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CIVILE

Le spese straordinarie per il mantenimento dei figli non autosufficienti ed esecutività dell'ordinanza emessa in sede di separazione o divorzio

  Civile 
 martedì, 4 aprile 2017

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Caterina Mangano, Presidente di Sezione del Tribunale di Messina

 
 

Sommario: 1. Genesi dell’obbligo di mantenimento della prole. - 2. Modalità di specificazione dell’obbligo di contribuzione.  - 3.Distinzione tra spese ordinarie e spese straordinarie. - 4. Il regime delle spese straordinarie: Evoluzione giurisprudenziale in materia del diritto al rimborso da parte del genitore non anticipatario. -  5. Le spese straordinarie e il titolo esecutivo. - 6. Soluzioni per la prevenzione dei conflitti.

                                        

 

1.                  GENESI DELL’OBBLIGO DI MANTENIMENTO DELLA PROLE.

L’articolo 30 della Costituzione contiene la fondamentale disposizione secondo la quale: ‘‘è dovere e diritto dei genitori mantenere istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio’’ ed a tale norma è stata data attuazione, da parte del  legislatore,  attraverso differenti disposizioni contenute all’interno del codice civile, come l’articolo 147 c.c., 148 c.c., 155 c.c. e da ultimo l’articolo 315 bis, comma 1, come modificato dall’importante riforma dettata con legge n. 219 del 2012, finalizzata a garantire una totale equiparazione tra figli legittimi e figli naturali.

E’ certo che il dovere di mantenere i figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, come la giurisprudenza ha più volte sottolineato (Corte Cass., sez. I, n. 15063, del 22 novembre 2000; Cass. civ., sez. I, n. 10124, del 26 maggio 2004; Cass. civ., sez. I, n. 6197; 22 marzo 2005), trovi il proprio fondamento nel fatto stesso della procreazione e non certo nel tipo di legame sentimentale e giuridico sussistente tra i genitori.

Dal quadro normativo sopra riportato, risultato della riforma introdotta con legge 10 dicembre 2012, n. 219 e decreto legislativo n. 154/2013, emerge la garanzia della totale equiparazione tra figli nati o meno in costanza di matrimonio.

La procreazione determina il dovere di mantenere i figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, diritto garantito fin dal riconoscimento del legame familiare e ribadito nel momento patologico dell’unione familiare (Cass. civ., sez. I, n. 10124, del 26 maggio 2004).

Considerata la pregnanza del dovere che i genitori hanno di contribuire al mantenimento della prole a seguito della crisi del loro matrimonio,  è agevole comprendere come la regolamentazione dello stesso sia uno tra i temi più dibattuti nelle aule dei nostri tribunali.

Non mancano, infatti, profili poco chiari che sollevano problematiche e dubbi di vario genere a cui la giurisprudenza cerca, per quanto possibile, di fornire adeguate risposte ma non sempre costanti e concordanti.

 Una tra le questioni più discusse in proposito resta ancora oggi quella sulla qualificazione e precisa distinzione tra ‘‘spese ordinarie’’ e ‘‘spese straordinarie’’.

2.                  MODALITA’ DI SPECIFICAZIONE DELL’OBBLIGO DI CONTRIBUZIONE.

Nell’ambito della modalità di contribuzione al mantenimento dei figli minori o non economicamente autosufficienti la normativa vigente individua il mantenimento diretto come il regime preferibile in caso di separazione, divorzio o cessazione della convivenza dei genitori già dalla riforma di cui alla legge n. 54/2006.

La previsione del mantenimento diretto valorizza del resto il ruolo dei genitori e ne esalta la contribuzione diretta nella vita dei figli secondo una logica di effettiva compartecipazione e contributo (personale oltre che materiale) alla loro crescita, ma nel contempo richiede, per la corretta applicazione, una attenta ponderazione e riflessione del giudice nella statuizione dell’assegno perequativo, perché l’eventuale previsione corrisponda alle necessità del caso concreto e non risulti il frutto della mera e standardizzata applicazione delle prassi giudiziarie.

Tale scelta ha trovato altresì conferma nelle ultime riforme del diritto di famiglia del 2013, ancorché non possa farsi discendere il canone del mantenimento diretto sic et simpliciter dal principio dell’affido condiviso, quanto piuttosto dall’elemento del collocamento sostanziale, presupposto di fatto per poter dare luogo al mantenimento diretto (cfr., Cass. civ., 20 gennaio 2012, n. 785).

In questo senso, l’assegno di mantenimento è previsto dal sistema “ove necessario”, come prescrive il testo dell’art. 337 ter c.c. sopra richiamato, in funzione perequativa o perché vi è un collocamento prevalente presso uno dei due genitori e non si può far luogo interamente al mantenimento diretto o, pur in presenza di un collocamento sostanziale che consente di dare luogo al mantenimento diretto, questo deve essere comunque perequato con un assegno al fine di equilibrare le posizioni dei due genitori; la perequazione opera in considerazione dei criteri nella stessa norma previsti: criteri relativi sia alla posizione dei genitori - con riferimento alle capacità patrimoniali complessivamente intese, alla contribuzione diretta attuata da ciascuno in termini di permanenza del figlio presso di sé ed alla valenza economica del tempo e delle energie e risorse di accudimento che ciascun genitore offre quotidianamente al proprio figlio - sia alla posizione del figlio, con riferimento alle esigenze dello stesso ed il tenore di vita da questi goduto in precedenza.

 L’assegno di mantenimento per la prole viene determinato in somme mensili da corrispondere al genitore collocatario o convivente con il figlio.

Proprio tale periodicità dell'assegno trova fondamento nella  necessità di garantire un afflusso costante di denaro che permetta di far fronte, quotidianamente, alle esigenze economiche che la vita senza il partner impone per l'educazione, l'istruzione e la crescita dei figli non autosufficienti.

E’ noto che il mantenimento ordinario della prole non comprende soltanto l’obbligo di garantire ai figli gli alimenti, ma anche l’aspetto abitativo, sportivo, sanitario, scolastico e sociale.

Tale funzione è chiaramente espressa dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 6197 del 22 marzo 2005, secondo cui…Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte che in seguito alla separazione o al divorzio la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantirle un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per quanto possibile, a quello goduto in precedenza (v. sul punto Cass. 2000 n. 15065). È altresì da considerare che il dovere di provvedere al mantenimento, istruzione ed educazione, secondo il precetto dell'art. 147 c.c., impone ai genitori, anche in caso di separazione o divorzio, di far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma inevitabilmente estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, all'adeguata predisposizione -fin quando la loro età lo richieda - di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione.

L’assegno di mantenimento, ove previsto secondo i principi di perequazione sopra riportati, “è determinato in una somma fissa mensile, in funzione delle esigenze rapportate all’anno” con la conseguenza che ne è previsto il versamento anche durante il periodo estivo,  in cui il figlio trascorre parte del mese con il genitore obbligato (cfr., Cass. civ., ord. 2 aprile 2013, n. 7972), salvi diversi accordi dei genitori esplicitati in atti e/o statuizioni previste in provvedimenti che tengano conto dei diversi periodi di permanenza dei figli presso il genitore non collocatario.

 Tuttavia, per la nostra esperienza, dati particolarmente problematici in sede giudiziale non sono tanto l’ammontare dell'assegno, la  sua periodicità, o altro, ma la materia concernente  le spese accessorie «straordinarie» che il coniuge può incontrare nella qualità di genitore affidatario della prole e che si manifestano in relazione alla crescita dei figli, imponendo di adeguare le spese alle maggiori esigenze cui i figli vanno incontro, specie ove tali esborsi non erano stati considerati in sede di separazione o di divorzio.

In tali ipotesi, il genitore collocatario o convivente può ricorrere al procedimento di revisione, se si tratta di spese costanti e tali da incidere concretamente sul tenore di vita goduto, o se sono, comunque, di rilevante ammontare, oppure, già in sede di giudizio, si possono individuare somme specifiche, che si aggiungono a quelle periodicamente versate, che vadano a coprire determinate voci di spesa.

In tali ipotesi, ben potrebbero individuarsi degli oneri economici  che, per la costanza nel tempo o per l'importo (o per entrambi gli aspetti), è opportuno enucleare dall'ammontare dell'assegno di mantenimento, che nella parte restante, così, sarà maggiormente adeguato a garantire un potere di spesa corrispondente al tenore di vita che si deve poter svolgere.

Il principio generale è ribadito da pronunce emesse in tema di separazione personale dei coniugi, ma estensibili anche al giudizio di divorzio, per le quale il giudice ha facoltà di determinare l'assegno periodico di mantenimento, che un coniuge è obbligato a versare in favore dell'altro, in una somma di danaro unica o in più voci di spesa, le quali, nel loro insieme e correlate tra loro, risultino idonee a soddisfare le esigenze del coniuge in cui favore l'assegno è disposto, rispettando il requisito generale di determinatezza o determinabilità dell'obbligazione (art. 1346 c.c.).

Tale  principio è estensibile a tutte le voci di spesa che i coniugi potrebbero già individuare in sede di procedimento (ad es. spese per l'università del figlio, spese mediche preventivate, ecc.), con il solo rispetto del principio di determinazione o determinabilità della obbligazione imposta al coniuge.

Quindi, seguendo il ragionamento della Corte, il giudice, nel porre a carico del coniuge obbligato, oltre all'assegno di mantenimento in danaro, altre spese, deve procedere all'accertamento del loro importo, così da poterle complessivamente valutare, insieme con l'assegno in danaro, in rapporto sia alle esigenze del coniuge in cui favore è disposto il mantenimento, sia ai redditi dello stesso obbligato.

Ciò significa, peraltro, che se spese straordinarie non sono state previste in sede di determinazione dell'assegno di mantenimento, le stesse devono ritenersi inglobate in esso.

Nessuna richiesta in base a questo titolo potrà essere fatta al coniuge obbligato, imponendogli di adeguare l'assegno di mantenimento a spese che la parte ritiene necessarie, per se o per la prole.

Se tali spese non sono state determinate prima, il coniuge deve rivolgersi al Tribunale in sede di modifica/revisione dell'assegno, ove verranno valutate le ragioni dei due coniugi ed effettuata la comparazione fra le situazioni patrimoniali in base alle nuove esigenze sopravvenute. In tali ipotesi, cioè, il coniuge non potrà agire autonomamente per una maggiorazione della somma da versare.

Quanto alla misura del contributo, la giurisprudenza di merito precisa che il coniuge non affidatario sarà tenuto non già per l'effettiva misura in cui sarebbe necessario il suo contributo, bensì per la minor misura in cui esso coniuge onerato è in grado di concorrere, avuto riguardo al suo reddito e alle sue personali esigenze.

Né il coniuge affidatario può pretendere dall'altro un contributo commisurato al dispendiosissimo livello di vita da lui consentito ai figli affidatigli, non potendosi imporre al coniuge non affidatario, pur se avente non lievi potenzialità economiche, di mettere a disposizione grandissima parte delle proprie risorse economiche-patrimoniali per consentire ai minori di raggiungere il massimo della realizzazione esistenziale e sociale.

Ne consegue che il mantenimento dovuto deve essere rapportato all'effettivo tenore di vita goduto e che in concreto poteva essere goduto dalla prole. Infatti, se un genitore provvede a spese eccessive, non per questo l'altro sarà vincolato a sostenere un livello di spesa superiore alle proprie possibilità.

3.                  DISTINZIONE TRA SPESE ORDINARIE E SPESE STRAORDINARIE.

Nella pronunce giurisprudenziali concernenti l'affidamento dei figli minori, tanto se riferite ad ipotesi in cui sia stato adottato il modello bigenitoriale di affidamento condiviso, quanto se riferite al modello monogenitoriale di affidamento esclusivo (ormai  ipotesi del tutto eccezionale)  il giudice, secondo quanto disposto dall’articolo 155 c.c., comma 2, determina ‘‘la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli’, ed inoltre, secondo quanto disposto al successivo comma IV°, ‘‘il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità’’.
Sebbene la legge n. 54 del 2006 prescriva quale regime preferibile –come detto- quello del mantenimento diretto, tuttavia, nella prassi giudiziaria si è soliti disporre,  a carico del genitore non collocatario (o non affidatario), l’obbligo di corrispondere un assegno mensile a titolo di contribuzione al mantenimento della prole, oltre a fissare una percentuale (100%; 50%; 70% etc.) a suo carico dell’entità delle spese straordinarie.

Per via di tale prassi -che si reputa maggiormente consona rispetto all’obiettivo di deflazione della conflittualità tra i coniugi, spesso non in grado di comunicare adeguatamente tra loro a seguito della crisi del matrimonio-  uno tra i problemi più significativi riguarda, appunto, l’individuazione corretta di cosa debba intendersi per ‘‘spese straordinarie’’, data l’assenza di qualsiasi specifica definizione normativa in proposito.

 E’ certo che tale lacuna normativa non sia casuale ma persegua  l’obiettivo di favorire  la ricerca da parte dei giudici della soluzione più adatta alle singole fattispecie concrete.

In tale logica, non vi è alcuna disposizione destinata ad elencare e distinguere precisamente le spese attinenti al soddisfacimento dei bisogni della prole, tra ‘‘spese straordinarie’’ e ‘‘spese ordinarie’’ né alcuna esemplificazione normativa delle une e delle altre.

E’ dunque compito dei giudici individuare, per quanto possibile in modo analitico e dettagliato allorchè sorgano contrasti tra i genitori, quali spese vadano ascritte all’una o all’altra categoria.

 Laddove, infatti, vengano in rilievo le ‘‘spese ordinarie’’ il genitore collocatario vi provvede attraverso il mantenimento diretto e quello non collocatario (o non affidatario) della prole vi contribuisce già attraverso l’assegno periodico disposto a suo carico, mentre per le “spese straordinarie” tale inclusione non potrà avvenire e la corrispondente modalità di soddisfacimento dovrà essere rivista.

Sul punto, la Cassazione ha affermato molto chiaramente che le ''spese straordinarie'' non possano mai ritenersi comprese in modo forfettario all'interno della somma da corrispondersi con l'assegno periodico e/o come mantenimento diretto, rischiandosi contrariamente di recare pregiudizio al minore (Cass. civ., n. 9372, del 08 giugno 2012, nella parte in cui si afferma che: ''… la soluzione di includere le spese straordinarie, in via forfettaria, nell'ammontare dell'assegno posto a carico di uno dei genitori può rivelarsi in netto contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall'articolo 155 cod. civ. e con quello dell'adeguatezza del mantenimento, poiché si introduce, nell'individuazione del contributo in favore della prole, una sorta di alea incompatibile con i principi che regolano la materia'').

Conseguentemente, uno dei principi pacifici è quello di includere nell’assegno periodico solo le spese ordinarie e non anche quelle straordinarie perché diversamente si determinerebbe una compressione delle ragioni della prole correlate alla soddisfazione delle esigenze inaspettate che necessitano di interventi economici straordinari.

Quanto ai criteri di riparto delle spese straordinarie, la maggior parte dei tribunali stabilisce, in uno all’obbligo di corrispondere un assegno periodico a titolo di contribuzione al mantenimento della prole, una percentuale variabile per fare fronte dell’entità degli esborsi di carattere straordinario: è più frequente fissare un contributo pro quota in ragione del 50% dell’ammontare delle spese straordinarie, ma non sono mancati casi in cui la giurisprudenza abbia ritenuto più rispondente  alle esigenze della prole porre tale onere a carico esclusivo di un genitore (Cass. n. 18242/2007).

Nella individuazione della distinzione tra spese ordinarie e straordinarie, vi è una sostanziale uniformità di criteri ed il prevalente e costante indirizzo giurisprudenziale, al fine di fornire un criterio generale di differenziazione tra l’una e l’altra categoria, riconosce nelle ‘‘spese ordinarie’’ quelle destinate a soddisfare i bisogni quotidiani del minore, ed in quelle ‘‘straordinarie’’, invece, gli “esborsi necessari a far fronte ad eventi imprevedibili o addirittura eccezionali, ad esigenze non rientranti nelle normali consuetudini di vita dei figli minori fino a quel momento, o comunque spese non quantificabili e determinabili in anticipo o di non lieve entità rispetto alla situazione economica dei genitori “(Cass. Civ., n. 7672, del 19 luglio 1999; Cass. Civ., n. 6201, del 13 marzo 2009; Cass. Civ., n. 23411, del 04 novembre 2009; tra le pronunce dei giudici di merito v. a titolo esemplificativo Tribunale di Firenze, n. 3204, del 2005; Tribunale di Taranto, n. 321, del 22 febbraio 2010; Tribunale di Palermo, n. 4214, del 09 ottobre 2012; Tribunale di Catania, ordinanza 11 ottobre 2010).

Volendo offrire un taglio pratico alla presente relazione, ripercorrendo i provvedimenti giudiziari editi che vengono in rilievo, spesso si riscontra il riferimento a singole e specifiche voci di spesa riconducibili all’una o all’altra categoria.

Nella pratica è proprio questo l’aspetto che genera contenzioso, in quanto si verifica di frequente che il genitore collocatario (o affidatario) sostenga delle spese di carattere straordinario e poi, rivolgendosi al genitore non collocatario per avere il rimborso della parte ad esso spettante, si vede rispondere che non si tratta di ‘‘spese straordinarie’’ ma al contrario assolutamente ‘‘ordinarie’’ e rientranti nell’assegno periodico predisposto

Il concetto di “spesa straordinaria” –come detto- non trova una definizione positiva nell’ordinamento giuridico nazionale e sovranazionale, tanto che la giurisprudenza è intervenuta più volte sul punto per colmare il vuoto normativo.

Esaminando le  principali sentenze che hanno tentato una definizione, si rileva che:

- Cassazione, Sez. I, sentenza n. 7672 del 19/07/1999…Sono da ritenersi straordinarie le spese collegate ad eventi eccezionali della vita della prole.

- Cassazione, Sez. I, sentenza n. 6201 del 13/03/2009….Sono straordinarie le spese che servono per soddisfare le esigenze saltuarie (vale a dire non continuativa) e imprevedibili dei figli.

- Cassazione, Sez. I, sentenza n. 9372 del 22/02/2012…..Sono da intendersi spese "straordinarie" quelle che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loroimponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita dei figli.

Dall’analisi delle sentenze sopra riportate è possibile individuare le principali caratteristiche della spesa straordinaria:

1) l’eccezionalità;

2) la saltuarietà e l’imprevedibilità;

3) la rilevanza in termini economici;

4) l’imponderabilità.

Al ricorrere di uno di questi caratteri la spesa non rientra più nella definizione di spesa ordinaria, ma verrà classificata come spesa fuori dal regime ordinario di vita dei figli.

In ragione dei risultati emersi dallo studio delle sentenze sopra riportate, è facile comprendere perché non possa ammettersi una quantificazione in via forfettaria delle spese straordinarie.

Sul tema la Cassazione si è espressa con sentenza n. 18869/14, depositata l'8 settembre 2014, nella quale si legge testualmente:“... devono intendersi spese straordinarie quelle che per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita dei figli, cosicché la loro inclusione in via forfettaria nell'ammontare dell'assegno, posto a carico di uno dei genitori, può rivelarsi in contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall'art. 155 c.c. e con quello dell'adeguatezza del mantenimento, nonché recare grave nocumento alla prole, che potrebbe essere privata, non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell'assegno “cumulativo”, di cure necessarie o di altri indispensabili apporti. Pertanto, pur non trovando la distribuzione delle spese straordinarie una disciplina specifica delle norme inerenti alla fissazione dell'assegno periodico, deve ritenersi che la soluzione di stabilire in via forfettaria e aprioristica ciò che  imponderabile e imprevedibile, oltre ad apparire in contrasto con il principio logico secondo cui soltanto ciò che è determinabile può essere preventivamente quantificato, introduce, nell'individuazione del contributo in favore della prole, una sorte di alea incompatibile con i principi che regolano la materia...”.

Quanto statuito dalla Cassazione nel 2014 è conforme ad una pronuncia dei Giudici di legittimità nella sentenza del 2012 n. 9372 secondo la quale la quantificazione aprioristica e a forfait delle spese straordinarie potrebbe potenzialmente rivelarsi di nocumento per la prole e per il coniuge presso il quale il figlio è collocato: Dovendosi intendere per spese "straordinarie" quelle che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita dei figli, considerato anche il contesto socio-economico in cui sono inseriti, deve rilevarsi che la loro inclusione in via forfettaria nell'ammontare dell'assegno posto a carico di uno dei genitori può rivelarsi in netto contrasto con il suddetto principio di proporzionalità e con quello dell'adeguatezza del mantenimento: nel caso della sopravvenuta esigenza di una spesa rilevante (ad esempio, per ragioni sanitarie), tale da assorbire non solo il contributo mensile, ma anche quello annuale, potrebbe verificarsi un grave nocumento non solo nei confronti del coniuge presso il quale il figlio è collocato, ma soprattutto nei riguardi della prole, che potrebbe essere privata - non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell'assegno "cumulativo"- di cure necessarie o di altri indispensabili apporti."

Dando conto, più specificamente, dei tentativi di tipizzazione delle diverse tipologie di spese e considerando alcune macroaree, si passa ad esaminare le ipotesi oggetto di più frequente contenzioso senza alcuna pretesa di esaustività.

 Quanto alle  spese scolastiche ed  educative, in giurisprudenza si è pressoché concordi e fermi nel ricondurre tra le ‘‘spese ordinarie’’, anche se parametrate nell’arco di un anno e non di carattere giornaliero, quelle effettuate per l’acquisto di libri scolastici, di materiale di cancelleria, dell’abbigliamento per lo svolgimento dell’attività fisica a scuola, della quota di iscrizione alle gite scolastiche.

Tutto ciò, ovviamente, basandosi sulla considerazione che la frequenza scolastica da parte del minore non è qualcosa di eccezionale ed imprevedibile ma, al contrario, di obbligatorio e fondamentale. Anche le spese mensili per la frequenza scolastica con annesso semi-convitto è stata considerata una ‘‘spesa ordinaria’’ in relazione al normale standard di vita seguito dal minore fino al momento della crisi familiare, con eventuale possibilità di aumentare l’assegno di mantenimento precedentemente disposto per far fronte a tale esigenza (Tribunale per i minorenni di Bari, decreto del 06 ottobre 2010).

Per quanto riguarda, invece, i viaggi studio all’estero (Cass. Civ., n. 19607, del 2011) e le ripetizioni scolastiche o gli sport ( Tribunale di Roma, n. 147, del 2013) la giurisprudenza li riconduce più frequentemente alla categoria delle ‘‘spese straordinarie’’.

Quanto alle spese concernenti la formazione universitaria, esse vengono qualificate dalla giurisprudenza quali ‘‘spese ordinarie’’, tali da giustificare una richiesta di modifica in aumento dell’assegno periodico non trattandosi, infatti, di spese di carattere saltuario e eccezionale o comunque imprevedibile ma, al contrario, assolutamente normali e durevoli nel tempo (Cass. Civ., n. 8153, del 2006).

Quanto alle spese correlate ad esigenze sanitarie, esse, a seconda della loro natura, vengono a volte ricomprese nelle ''spese ordinarie'' ed altre volte qualificate come ''spese straordinarie''. A titolo esemplificativo rientrano tra le prime, secondo quanto risulta da innumerevoli pronunce dei giudici, le c.d. ''cure ordinarie'', come le visite pediatriche, l'acquisto di medicinali da banco o comunque di uso frequente, visite di controllo routinarie (Tribunale di Catania, 04 dicembre 2008; Corte d'App. di Catania, 29 maggio 2008 e 05 dicembre 2011).

Anche quanto necessario a garantire cura ed assistenza al proprio figlio disabile non può che ritenersi ''spesa ordinaria'' essendo destinata, invero, a soddisfare i bisogni quotidiani del ragazzo in relazione alla specificità della sua situazione (Cass. civ., n. 18618, del 2011). Diversamente vengono qualificate come ''straordinarie'' le spese concernenti un improvviso intervento chirurgico, dei trattamenti psicoterapeutici, dei cicli di fisioterapia necessari in seguito ad un incidente stradale od altro ed, infine, quanto erogato per acquistare un paio di occhiali da vista al minore o l'apparecchio ortodontico (Tribunale di Perugia, n. 967, del 2011).

Per quanto concerne le spese relative a momenti ludici e di svago del minore, si tratta di esborsi che i  genitori, nei limiti ovviamente della loro situazione economico-reddituale, sono chiamati a soddisfare. Basti citare ad esempio l'acquisto di un computer o quello di un motorino, qualificate come ''spese straordinarie'', od anche le somme necessarie per giungere a conseguire la patente di guida ed a pagare, successivamente, eventuali contravvenzioni dovute a violazione del codice della strada da parte dei figli (Tribunale di Ragusa, n. 278, del 2011; n. 243, del 2011).

Proprio per via della impossibilità di individuare un’elencazione esaustiva e dettagliata sulla base della quale distinguere facilmente le due categorie di spesa e per rendere più costante l'orientamento giurisprudenziale in materia, per lo meno nei singoli tribunali, molti uffici giudiziari, in collaborazione con diversi avvocati esperti in diritto di famiglia, hanno dato vita a dei protocolli destinati ad elencare le spese che si devono considerare straordinarie.
La scelta di redigere appositi protocolli, tuttavia, non risolve completamente il problema, infatti, tra i vari tribunali non esiste un orientamento costante ed, inoltre, molti uffici giudiziari sono ancora privi di qualsiasi intesa.

4.                  IL REGIME DELLE SPESE STRAORDINARIE:EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE IN MATERIA DI DIRITTO AL RIMBORSO DEL GENITORE NON ANTICIPATARIO.

Prima di affrontare il tema del regime delle spese straordinarie, giova accennare alla questione concernente la differenza tra ‘‘spese straordinarie’’ e ‘‘scelte straordinarie’’, o meglio ‘‘di maggior interesse’’, che secondo quanto previsto all’articolo 155, comma 3, debbono essere assunte ‘‘di comune accordo’’ tra i genitori.

Innanzitutto tra i concetti di ‘‘scelte straordinarie’’ e ‘‘spese straordinarie’’ non sussista un’assoluta ed immediata coincidenza.

Ciò in quanto non sempre un esborso straordinario è conseguenza di una ‘‘decisione di maggior interesse’’: più frequente è invece che una ‘‘scelta straordinaria’’, riguardante qualsiasi profilo della vita del minore (scolastico; ludico; sanitari; etc.), comporti una ‘‘spesa straordinaria’’ (Cass. Civ., n. 4459, del 05 maggio 1999; Cass. Civ., n. 26570, del 17 dicembre 2007; Cass. Civ., n. 2189, del 20 gennaio 2009; nella giurisprudenza di merito v. Tribunale di Roma, n. 19067, dell' 11 ottobre 2012).

Cass. n. 4459/1999 è particolarmente significativa nel delineare detta distinzione: da una parte “spese straordinarie” dall’altra “decisioni straordinarie” cioè “di maggiore interesse” ed ha chiarito che il concetto di “spese straordinarie” è ben  distinto, dal punto di vista ontologico e da quello delle coerenti implicazioni giuridiche, dalla nozione di “scelte straordinarie”, intese come decisioni che incidono più incisivamente sula vita, sull’istruzione e sui valori giuda nell’educazione dei figli. Se è pur vero che assai frequentemente la realizzazione di tali scelte comporta esborsi straordinari, ovvero, sotto diverso profilo, che l’erogazione di tali esborsi trova il proprio presupposto in momenti decisionali che attengono ad aspetti molto importanti nella vita dei figli, tale interferenza tra le due categorie non determina tuttavia coincidenza ben potendo ipotizzarsi  decisioni fondamentali prive di spesa (quali quelle che riguardano la formazione religiosa) e, per converso, decisioni che non sono rilevanti dal punto di vista della vita e dell’educazione dei figli e, tuttavia, assai onerose sul piano economico (si pensi ad un viaggio all’estero).

Ciò premesso, si rileva che frequentemente nella pratica giudiziaria (a prescindere dalla pregnanza delle nozioni anzidette per l’interprete) ciò che il genitore non collocatario (o non affidatario) contesta all’altro, innanzi ad una richiesta di rimborso, è il fatto che la spesa effettuata non sia stata decisa concordemente ma, al contrario, in modo unilaterale ed arbitrario, cosicché nulla a lui possa essere addebitato.

Se in passato, parte della dottrina riconduceva il pagamento delle spese straordinarie all'istituto della negotiorum gestio, previsto dall'art. 2031 c.c. mentre altra (Paradiso 1990, 147) preferiva ricondurre tale fattispecie nell'ambito degli artt. 1298 e 1299 c.c., sull'azione di regresso tra debitori solidali, la giurisprudenza ha subito nell’ultimo ventennio una significativa evoluzione che mette conto esaminare  nei diversi approdi, per conseguire un quadro chiaro ed esaustivo dei principi attualmente seguiti da parte del Giudice di Legittimità e della prevalente giurisprudenza di merito.

Si è avuto un orientamento tradizionale,  secondo cui le spese straordinarie che implicano decisioni di maggiore interesse per i figli  devono essere previamente concordate; uno intermedio, secondo cui l’obbligo di rimborso consegue alla mancata contestazione delle spese straordinarie ed il nuovo orientamento della giurisprudenza che fa leva sulla valutazione dell’interesse del figlio anziché sulla condivisione delle spese.

Il primo orientamento risale alla sentenza della Cassazione n. 4459/1999, adottata in un contesto normativo che differenziava il genitore affidatario ed il genitore non affidatario ma in cui l’art. 155 cc. , quanto alla separazione e l’art. 6 c.IV della legge n. 898/1970, per il divorzio, prevedevano la necessità che entrambi i genitori adottassero le decisioni di maggiore interesse per i figli, alla stregua di una disposizione ancora attuale in quanto fatta propria dall’art. 337 ter c.c. nel testo riformato dal d.lgs n. 154/2013 e dall’art. 337  quater con riferimento all’affidamento esclusivo.

Tale risalente pronuncia stabiliva, in estrema sintesi, il principio secondo cui un genitore non è gravato della previa concertazione delle spese straordinarie con l’altro genitore, a meno che queste non implichino l’assunzione di “decisioni di maggiore interesse” e tale principio tradizionale viene anche di recente ripreso dalla giurisprudenza di legittimità (si veda Cass. sez. I 19 marzo 2014 n. 6297). Nel tempo altre pronunce (Cass. n. 9376/2011; Cass. n. 2182/2009) , richiamando lo stesso principio, hanno precisato che esso non è inderogabile, essendo sempre possibile che il giudice determini oltre che la misura anche le specifiche modalità con le quali i genitori devono contribuire al mantenimento dei figli.

       Le pronunce di merito che hanno richiamato i principi di cui sopra, li hanno integrati nel senso di includere tra le spese straordinarie che devono costituire oggetto di preventiva concertazione non solo quelle che attengono a “decisioni di maggiore interesse”, per le quali la condivisione è necessaria,  ma anche quelle relative a decisioni che importano oneri economici notevoli.

        Ne consegue che, alla luce di tale orientamento tradizionale, fatta eccezione per le spese mediche indifferibili ed urgenti che possono essere sostenute anche in assenza di un accordo e danno comunque titolo a conseguire il rimborso pro quota, per le altre spese straordinarie, inerenti questioni di maggiore interesse per i figli nei termini sopra intesi, il genitore che ne chiede il rimborso, ai fini dell’accoglimento della domanda, ha l’onere fi fornire la prova di avere preventivamente consultato l’altro.

        L’orientamento “intermedio” secondo cui l’obbligo del rimborso è una conseguenza della mancata contestazione delle spese straordinarie, è il portato di una riflessione maturata nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui fosse opportuno sostituire al previo consenso il mancato dissenso, con la conseguenza che si è reputato sufficiente che il genitore chiamato al rimborso della spesa potesse ritenersi obbligato per non avere dissentito rispetto alla spesa sostenuta dall’altro genitore.

        Cass. n. 5262/1999, aveva affermato che, in tema di separazione personale, l’art. 155 c.c. , nel rimettere alle determinazioni di entrambi i genitori “le scelte di maggiore interesse per i figli” non impone , riguardo a tali spese, alcuno specifico onere di informazione al genitore affidatario, dovendo tale onere ritenersi implicitamente gravante su quest’ultimo, nel solo caso in cui l’informazione sia necessaria affinchè il genitore non affidatario possa partecipare alla decisione con riguardo ad eventi eccezionali e imprevedibili e sempre che il suo adempimento non rischi di risolversi in un danno per il minore in relazione alla indifferibilità della scelta. Tale orientamento, maturato in un contesto normativo che differenziava genitore affidatario da genitore non affidatario, è stato confermato da altre decisioni successive all’ introduzione, nel nostro ordinamento, dell’affido condiviso.

     Cass. n. 10174/2012 ha criticato tale orientamento, affermando che l’affidamento congiunto comporta l’assunzione di uguali poteri e responsabilità da parte dei genitori ai fini dello sviluppo psico fisico del figlio e della sua formazione morale e culturale e richiede un personale impegno di entrambi nella realizzazione di un progetto educativo comune, la cui elaborazione non può risolversi nella passiva acquiescenza di un genitore alle scelte unilateralmente compiute dall’altro ma esige una costante e preventiva reciproca consultazione che consenta di avere l’esatta percezione delle necessità del minore e l’individuazione dei mezzi più convenienti per farvi fronte.

     Non basta, quindi, che le decisioni di maggiore interesse (che importano spese straordinarie), risultino “non contestate” dal genitore che non le ha sostenute in regime di affido condiviso: esse dovranno essere necessariamente condivise perché ne possa derivare un obbligo di pagamento anche a carico del genitore che non ha anticipato la spesa.

     Il recente e nuovo orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui ciò che viene in rilievo e la valutazione dell’interesse del figlio piuttosto che la condivisione della spesa, prende le distanze dall’estrema valorizzazione delle regole sull’affido condiviso e acquisisce un taglio pragmatico.

     In tale senso, Cass. n. 16175/2015, afferma il principio secondo cui “la mancata preventiva concertazione delle spese straordinarie da sostenere nell’interesse dei figli, in caso di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del genitore che non le ha anticipate,  impone la verifica giudiziale della rispondenza delle spese all’interesse del minore, mediante la valutazione, riservata al giudice di merito, della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità per il minore e della sostenibilità della stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori”.

     Tale orientamento ha avuto seguito con Cass. n. 2127/2016 che ha ribadito come non sia configurabile  a carico del coniuge affidatario o presso il quale sono normalmente residenti i figli, anche nel caso di decisioni di maggiore interesse per questi ultimi, un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro genitore in ordine alla effettuazione e determinazione delle spese straordinarie che, se non adempiuto, comporti la perdita del diritto al rimborso. Nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, il giudice è tenuto a verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore mediante la valutazione della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità derivante ai figli e della sostenibilità della spesa stessa, rapportata alle condizioni economiche dei coniugi.

     Analogamente, Cass. n. 2467/2016, ha aggiunto che, in tema di spese straordinarie sostenute nell’interesse dei figli, il mancato preventivo interpello del coniuge divorziato può essere sanzionato nei rapporti tra i coniugi ma non comporta irripetibilità delle spese effettuate nell’interesse del minore e compatibili con il tenore di vita della famiglia.

     Da ultimo, Cass. n. 4060/2017, richiamando i principi sopra esposti, chiarisce che se è vero che la ratio dell’affido condiviso privilegia il raccordo tra genitori in ordine alle scelte educative che riguardano i figli, tanto è vero che- se vi è un’intesa- essi in molti casi possono modificare anche di comune accordo le stesse indicazioni fornite dal giudice, nondimeno quando i genitori vivono in un rapporto che non consente loro il raggiungimento di un’intesa, occorre assicurare la tutela del migliore interesse del minore per cui l’opposizione di un genitore non può paralizzare l’adozione di ogni iniziativa che riguardi un figlio minorenne, specie se di rilevante interesse e neppure è necessario che tale intesa si trovi prima che l’iniziativa sia intrapresa, fermo restando che compete al giudice, ove ne sia richiesto, verificare se la scelta adottata corrisponde effettivamente all’interesse del minore.

     In definitiva, il principio che oggi trova applicazione tra i giudici di merito e nell’ambito del nostro ufficio giudiziario, è quello per cui anche nel caso di spese straordinarie che dovessero implicare decisioni  di maggiore interesse per i figli, non è configurabile a carico del coniuge che vive con la prole un obbligo di concertazione preventiva con l’altro coniuge, in ordine alla effettuazione e determinazione delle spese straordinarie, fermo restando che compete al giudice, ove le parti lo richiedano, verificare se la scelta adottata corrisponda o meno all’interesse del minore.

E' evidente quindi che il coniuge convenuto in giudizio per il rimborso della spesa debba opporre, con una difesa non meramente assertiva, ma articolata su specifici motivi di dissenso valutabili dal giudice, la non rispondenza delle spese all'interesse del minore ovvero la insostenibilità della spesa stessa se rapportata alle condizioni economiche dei genitori e all'utilità per i figli.

Ne consegue,  altresì, che tale recente orientamento, valorizza, rispetto ai precedenti, il ruolo della difesa nel processo in cui venga in rilievo la sussistenza o meno del diritto al rimborso, posto che, a fronte degli indirizzi più risalenti in cui, per il genitore che aveva anticipato la spesa,  era sufficiente allegare l’esistenza di un accordo o di una mancata contestazione in ordine alla decisione concernente la spesa medesima, nel nuovo contesto interpretativo, la difesa avrà un onere di allegazione maggiore e più complesso.

Esso concernerà, infatti, tutti quegli elementi che connotano l’interesse e l’utilità  del minore nel caso concreto,  a conseguire i vantaggi di un certo esborso e saranno riferibili al tenore di vita maturato durante la vita coniugale, alle scelte di formazione effettuate nell’interesse del figlio, alle attitudini, alle prospettive e legittime aspettative dello stesso in ambito scolastico, culturale, relazione  e professionale.

L’onere difensivo di allegazione concernerà inoltre le condizioni economiche dei coniugi, secondo i comuni parametri di riferimento.

A tale specifico contenuto dell’onere di allegazione  farà riscontro l’onere di provare le circostanze di cui sopra ed è certo che, quanto ai profili concernenti l’interesse del minore, la difesa –unitamente agli strumenti probatori rimessi alla piena disponibilità della parte processuale- potrà sollecitarne l’ascolto diretto o mediato (quale strumento propriamente volto ad acquisire contezza, da parte del giudicante, dell’effettivo interesse del minore), potrà sollecitare il ricorso a strumenti di indagine psicologica e socio ambientale.

Ciò per porre il giudice in condizione di effettuare una pregnante valutazione del caso concreto che consenta di dare una soluzione adeguata alle esigenze del nucleo familiare che viene in rilievo.

Il provvedimento giudiziario conterrà una determinazione sulle spese straordinarie, ponendo a carico di un genitore dette spese o la quota parte paritaria di esse, lasciando al successivo accordo dei coniugi la decisione su quali e quante spese effettuare e ciò avverrà tenendo conto delle concrete possibilità economiche delle parti e della effettiva opportunità di disciplinare in modo particolare il regime delle spese straordinarie.

L’entità di tale contribuzione, se non preventivamente concordata dalle parti è lasciata alla valutazione discrezionale del giudice, il quale procederà alla determinazione del contributo sulla base dei parametri di cui all'art. 148 c.c., ovvero in proporzione alle rispettive sostanze dei coniugi e secondo la loro capacità lavorativa e professionale, attraverso un'indagine comparativa delle disponibilità di entrambi i genitori.

 

5.                  LE SPESE STRAORDINARIE E IL TITOLO ESECUTIVO

 

Secondo l'art. 474 c.p.c., sono titoli esecutivi: 1) le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; 2) le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia; 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. L'esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1) e 3) del comma 2 .

Quanto al requisito della certezza del titolo esecutivo, esso va inteso nel senso che la situazione giuridica accertata in favore di un soggetto deve emergere esattamente e compiutamente, nel suo contenuto e nei suoi limiti, dal relativo provvedimento giurisdizionale o atto negoziale, di guisa che ne risulti determinato e delimitato anche il contenuto del titolo, tenendo conto che può definirsi certo il diritto soggettivo non soltanto quando il suo contenuto sia precisamente determinato, ma anche quando esso sia facilmente determinabile alla stregua degli elementi indicati nella sentenza che lo accerta in modo definitivo e non vengano mosse contestazioni specifiche dall'obbligato, senza che venga in considerazione la qualità soggettiva del debitore.

Quanto al requisito della  liquidità, essa si riferisce ai titoli di condanna per crediti di somme di danaro o di cose fungibili e richiede che la prestazione dovuta sia determinata nel suo ammontare o nella sua quantità ovvero sia  determinabile in base agli elementi individuanti che risultano dallo stesso titolo se necessario anche attraverso l'interpretazione dello stesso .

Il requisito della liquidità è integrato anche quando alla determinazione del credito possa pervenirsi per mezzo di un mero calcolo aritmetico sulla base di elementi certi e positivi contenuti tutti nel titolo fatto valere, i quali sono da identificare nei dati che, pur se non menzionati in sentenza, sono stati assunti dal giudice come certi e oggettivamente già determinati, anche nel loro assetto quantitativo, perché così presupposti dalle parti e pertanto acquisiti al processo, sia pure per implicito.

Ne consegue la  necessità della determinazione delle spese nel titolo, per essere qualificato come esecutivo,  per cui l'ordinanza con la quale il giudice stabilisce la contribuzione alle spese straordinarie deve quantificarle monetariamente, anche tramite il ricorso a parametri certi, che permettano un mero calcolo matematico, perché altrimenti il titolo non potrà essere portato ad esecuzione.

Sebbene la pronuncia giudiziale recante la separazione  costituisca in astratto titolo esecutivo,  non può fondare la richiesta di rimborso per somme dovute a titolo di spese straordinarie a causa della incertezza ed illiquidità del credito che si pretende di attuare a tale titolo.

Secondo una giurisprudenza più risalente, tali spese, se di importo non preventivamente stabilito, potranno essere determinate caso per caso a seconda delle esigenze concrete, e potranno essere oggetto di esecuzione forzata solo previo accertamento giudiziale della esistenza del credito e della sua esatta quantificazione.

Così si esprimeva, infatti, la giurisprudenza meno recente (Cass. n. 1758/2008), secondo cui …nel caso in cui il coniuge onerato alla contribuzione delle spese straordinarie, sia pure pro quota, non adempia, al fine di legittimare l'esecuzione forzata, occorre adire nuovamente il giudice affinché accerti l'effettiva sopravvenienza degli specifici esborsi contemplati dal titolo e la relativa entità.

Viceversa, da ultimo, la Suprema Corte si è così orientata (Cass. Civ. n. 11316/2011) ….Il provvedimento con il quale, in sede di separazione, si stabilisce che il genitore non affidatario paghi, sia pure pro quota, le spese mediche e scolastiche ordinarie relative ai figli costituisce idoneo titolo esecutivo e non richiede un ulteriore intervento del giudice in sede di cognizione, qualora il genitore creditore possa allegare e documentare l'effettiva sopravvenienza degli esborsi indicati nel titolo e la relativa entità, salvo il diritto dell'altro coniuge di contestare l'esistenza del credito per la non riconducibilità degli esborsi a spese necessarie o per violazione delle modalità d'individuazione dei bisogni del minore.

Ed ancora più decisamente (sentenza n. 21241/2016)  ha chiarito che… il provvedimento con il quale, in sede di separazione, si stabilisce che il genitore non affidatario paghi pro quota le spese ordinarie per il mantenimento dei figli, costituisce idoneo titolo esecutivo e non richiede un ulteriore intervento del giudice in sede di cognizione ma ciò solo a condizione che il genitore creditore "possa allegare e documentare l'effettiva sopravvenienza degli esborsi indicati nel titolo e la relativa entità" (Sez. 3, Sentenza n. 11316 del 23/05/2011, Rv. 618151).

"Allegazione e documentazione" che va compiuta rispetto all'atto di precetto, e non già nel successivo e solo eventuale giudizio di opposizione all'esecuzione: ciò in quanto il debitore deve essere messo in condizioni di potere sin da subito verificare la correttezza o meno delle somme indicate nell'atto di precetto.

 

6.  SOLUZIONI PER LA PREVENZIONE DEI CONFLITTI

L’Unione Nazionale delle Camere Minorili, propone delle possibili soluzioni e strumenti per la predeterminazione delle modalità di gestione delle spese straordinarie tra genitori che reputo interessanti rimedi per ridurre il contenzioso generato dalla mancanza di una definizione normativa delle “spese straordinarie”.

Nell’ambito dell’accordo tra i genitori per la definizione delle spese straordinarie e delle modalità di gestione delle stesse si propongono alcune soluzioni tecniche volte a definire prassi virtuose.

a) Meccanismo del consenso

Qualora nell’accordo tra i genitori sia prevista la necessità del consenso di entrambi, l’accordo dovrà contenere la necessità per il genitore richiedente (e quindi l’impegno)  di formulare per iscritto la richiesta di approvazione della spesa da affrontare, con espressa indicazione dell’importo previsto nonché di un termine congruo (possibilmente da prevedersi nell’accordo stesso, 7 – 15 o più giorni) entro il quale l’altra parte dovrà esprimere la propria volontà ovvero motivare il proprio dissenso.

Decorso tale termine la mancata risposta sarà considerata come adesione alla spesa da affrontare, sia nella modalità che nell’importo, illustrata nella richiesta (scelta del dentista, scelta della struttura sportiva ecc.).

b) Costituzione di un Fondo

Le parti possono convenire, nell’individuazione delle spese straordinarie, di destinare una somma al fine di costituire un fondo che potrà essere gestito da uno dei genitori con obbligo di rendicontazione periodica all’altro (ad es. semestrale) e facoltà di controllo da parte del genitore che non gestisce. Le parti possono individuare una somma da versare ogni anno per incrementare il fondo. Si precisa che, in caso di previsione di affido esclusivo, il fondo sarà gestito automaticamente e necessariamente dal genitore affidatario, con obbligo di rendiconto al genitore non affidatario che avrà diritto di controllo della gestione, anche prima del rendiconto.

In caso di esaurimento del fondo, resta ferma la necessità di partecipazione alla spesa  straordinaria in ragione della percentuale del 50% come per legge ovvero quella individuata dalla parti. In alternativa,  le parti possono convenire di ricostituire il medesimo fondo.

Tale fondo può essere anche gestito congiuntamente fatta salva la necessità di condividere la scelta e la spesa nelle modalità e nell’importo, secondo i criteri sopra esplicitati.

c) Ripartizione delle spese straordinarie tra i genitori.

I genitori possono convenire di dividere le spese straordinarie per tipologia e ripartirne la gestione ed anticipazione tra loro, ferma restando la condivisione della scelta e della spesa (ad esempio: il padre si occupa dello sport, la madre dei libri di scuola; il padre si occupa delle spese odontoiatriche la madre di quelle oculistiche ecc…). Le parti converranno altresì di rendicontare periodicamente e compensare le posizioni dare-avere inerenti le voci di spesa.

d) Stipulazione di apposita copertura assicurativa per le spese che lo consentono, come quelle mediche straordinarie.

I genitori, oltre l’ipotesi di suddivisione e rimborso della spesa straordinaria, potrebbero prevedere la stipula di polizza assicurativa con diverse coperture annue il cui costo verrebbe ripartito tra loro in ragione della percentuale concordata.

 

 

 
 
 
 
 
 

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