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ORDINAMENTO GIUDIZIARIO  

La nuova Circolare Csm sulla organizzazione delle Procure della Repubblica: i presupposti normativi, le finalità applicative e i valori ermeneutici.

  Giudiziario 
 giovedì, 8 febbraio 2018

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Luca Forteleoni, Componente del Consiglio Superiore della Magistratura

 
 

La nuova Circolare sulla organizzazione degli Uffici di Procura (Circolare P. n. 20458), approvata dal CSM con delibera del 17 novembre 2017 (di cui sono stato co-redattore e correlatore), rappresenta la riforma più sintomatica dello spirito innovatore, che ha caratterizzato l’attuale consiliatura, così come già era emerso in occasione dell’approvazione del nuovo Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria e che ha trovato la sua definitiva consacrazione nella delibera in esame. Come ben esplicitato nella relazione illustrativa, la finalità dell’intervento di normazione secondaria in oggetto è quella di fornire agli uffici requirenti una disciplina di dettaglio, chiara e organica, attuativa dei principi espressi nella normativa primaria, in continuità con le direttrici già tracciate nelle risoluzioni del C.S.M. del 2007 e del 2009, con le quali il Consiglio, all’indomani della riforma che ha attribuito ai procuratori pieni poteri organizzativi, ha inteso, da un lato, ribadire il ruolo di garanzia dell’organo di autogoverno nell’attuazione dei principi di rango costituzionale concernenti l’azione e l’organizzazione degli uffici di procura; dall’altro, ha ritenuto di dover fornire ai procuratori della Repubblica alcuni parametri di riferimento funzionali ad una omogenea organizzazione dell’ufficio idonea ad assicurare il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale.
Un primo dato che ritengo utile sottolineare è che con la nuova circolare si abbandona la precedente metodica degli interventi consiliari sotto forma di mere “linee guida”, sub specie di risoluzione, spesso caratterizzate da difficoltà interpretative e per questo anche facilmente disomogenee in chiave ermeneutica, e si delinea, al contrario, un sistema di regole secondarie positive, certe, chiare, omogenee e uniformi che, prendendo le mosse da quelle prassi virtuose ( selezionate e archiviate dal Csm), che proprio i procuratori della Repubblica hanno, in passato, attuato e continuano ad attuare nei loro progetti organizzativi, muovono dall’autogoverno e sono indirizzate, con carattere di generalità ed astrattezza, a tutte le realtà locali degli uffici periferici di Procura di primo e secondo grado, e non di meno alla Procura generale della Cassazione.
L’attività di elaborazione dell’articolato ha incontrato un primo delicato snodo nella valutazione di compatibilità dell’intervento consiliare con le disposizioni di cui al d.lgs. 106 del 2006. In questo senso si è reso necessario preliminarmente valutare se l’intervento riformatore del 2006, che com’è noto ha proceduto all’abrogazione espressa dell’art. 7 ter del r.d. n. 12/41, avesse totalmente stravolto il sistema organizzativo delle Procure, strutturandolo in senso gerarchico e scindendolo completamente dal sistema di organizzazione degli uffici giudicanti.
Ebbene, muovendo dal principio dell’unicità della giurisdizione, il Consiglio ha ritenuto non condivisibile tale opzione ermeneutica, delineando con la nuova circolare un sistema distinto, ma parallelo rispetto all’organizzazione degli uffici giudicanti. Un sistema intriso di valori della giurisdizione che si pone in linea con le numerose disposizioni, spesso di fonte sovraordinata, contenute nell’ordinamento e che concorrono a disegnare il “modello costituzionale” della Procura della Repubblica.
Del resto, nell’ottica dei principi di efficacia e di effettività dell’azione penale non è ipotizzabile che le regole di funzionamento degli uffici giudicanti, interlocutori costanti delle Procure della Repubblica, non conformino, almeno in parte, anche quelle degli uffici requirenti.
E ciò a tacer del fatto che i canoni di razionalità, efficienza ed efficacia dell’azione giudiziaria unitariamente intesa obiettivamente impongono di considerare l’influenza delle previsioni tabellari degli uffici giudicanti sulle regole di funzionamento degli uffici requirenti, in ossequio ai principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, previsti dall’art. 111 Cost. Su questo crinale, diverse sono le disposizioni di circolare che, in linea con la scelta culturale di fondo operata dal CSM, risultano funzionali all’attuazione dei richiamati principi. Così, l’articolo 1, con previsione di carattere generale, sancisce il principio secondo cui tutte le disposizioni di circolare devono essere interpretate e applicate in conformità ai principi costituzionali riferibili alla materia dell’organizzazione degli uffici requirenti, alle previsioni di legge e alla normativa secondaria vigente in materia.
I successivi articoli 2 e 3 sono poi dedicati ai temi della titolarità e dell’organizzazione dell’ufficio requirente, della ragionevole durata del processo e dell’obbligatorietà dell’azione penale. In particolare, va rimarcato che l’articolo 2 fissa il fondamentale principio secondo cui l’organizzazione dell’ufficio deve essere, oltre che rispettosa delle norme sul giusto processo e sull’indipendenza dei magistrati dell’ufficio, funzionale al conseguimento degli obiettivi della ragionevole durata del processo e del corretto, puntuale e uniforme esercizio dell’azione penale, laddove nel successivo art. 3, per conseguente precipitato logico, vengono consacrate talune prescrizioni certamente funzionali proprio a garantire il principio costituzionale di cui all’art. 111 Cost.
In tal senso vanno correttamente lette: a) la previsione di una doverosa interlocuzione, tra gli altri, con i Presidenti dei Tribunali per gli apporti conoscitivi che da questi possono provenire in relazione alle pendenze dei procedimenti e agli esiti delle diverse tipologie di giudizio; b) il riconoscimento al Procuratore della Repubblica della facoltà di elaborare criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti, stabilendo un’interlocuzione con il Dirigente dell’ufficio giudicante e avvalendosi anche delle indicazioni condivise nella conferenza distrettuale dei dirigenti degli uffici requirenti e giudicanti.
Nella medesima direzione muovono poi gli artt. 7 e 18 della circolare, che nell’ottica del raccordo tra gli uffici dirimpettai, impongono un allineamento dei tempi di redazione e vigenza dei documenti organizzativi degli uffici requirenti e degli uffici giudicanti. La chiara finalità dell’allineamento previsto da tali disposizioni è quella di attuare e rafforzare il dialogo e la collaborazione fra uffici, a livello di determinazione dei rispettivi moduli organizzativi, costituendo i fattori di cooperazione presupposti fondamentali per assicurare efficienza e qualità della giurisdizione.
E sempre in ossequio all’idea di fondo dell’unicità della giurisdizione va apprezzato anche l’articolo 24 della circolare.
Esso, infatti, mediante la tecnica del rinvio, rimanda a tutta una serie di disposizioni contenute nella vigente Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti, rendendole applicabili, in quanto compatibili, anche agli uffici requirenti.
Del resto non appare contestabile che le disposizioni richiamate dall’art. 24 siano espressione di valori e di principi che appartengono alla giurisdizione tutta intera, al di là del riferimento al distinti “nomen’ di tabella piuttosto che di progetto organizzativo. Ciò che complessivamente si delinea per effetto delle menzionate previsioni di circolare è l’embrione di un’organizzazione unitaria conforme ai valori costituzionali, sia sul fronte degli uffici giudicanti, che sul fronte degli uffici requirenti.
Questa, del resto, per certi versi rappresentava una scelta obbligata a fronte del dibattito, soprattutto dottrinale, sviluppatosi successivamente all’approvazione del decreto legislativo 106 del 2006, che in alcuni suoi sviluppi ha persino ipotizzato che i principi costituzionali posti a fondamento dell’autonomia e indipendenza della magistratura requirente fossero stati, in qualche modo, stravolti o ridimensionati da un sistema normativo primario che sembrava andare verso un’organizzazione verticistica e gerarchica.
Il che permette di comprendere a pieno l’effettiva portata di una norma, il già citato art. 1 della circolare, all’apparenza pleonastica.
Essa, infatti, oltre ad avere una valenza esterna alla circolare sul fronte applicativo dei progetti organizzativi, assume un grande valore sul fronte interno, ermeneutico, interpretativo e applicativo da parte dell’autogoverno, decentrato e centrale.
Ciò in quanto, per effetto di quella disposizione, non solo si legittima un ruolo di verifica da parte dell’autogoverno, ma si chiarisce che il vaglio dei progetti organizzativi da parte dei Consigli giudiziari e del Consiglio Superiore deve avvenire sulla base di un “sistema integrato” che vede compenetrarsi in un “unicum” i principi costituzionali con quelli normativo-primari.
Tale ultima considerazione, peraltro, offre il destro per affrontare un ulteriore aspetto di problematicità, che pure si è posto in occasione dell’elaborazione della circolare e, segnatamente, quello della legittimità di un intervento consiliare in materia di organizzazione degli uffici requirenti così forte ed incisivo da configurarsi, secondo taluni, quasi sostitutivo del legislatore primario.
L’obiezione appare, almeno a chi scrive, destituita di fondamento.
Un’attenta lettura dell’articolato evidenzia che le regole adottate con questa circolare hanno una funzione integrativa, non sostitutiva, delle disposizioni di rango primario. Basti solo richiamare l’articolo 5, sulla funzione e sul ruolo del procuratore aggiunto, con il quale si definisce lo “statuto minimo” ma essenziale di una funzione fondata sul valore irrinunciabile della co-direzione dell’ufficio di Procura, fin qui delineata quasi “in bianco” ed in modo generico dalle norme di ordinamento giudiziario.
Si pensi non di meno alle disposizioni concernenti il rapporto tra avocazione e criteri di priorità, anche alla luce della più recente disciplina normativa, con la individuazione di criteri organizzativi idonei a rendere compatibili i due strumenti nell’ottica della efficacia della azione penale. Si pensi ancora alle regole di dettaglio in materia di assegnazione dei procedimenti secondo criteri predeterminati o in materia di perequazione dei procedimenti fondati sull’analisi dei flussi, che richiamano concetti propri degli uffici giudicanti.
Tali previsioni altro non rappresentano che la consacrazione delle regole e dei principi del giusto processo (art. 111 Cost.) e del buon andamento (art. 97 Cost.) dell’istituzione, quindi, della funzione requirente.
Dunque, non disposizioni sostitutive, ma regole di dettaglio attuative di principi cardine ai quali qualunque progetto organizzativo deve necessariamente fare riferimento.
Naturalmente non è possibile affermare che la circolare abbia definito nel dettaglio, risolvendole, tutte le potenziali patologie della vita di un ufficio di Procura. La stessa previsione di cui all’art. 7, dedicata specificamente al progetto organizzativo, ne definisce il contenuto minimo, imponendo al procuratore di regolamentare taluni istituti, rimettendo però alla sua valutazione discrezionale, in ossequio alle disposizioni di rango primario, il quomodo della regolamentazione.
Ritengo, tuttavia, che nel suo complesso il nuovo articolato, sia pure con margini di possibile miglioramento sul piano dell’esaustività, delinei un sistema omogeneo e uniforme al quale tutti gli uffici di Procura, d’ora in poi, dovranno e potranno agevolmente adeguarsi. Alcune considerazioni conclusive, infine, sul progetto organizzativo, che rappresenta il principale strumento operativo e organizzativo degli uffici di Procura.
Esso, com’è noto, si fonda sul principio costituito dalla titolarità esclusiva nell’esercizio dell’azione penale da parte del procuratore della Repubblica e, quindi, sulle prerogative riconosciute al dirigente dalla normativa primaria.
Il progetto organizzativo, dunque, è lo strumento cardine di espressione del potere discrezionale del Procuratore, che al pari, però, di ogni potere discrezionale soggiace al principio di elaborazione giurisprudenziale amministrativa “dell’autolimitazione”: una volta coniato dal titolare del potere organizzativo, ad esso dovrà conformarsi il medesimo Dirigente e l’intero Ufficio requirente, ciò che segna la linea di confine tra discrezionalità e arbitrio.
In altri termini, ferma la titolarità esclusiva del potere organizzativo in capo al Procuratore della Repubblica, una volta esercitato il potere il Dirigente deve essere custode e garante del rispetto delle regole da lui stesso fissate nel progetto organizzativo. Le considerazioni appena svolte, unitamente a quelle già sviluppate in punto di verifica dei progetti organizzativi, rappresentano, a ben vedere, la logica sottesa alle previsioni di cui agli artt. 8 e 9 della Circolare, dedicati, rispettivamente, al procedimento di formazione e controllo del progetto organizzativo e delle relative variazioni e ai provvedimenti attuativi.
Con tali previsioni, infatti, si procedimentalizza l’iter di adozione del progetto organizzativo e dei relativi provvedimenti attuativi, secondo forme trasparenti e funzionali a garantire il confronto interno all’ufficio, nonché a valorizzare gli apporti che l’autogoverno può fornire, anche per il tramite delle sue articolazioni territoriali.
Esse rappresentano il segno più tangibile del cambiamento in quanto restituiscono all’autogoverno centrale e decentrato poteri istruttori e di verifica sui progetti organizzativi. Si abbandona, dunque, il vecchio schema trasmissione - presa d’atto e si restituisce centralità, in sede di vaglio critico, all’autogoverno.
In tal senso vanno intese sia la previsione di cui al comma 4 dell’art. 8, che attribuisce al Consiglio Giudiziario poteri istruttori e la competenza ad esprimere uno specifico parere sul progetto, sia quelle di cui ai commi 5 e 6 della medesima disposizione, che consentono alla competente commissione referente del C.S.M. di richiedere chiarimenti al Procuratore della Repubblica nonché al Plenum, in sede di presa d’atto del progetto, di inviare al Procuratore della Repubblica eventuali osservazioni e specifici rilievi.
Per onestà intellettuale non posso sottacere che, nell’ottica del rafforzamento del ruolo consiliare, sarebbe stato a mio avviso più coerente con il delineato sistema di valutazione integrata dei principi normativi primari e costituzionali configurare, quale esito del procedimento di verifica, un giudizio finale di “conformità” o “non conformità” a questo sistema integrato di norme.
Nondimeno, ritengo che la modifica introdotta sia comunque idonea a determinare quell’effetto virtuoso che è il recupero del controllo in capo all’autogoverno decentrato e centrale sui progetti organizzativi degli uffici requirenti, riavvicinando anzi parificando finalmente di nuovo, nell’ottica dell’irrinunciabile principio dell’unicità della giurisdizione, gli uffici requirenti agli uffici giudicanti.

 
 
 
 
 
 

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