comma 1 D.L. 158/2012: L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e a buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”

 

[3] Disegno di Legge N. 259-262-1312-1324-1581-1769-1902-2155-B: art. 6: responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria”. 1. Dopo l’art. 590 bis del codice penale è inserito il seguente: “art. 590 ter  – (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario). – L'esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di cui agli articoli 589 e 590 solo in caso di colpa grave.  Agli effetti di quanto previsto dal primo comma, è esclusa la colpa grave quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, sono rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge».

[4] On. GAETANO NASTRI. Grazie, Presidente. Arriva in Aula un provvedimento a lungo atteso dai sanitari, medici e operatori del sistema sanitario. È un provvedimento che, sebbene introduca anche una seria normativa in un ambito peraltro molto complesso, alla fine non raggiunge i propri obiettivi. Si tratta di un provvedimento che, lo ricordo, giunge all'esame di questa Assemblea per la terza lettura, essendo stato modificato dal Senato, ed è fortemente voluto dal legislatore, che intende ridefinire, nell'interesse della collettività, il quadro normativo in materia di sicurezza delle cure e di responsabilità in ambito medico e sanitario, resosi necessario per ricomporre la frattura che si è creata negli anni fra pazienti, professionisti e istituzioni sanitarie…… On. MONICA FAENZI. Grazie Presidente. Il provvedimento che ci accingiamo ad approvare oggi in terza lettura costituisce una prima risposta ad un fenomeno molto diffuso nel nostro Paese che è quello della medicina difensiva. Un tema molto delicato che da molti anni, forse da più di un decennio, è al centro del dibattito pubblico. Una questione che divide le coscienze ogni volta che ci troviamo di fronte alle denunce di casi di malasanità, di strutture inadatte ad accogliere pazienti, di inadeguatezze diffuse.  Quando si ragiona di disposizioni che attengono alla sicurezza delle cure della persona assistita e alle responsabilità professionali di chi esercita professioni sanitarie, si parla prima di tutto di diritto alla salute e della migliore cura possibile. Si parla di aspettative tradite, di carenze, di liste di attesa infinite e inaccettabili. Si chiede agli operatori del settore e alle istituzioni di parlare di persone. Al tempo stesso, si parla, però, anche di medici e professionisti sanitari a volte messi alla berlina con troppa fretta e senza responsabilità.  L'intento del provvedimento è, quindi, quello, da un lato, di migliorare il quadro normativo in materia di responsabilità medica, sia penale, che civile, e, dall'altro, quello di consentire ai professionisti del settore sanitario lo svolgimento della propria attività nelle migliori condizioni possibili. Una responsabilità complessa e multilivello, che va dalla gestione del rischio clinico, alla natura della responsabilità, alle tutele minime del professionista in caso di accordo stragiudiziale, alla conciliazione obbligatoria, alle tutele assicurative, al Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria, alla disciplina delle linee guide e a quella relativa ai consulenti dei tribunali. Ormai, da molto tempo, è purtroppo diffuso nell'opinione pubblica un senso di diffidenza nei confronti degli operatori sanitari, nell'errata convinzione che la medicina sia onnipotente, una scienza esatta.

[5] art. 3 I co. L. 189/12 (c.d. legge Balduzzi) "L'esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve."

 

[6]  On. FRANCESCO PAOLO SISTO… “Ma scusate, la differenza fra la «Balduzzi» e l'attuale regolamentazione della responsabilità penale. Avete avuto il coraggio di abrogarla, la «legge Balduzzi», per evitare che vi fossero delle chance, per il medico, di rifugiarsi nel porto sicuro di quella legge rispetto all'incertezza di questa. Io ve lo dico perché ragiono pragmaticamente, non astrattamente, non in politichese, ma con la consapevolezza di quello che vuol dire un medico che ha le mani che gli tremano perché la un problema di responsabilità sanitaria. E quando a un medico tremano le mani in sala operatoria, chi ne va di mezzo è il paziente: se il medico non è tranquillo, non ha la certezza che si è comportato bene e non ha responsabilità, la responsabilità è vostra di tutto questo.

Ma scusate, voi avete scritto, in questa nuova responsabilità medica, che il medico, per l'imperizia, risponde soltanto di colpa grave, invece per l'imprudenza e la negligenza risponde anche di colpa lieve.
Ma sapete quando la Cassazione ha sancito che imprudenza e negligenza sono anche protette dalla «Balduzzi» ? Nel 2016. E noi, a fronte di una Cassazione che dice che il medico, se imperito, se imprudente o negligente, comunque ha rispettato le buone pratiche e le linee guida, risponde soltanto – soltanto – di colpa lieve, noi cambiamo completamente e restituiamo al giudice il potere di condannarlo anche per negligenza e per imprudenza? Ma vi rendete conto di cosa avete combinato?  Contro la Cassazione, contro il diritto vivente! Per moltiplicare i casi di responsabilità: questo è l'effetto che voi aggiungete, voi li moltiplicate!  Voi darete ai medici il peso ineliminabile di avere più responsabilità: questo volete? Volete che i medici vadano incontro a sanzioni a tutti i costi?..  On. COLLETTI (relatore di minoranza)…. reputa che il testo della norma, così come modificata dal Senato, sia stato gravemente peggiorato.  Mentre in prima lettura si era vincolata l'area di punibilità per lesioni colpose ed omicidio colposo alla sola colpa grave, il Senato ha ben pensato di eliminare dalla punibilità non solo la colpa lieve ma la ben più pesante colpa grave. Tale previsione fa rimpiangere quanto previsto nel cosiddetto «decreto Balduzzi», pur tanto criticato, giustamente, dalla giurisprudenza.  Si rileva inoltre il forte rischio di incostituzionalità della disposizione che irragionevolmente va ad ampliare l'area di non punibilità di tali operatori; chiaramente si trattano in maniera diseguale i cittadini in generale e i diversi professionisti nello specifico; si pensi, ad esempio, agli ingegneri i cui eventi avversi, per mutuare il termine sanitario, rischiano peraltro di danneggiare non un paziente ma una moltitudine di persone.

[7] Cass. Sez. IV n. 23283 dell’11.5.2016  Pres. Blaiotta imp. Denegri:….sulla base della norma contenuta nell'art. 3, comma 1, legge 8.11.2012, n. 189, in combinato disposto con l'art. 43, comma 3, cod. pen., deve affermarsi il seguente principio di diritto: la limitazione di responsabilità, in caso di colpa lieve, può operare, per le condotte professionali conformi alle linee guida ed alle buone pratiche, anche in caso di errori che siano connotati da profili di colpa generica diversi dalla imperizia.

 

[8] Sempre  Cass. Sez. IV n. 23283 dell’11.5.2016  Pres. Blaiotta imp. Denegri Pur nella consapevolezza della natura discrezionale della valutazione di cui si tratta, la Corte regolatrice ha precisato che si può ragionevolmente parlare di colpa grave solo quando si sia in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto all'agire appropriato, rispetto al parametro dato dal complesso delle raccomandazioni contenute nelle linee guida di riferimento, quando cioè il gesto

tecnico risulti marcatamente distante dalle necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia ed alle condizioni del paziente; e che, all'opposto, quanto più la vicenda risulti problematica, oscura, equivoca o segnata dall'impellenza,  tanto maggiore dovrà essere la propensione a considerare lieve l'addebito nei confronti del professionista che, pur essendosi uniformato ad una accreditata direttiva, non sia stato in grado di produrre un trattamento adeguato e abbia determinato, anzi, la negativa evoluzione della patologia (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 16237 del 29/01/2013, dep. 09/04/2013, cit.).

 

 

[9] Cass. Sez. IV n. 18781 del 23.3.2017 Pres. Blaiotta imp. Cavalera e altri: 

sul nesso eziologico:  “Occorre in questa sede ribadire che la valutazione controfattuale, demandata al giudice di merito, deve avvenire rispetto al "singolo comportamento storico", alla "singola situazione storica", alla "singola conseguenza storica" (Sez. 4, sent. n. 30469 del 13/06/2014, PG, PC in proc. Jann ed altri, Rv. 262239).   I termini di fatto ai quali deve riferirsi il giudice penale, nel verificare la sussistenza di elementi indicativi della riferibilità causale dell'evento alla condotta attiva od omissiva posta in essere dall'agente, sono necessariamente quelli riportati nel capo di imputazione: è il capo di imputazione, infatti, che delinea e delimita la specifica sequenza fenomenologica, nell'ambito della quale si assume che la condotta attesa abbia determinato la verificazione dell'evento dannoso, come realizzatosi.”

sul nesso di causalità:  “D'altronde, questa Sezione ha ripetutamente affermato che il giudice di merito deve analizzare la condotta (attiva od omissiva) colposa addebitata al sanitario, per effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, rispetto agli specifici termini di fatto della vicenda, l'evento lesivo sarebbe stato evitato "al di là di ogni ragionevole dubbio" (cfr., ad es., sent. n. 43459 del 04/10/2012, Rv. 255008). E più di recente questa Sezione (cfr. sent. n. 30469 del 13/06/2014, citata) ha affermato il principio secondo il quale: «nei reati omissivi impropri, la valutazione concernente la riferibilità causale dell'evento lesivo alla condotta omissiva che si attendeva dal soggetto agente, deve avvenire rispetto alla sequenza fenomenologica descritta nel capo d'imputazione, di talché, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice di merito in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare l'evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale». Questa Corte, anche a sezioni unite (S.U. Franzese, 2002; S U. Espenhanh, 2014) ha ripetutamente chiarito che anche nell'ambito della causalità omissiva vale la regola di giudizio della ragionevole, umana certezza; e che tale apprezzamento va compiuto tenendo conto da un lato delle informazioni di carattere generalizzante afferenti al coefficiente probabilistico che assiste il carattere salvifico delle misure doverose appropriate, e dall'altro delle contingenze del caso concreto; e, dunque, adegua al caso concreto le informazioni statistiche generalizzanti.”

 

[10]  Cass. Sez. IV 31490/2016 “Risulta evidente, infatti, che un trapano o uno scalpello vanno utilizzati osservando regole tecniche diverse da quelle che indirizzano l'uso di uno strumento ad ultrasuoni”.

[11]    Cass. Sez. IV 31490/2016 E' agevole quindi concludere che l'intero edificio della responsabilità per fatto colposo trova un suo essenziale caposaldo nell'accertamento della ricorrenza di una condotta trasgressiva di regola cautelare causalmente efficiente rispetto all'evento (secondo i principi elaborati intorno all'art. 41 c.p.).”

[12] art. 15 “Nomina dei consulenti tecnici d'ufficio e dei periti nei  giudizi  di  responsabilità' sanitaria” - “ Nei procedimenti civili e  nei  procedimenti  penali  aventi  ad oggetto la responsabilità' sanitaria, l'autorità' giudiziaria  affida l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a  un  medico specializzato in medicina legale e a uno  o  più'  specialisti  nella disciplina che abbiano  specifica  e  pratica  conoscenza  di  quanto oggetto del procedimento, avendo cura che  i  soggetti  da  nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3,  non  siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi e che i consulenti tecnici  d'ufficio  da  nominare nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 8, comma 1, siano in possesso  di  adeguate  e  comprovate  competenze  nell'ambito  della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi”. Negli  albi  dei  consulenti  di  cui  all'articolo  13   delle disposizioni per  l'attuazione  del  codice  di  procedura  civile  e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18  dicembre  1941, n. 1368,  e  dei  periti  di  cui  all'articolo  67  delle  norme  di attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,  devono essere indicate e  documentate  le  specializzazioni  degli  iscritti esperti in medicina. In sede di revisione  degli  albi e'  indicata, relativamente a ciascuno degli esperti di cui al periodo  precedente, l'esperienza professionale maturata, con particolare  riferimento  al numero e  alla  tipologia  degli  incarichi  conferiti  e  di  quelli revocati. Gli  albi  dei  consulenti  di  cui   all'articolo   13   delle disposizioni per  l'attuazione  del  codice  di  procedura  civile  e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18  dicembre  1941, n. 1368, e gli albi dei periti di cui all'articolo 67 delle norme  di attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,  devono essere  aggiornati  con  cadenza  almeno  quinquennale,  al  fine  di garantire,  oltre  a  quella  medico-legale, un’idonea  e  adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite  a tutte le professioni sanitarie, tra i quali scegliere per  la  nomina tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento. Nei casi di cui al comma 1, l'incarico e' conferito al  collegio e,  nella  determinazione  del  compenso  globale,  non  si  applica l'aumento del 40 per cento per ciascuno degli  altri  componenti  del collegio previsto dall'articolo 53 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di  cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.”

 

 

 
 
 
 
 
 

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