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PENALE

L’ordine di indagine europeo

  Penale 
 giovedì, 2 novembre 2017

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Andrea Venegoni, magistrato addetto all'ufficio del Massimario e del ruolo della Corte di cassazione

 
 

 

Intanto, anche sul fronte legislativo il cammino del diritto penale europeo continua ai giorni nostri  nell’ottica di creare sempre più un’area comune di giustizia. Elemento essenziale per tale operazione, sul fronte processuale, è la libera circolazione della prova penale all’interno dell’Unione. Si è sempre affermato – non a torto – che uno dei maggiori problemi delle indagini internazionali è rappresentato dalla diversità di sistemi giuridici tra i vari Stati; a questo principio non fanno eccezione le indagini anche solo all’interno dell’Unione. Da questo punto di vista, l’Unione è sempre stata, e lo è tuttora, composta – in particolare in diritto penale - da un sistema frammentato di ventisette ordinamenti giuridici diversi (senza contare più il Regno Unito in virtù della c.d. Brexit), ognuno con le proprie regole. Ciò ha fatto sì che l’acquisizione di una prova in un altro Stato della UE ed il suo successivo utilizzo nello Stato dell’indagine sia sempre stato uno di quei temi che meglio di tutti ha rivelato le difficoltà che ancora sussistono nella creazione di un autentica area comune di giustizia. Certo, negli ultimi dieci – quindici anni molti progressi sono stati fatti in questo senso, e non si può dimenticare le potenzialità dell’azione dell’OLAF – sopra ricordate – nella circolazione della prova penale, ma, occorre riconoscere, l’acquisizione della prova penale nel territorio di uno Stato è sempre rimasta, ed è tuttora, massima manifestazione della sovranità dello stesso, quindi tendenzialmente chiusa all’accesso di altri patrner esterni, anche dell’Unione.
In tale scenario, un passo importante per una maggiore integrazione tra gli Stati fu certamente rappresentato dalla decisione quadro del 2002 sul mandato di arresto europeo, per la consegna di indagati, imputati o condannati. La stessa ha avuto il pregio di superare il classico sistema estradizionale tra gli Stati UE, di rendere la procedura essenzialmente di carattere giudiziario anziché politico (tendenza già manifestatasi fin dall’accordo di Schengen e poi nella convenzione di cooperazione del 2000 che però l'Italia non ratificò mai, se non quest'anno quando la stessa stava divenendo ormai uno strumento quasi superato), basata sul principio del mutuo riconoscimento anziché su quello della mera assistenza, e di superare il principio della doppia incriminazione per determinati reati.  La normativa, all’inizio notevolmente osteggiata anche in Italia da una parte di pratici e studiosi, ha dato in realtà buona prova di sé, rendendo più efficaci i procedimenti di consegna senza trascurare la tutela dei diritti della persona. Paradossalmente, invece, per molti anni non ha tenuto lo stesso “passo” in questo processo di integrazione la normativa sull’acquisizione della prova tra Stati UE. In altre parole, non esisteva uno strumento analogo al MAE, basato sugli stessi principi,  ma operante nel campo della acquisizione della prova ed al suo utilizzo.
Per l’acquisizione della prova si è dovuto, fino ad oggi, fare ancora riferimento alle norme tradizionali sulla cooperazione giudiziaria, (anche perchè, come detto, l'Italia tardò a ratificare la convenzione del 2000), sebbene certamente snellite e semplificate rispetto alle procedure con i Paesi extra UE.
Tale lacuna è stata oggi colmata, prima con l’approvazione, fin dal 2014, di una direttiva sull’ordine investigativo europeo (direttiva 2014/41/UE del 3.4.2014, pubblicata sulla GUUE del 1.5.2014) e, successivamente, con il suo recepimento nel sistema italiano con il d. lvo 21.6.2017, n. 108, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13.7.2017, entrato in vigore il 28.7.2017.
Anche l’acquisizione della prova si basa, quindi, oggi, sul principio del mutuo riconoscimento e non richiede, per una lista di trentadue reati, il principio della doppia incriminazione. Il nuovo strumento, è bene precisare, si applica nei procedimenti per qualunque reato, e non è  limitato alle indagini sui reati che attentano agli interessi finanziari della UE.
Non è questa la sede per una analisi approfondita del nuovo strumento normativo. Tuttavia, si può osservare che il grande nodo da sciogliere in materia è, quello della legge applicabile alla acquisizione della prova in un altro Stato della UE, anche ai fini dell’utilizzo della stessa in sede processuale nello Stato richiedente, diverso da quello in cui la prova è stata acquisita.
E’ noto che sull’argomento due sono le possibili opzioni di fondo, una prediligendo la “lex loci”, cioè quella del luogo in cui la prova è raccolta, ma con il rischio di inutilizzabilità dello Stato del processo, e l’altra preferendo la “lex fori”, cioè quella dello Stato richiedente, ma con l’inconveniente che l’”esportazione” di una legge processuale in un atro Stato s i può scontrare con principi fondamentali di quest’ultimo, che, tradizionalmente, considera tale attività, come già ricordato sopra, manifestazione della propria sovranità.
La nuova normativa tenta di trovare una necessaria sintesi tra le due esigenze, prevedendo un criterio che si potrebbe definire di “lex fori” temperata; stabilisce, infatti, nelle procedure passive, che l’Italia darà corso alle richieste seguendo, in linea di massima e salve disposizioni specifiche per particolari misure investigative, le indicazioni sulla modalità di acquisizione della prova provenienti dallo Stato richiedente, salvo adattamento ove necessario, ai principi del nostro ordinamento, e prevedendo, nella procedura attiva, che le due autorità giudiziarie coinvolte, quella italiana come Stato richiedente e quella dello Stato richiesto, concordino sulle modalità di acquisizione della prova, in modo da salvaguardare le rispettive esigenze di utilizzabilità della prova nel corso del successivo processo in Italia e di acquisizione della stessa con modalità che non siano in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento.
La normativa è appena entrata in vigore nel nostro sistema e presto se ne vedranno gli effetti in termini di facilitazione e semplificazione delle procedure. In questo modo, la creazione dell'area comune di giustizia diventa più concretamente tangibile. Tuttavia, sempre a testimonianza della estrema vivacità del tema e – questa volta - della centralità del settore della lotta alle frodi, in questa specifica materia è stato di recente compiuto un passo ancora più significativo in questo cammino di integrazione: la istituzione della Procura Europea.

 
 
 
 
 
 

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