ultimo aggiornamento
mercoledì, 27 marzo 2024 1:01

PENALE

TRUFFA ON LINE: LA DISTANZA FISICA CONFIGURA SEMPRE L’AGGRAVANTE DELLA MINORATA DIFESA? LA PARTICOLARE IPOTESI DEL SITO “E-BAY”

  Penale 
 sabato, 17 dicembre 2016

Print Friendly and PDF

Veronica Rizzaro

 
 

 

Sommario: 1) Premessa – 2) L’evoluzione giurisprudenziale in tema di truffa “on line” - 3) L’aggravante della minorata difesa: la circostanza di luogo; 4) La (non) configurabilità della minorata difesa nei sistemi di informazione virtuale: il caso del sito “e-bay”

 

1)      {C}Premessa

Le moderne tecnologie e i sempre più innovativi sistemi di comunicazione e di scambio di beni e servizi hanno imposto un costante adeguamento delle disposizioni normative al nuovo assetto sociale. Tutto questo ha interessato, in particolare, il delitto di truffa.

E’ nota, infatti, la crescita di crimini perpetrati attraverso la rete con modalità che si sostanziano nel promuovere la vendita di beni, incassando il denaro e non consegnando l’oggetto della controprestazione, con evidente danno in capo agli acquirenti. L’intero iter criminis, peraltro, si svolge, di norma, senza alcun contatto diretto o di persona tra i soggetti coinvolti.

Tale profilo è stato oggetto di specifica attenzione nella recentissima pronuncia della Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 43705 del 29 settembre 2016, ha ritenuto applicabile l’aggravante della c.d. minorata difesa nel caso di una vendita “on line” in cui il soggetto agente, dopo aver inserito, su noti e specializzati portali internet, diversi annunci di vendita di telefoni cellulari e di personal computer, aveva perfezionato tale vendita incassando somme di denaro che gli erano state versate su conti correnti o accreditate su carte prepagate da soggetti cui, poi, non erano stati consegnati i beni oggetto della vendita. Secondo la Suprema Corte, tale condotta avrebbe posto in essere una truffa aggravata dall’aver profittato della circostanza di luogo incidente sulla difesa privata della vittima, posto che “proprio la distanza tra il luogo di commissione del reato, ove l’agente si trova ed il luogo ove si trova l’acquirente del prodotto on line – che ne abbia pagato anticipatamente il prezzo, secondo quella che rappresenta la prassi di simili transazioni – è l’elemento che consente all’autore della truffa di porsi in una posizione di maggior favore rispetto alla vittima, di schermare la sua identità, di fuggire comodamente, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente; tutti vantaggi che non potrebbe sfruttare a suo favore, con altrettanta comodità, se la vendita avvenisse de visu”.

Questi profili consentirebbero, dunque, di ravvisare quel quid pluris che determinerebbe, secondo il Supremo consesso, il passaggio dalla fattispecie base della truffa a quella di delitto circostanziato.

 

 

 

2)      {C}L’evoluzione giurisprudenziale in tema di truffa “on line

 

La citata sentenza della Cassazione n. 43705 del 2016 sembra inserirsi nel solco di una recente tendenza giurisprudenziale volta ad una diversa considerazione della distanza tra i soggetti, garantita da internet, quale presupposto per la configurazione dell’aggravante in esame.

 

E’, infatti, del 19 luglio 2016 la sentenza n. 43660, sempre della Seconda Sezione penale della Suprema Corte, che nell’annullare con rinvio al Tribunale di merito per verificare la sussistenza della disposizione di cui all’art. 61 n. 5 c.p. rispetto ad un caso di vendita tramite un sito web di due computer, ha ritenuto fondato il principio per cui nelle truffe “on line” l’aggravante della minorata difesa risulterebbe sussistente per il fatto che la persona offesa non si trova nello stesso luogo del venditore e, pertanto, non può valutare se il bene esiste o meno.

 

Meritevole di considerazione è, altresì, una pronuncia del Tribunale di Campobasso[1] con la quale si è ritenuto sussistente il delitto di truffa aggravata dalla minorata difesa nel caso di un soggetto che, con false generalità, dopo aver intrapreso una relazione di amicizia tramite chat internet, si era fatto versare su una carta di credito, intestata ad un complice, somme di denaro adducendo gravi difficoltà economiche, senza porre in essere alcun contatto diretto (neanche attraverso telefonate) con la vittima, con cui aveva proceduto soltanto allo scambio di alcune immagini fotografiche.

 

Le pronunce in commento si pongono, tuttavia, in termini innovativi rispetto a precedenti arresti espressi dalla giurisprudenza di legittimità e dalle corti di merito. In termini contrari, infatti, con la sentenza del 17 febbraio 2015, n. 10136, la Cassazione Penale ha ritenuto sussistente il delitto di truffa semplice nella condotta del ricorrente che, dopo essersi accreditato sul sito internet “ebay.it” ed aver messo in vendita un bene, aveva riscosso il prezzo senza consegnare il bene all’acquirente, provvedendo successivamente a cancellare il proprio “account” dal predetto sito[2]. E ancora, può segnalarsi la pronuncia del Tribunale di Trento che, con sentenza del 20 aprile 2015, ha inequivocabilmente affermato che “ integra l’ipotesi delittuosa del reato di truffa di cui all’art. 640 c.p. la contrattazione che avvenga tramite internet intesa al godimento o alla vendita di determinati beni senza alcuna intenzione di consegnarli”.

 

Il rilevato contrasto giurisprudenziale induce a considerare, allora, se, in taluni casi, non siano ravvisabili dei sistemi che, ancorché garantiscano e mantengano la distanza fisica tra i soggetti, possano, comunque, non minare la privata difesa della persona offesa.

 

 

 

3)      {C}L’aggravante della minorata difesa: la circostanza di luogo

Prima di affrontare compiutamente l’indicata tematica, sembra opportuno svolgere una analisi, ancorché breve e mirata al profilo del “luogo”, sull’aggravante della minorata difesa, muovendo dalla innovazione normativa che nel 2009 ha indotto il legislatore ad includere la disposizione dell’art. 61 n. 5 c.p. nel novero delle circostanze speciali del delitto di truffa che, come noto, comportano il passaggio dalla procedibilità a querela a quella d’ufficio, oltre alla possibile applicazione delle misure cautelari e ad un notevole incremento di pena.

Obiettivo primario della modifica sembra essere stato quello di garantire un rafforzamento della tutela dei “soggetti deboli”{C}[3]{C} contro forme peculiari di perpetrazione della condotta in cui venga minata - ancorché, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità{C}[4], non del tutto impedita - la privata difesa della vittima. Non a caso, la stessa disposizione dell’art. 61 n. 5 è stata arricchita dell’inciso “anche in riferimento all’età”.

Tuttavia, il mero richiamo del comma secondo n. 2 bis dell’art. 640 c.p. all’aggravante de qua non ha determinato alcuna specifica conseguenza di natura pratica. E’ necessario, pertanto, riferirsi agli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità per poter comprendere cosa si intenda per “profittare di circostanza di luogo tale da ostacolare la pubblica o la privata difesa”.

E’ ormai consolidato l’orientamento che ritiene l’aggravante della c.d. minorata difesa una circostanza oggettiva afferente alla modalità della condotta. Più in particolare, si afferma che la stessa ricorra per la sola sussistenza di condizioni utili atte a facilitare il compimento dell’azione criminosa, anche se maturate occasionalmente o indipendentemente dall’azione del reo{C}[5]{C}. In detto contesto interpretativo, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto sussistente tale ipotesi nel caso di reato commesso in luogo isolato o abbandonato ovvero nel caso di tentativo di furto commesso in ore notturne in luogo privo di illuminazione{C}[6].

E’ necessario, cioè, che l’azione venga commessa in una particolare condizione che agevoli, ricorrendone i criteri di imputazione soggettiva relativi alla conoscibilità di cui all’art. 59, comma 2, c.p., la realizzazione del reato.

Appare, pertanto, evidente la natura innovativa della citata pronuncia della Seconda Sezione n. 43705 del 2016 che, tuttavia, sembra sollecitare specifiche problematiche inerenti alla distinzione tra la fattispecie base e quella circostanziata del delitto di truffa. Più in particolare, non si ritiene errato domandarsi se ogni utilizzo di internet sia in grado di garantire una maggiore agevolazione della condotta criminosa atta ad incidere sulla difesa del soggetto passivo del reato o se, come si evince dalla stessa ricostruzione del fatto relativo all’arresto in questione[7], non si tratti in alcuni casi di ipotesi di truffa semplice.

 

4) {C}La (non) configurabilità della minorata difesa nei sistemi di informazione virtuale: il caso del sito “e-bay”

La pronuncia della Suprema Corte oggetto di esame pone l’accento sulla opportunità di considerare il web quale luogo atto ad incidere normalmente sulla privata difesa del soggetto, aprendo, però, ad uno scenario non scevro di importanti riflessioni in ordine agli strumenti giuridici di tutela che la giurisprudenza individua in favore degli utenti.

Il vero punctum dolens della questione è, allora, quello di cercare di comprendere se la truffa “on line”, per il solo fatto di garantire la mancanza di qualsiasi contatto diretto o de visu tra i soggetti, sia caratterizzata da un’oggettiva agevolazione di cui il soggetto debba aver profittato, sussistendo la prevedibilità, ovvero se, in taluni casi, si tratti di una modalità ordinaria di integrazione del delitto di truffa.

E’ importante prendere in considerazione i diversi contesti in cui si sviluppano le compravendite “on line”, tenendo, altresì, conto che detto luogo o “non luogo” fisico{C}[8] è ormai diventato un mercato in cui lo scambio di beni e servizi è diffuso e utilizzato da una moltitudine infinta di soggetti.

Particolarmente interessante, a tali fini, è il caso del sito “e-bay”, trattandosi di uno dei siti di maggiore utilizzo per lo scambio di beni.

In esso l’utente venditore, previa registrazione[9]{C} propone in vendita beni o attraverso il sistema del “compra subito” o attraverso quello dell’asta. Al contrario, l’utente acquirente, sempre previa registrazione{C}[10]{C}, formula la sua offerta in ipotesi di asta ovvero richiede l’acquisto del bene qualora lo stesso sia a prezzo fisso e ve ne sia la disponibilità. Una volta raggiunto l’accordo, manifestato attraverso lo schiacciamento del tasto virtuale che corrisponde alla manifestazione del consenso, si procede al pagamento mediante bonifico o accredito su carta prepagata e, solo in conseguenza di ciò, il venditore provvede alla spedizione. Appare evidente, pertanto, da tale breve ricostruzione, come un qualsiasi soggetto agente che intenda perpetrare una truffa a danno dell’acquirente, possa inserire dati falsi e procedere ad una finta vendita alterando la realtà e creando, attraverso foto, un erroneo convincimento nell’interlocutore virtuale. In tali casi, i due o più soggetti che interagiscono tra loro non hanno mai un contatto diretto. Ciò può far supporre che l’agente abbia profittato di tale peculiare modalità operativa per ottenere una maggiore agevolazione nella realizzazione del delitto.

Tuttavia, siti come quello “e-bay” hanno adottato un sistema di informazione che consente all’utente di formare un proprio libero convincimento in ordine all’affidamento del venditore virtuale. Più in particolare, accedendo all’offerta, è sempre possibile acquisire notizie in ordine al luogo in cui si trova il bene e, aspetto ancor più di rilievo, alle valutazioni di coloro che hanno già avuto contatti con il venditore virtuale per aver effettuato precedenti acquisti da costui.

Si potrebbe ipotizzare che un truffatore avveduto abbia predisposto anche questo sistema di alterazione della realtà virtuale, inserendo false informazioni o chiedendo a soggetti terzi di “postare” commenti favorevoli. Tuttavia, è opportuno considerare come le informazioni virtuali siano, nella maggior parte dei casi, in numero particolarmente elevato, sicché sembra poco probabile ritenere che un soggetto possa riuscire effettivamente ad alterare eventuali commenti negativi, essendo, peraltro, impossibile impedire a qualsiasi utente di rendere nota la propria esperienza.

E’ a questo punto possibile formulare una serie di dubbi in ordine alla effettiva diminuzione, in dette ipotesi, della privata difesa dell’acquirente medio. Infatti, casi come quello considerato inducono quantomeno a considerare che, ancorché tra i soggetti manchi durante tutta la contrattazione un contatto diretto, possano sussistere “luoghi virtuali”, corrispondenti ai siti, in cui la presenza degli altri utenti riduce di fatto la possibilità di minare la privata difesa dell’utente.

Certamente se, da un lato, il web offre ai truffatori un luogo in cui poter perpetrare l’azione delittuosa mantenendo, senza dubbio più agevolmente, celata la reale identità, dall’altro lato è confortante osservare come si vadano sempre più diffondendosi sistemi atti a garantire la posizione delle persone offese. Si pensi, ad esempio, al metodo di pagamento PayPal che consente il rimborso di una parte della somma in caso di mancata consegna del bene o, ancor di più, ai già citati indici di affidabilità predisposti da taluni siti.

In ragione di ciò, e considerando l’utente medio, si può ritenere che, in simili casi, non ci sarà una incidenza sulla privata difesa per circostanza di luogo. Al più, in relazione alle contingenze del caso concreto e ipotizzando che, a fronte di una offerta su detti siti, il venditore intrattenga successivamente uno scambio di e-mail con l’utente, potranno rilevare le caratteristiche personali della persona offesa, le quali sole potranno determinare l’applicazione della disposizione di cui all’art. 61 n. 5 c.p. Ciò avverrà, però, unicamente in relazione al diverso profilo dello status soggettivo della vittima, quale, ad esempio determinato dalla sua età{C}[11].

Tali considerazioni appaiono, peraltro, in linea con quanto affermato da costante giurisprudenza di legittimità in punto di accertamento in concreto della anzidetta circostanza, laddove è stato ritenuto che “ la valutazione della sussistenza dell’aggravante della minorata difesa va operata dal giudice, caso per caso, valorizzando situazioni che di fatto hanno ridotto o comunque ostacolato, cioè reso più difficile, la difesa del soggetto passivo[12]. Un esame scrupoloso sembra, inoltre, necessario in considerazione delle più gravi conseguenze che il passaggio dalla fattispecie base a quella aggravata importano per il reo.

In conclusione, appare evidente come non possa disconoscersi che nella maggior parte dei casi il ricorso al web agevoli la realizzazione del delitto di truffa che, garantendo una distanza tra i soggetti e impedendo il controllo sulla effettiva esistenza dei beni, di fatto si sostanzia in una modalità che mina e fa diminuire la privata difesa della vittima, determinando un aggravamento del delitto di truffa. Tuttavia, sarà pur sempre necessaria l’effettuazione di una valutazione caso per caso, tanto più specifica laddove rilevino sistemi di protezione adottati dai siti web più accreditati e garantiti quali strumenti che, sebbene non possono impedire la perpetrazione del delitto di truffa, di fatto ne possono ostacolare la realizzazione in taluni casi.

 


{C}[1] Si tratta in particolare di Trib. Campobasso, 12 luglio 2016, n. 580

{C}[2]{C} Cass. Pen., 17 febbraio 2015, n. 10136, CED Cass 2015, rv 262801. Nella specie, la Suprema Corte ha affermato che “in tema di truffa contrattuale, il mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto, rispetto a quelle inizialmente concordate con l’altra parte, unito a condotte artificiose idonee a generare un danno con correlativo ingiusto profitto, integra l’elemento degli artifici e raggiri richiesti per la sussistenza del reato di cui all’art. 640 c.p.”. In senso conforme, in Cass. Pen., Sez. II, 20 aprile 2016, n. 16363 e Cass. Pen., Sez. II, 21 novembre 2016, n.49321 è stata ribadita tale impostazione con riferimento al caso di numerose vendite all'asta sul sito e-commerce “e-bay” di una serie di prodotti che non sono stati mai ricevuti dagli acquirenti e al cui mancato invio non ha fatto seguito il rimborso della spesa.

{C}[3]{C} Cfr. R. Bricchetti e L. Pistorelli, Per la tutela dei soggetti deboli vittime di reato misure <<chirurgiche>> prive di ispirazione unitaria, in Guida dir., 2009, fasc.33, 24

{C}[4]{C} In tal senso Cass. Pen., Sez. V, 02 febbraio 2010 n. 8819, CED Cass. 2010, rv 246160, che, nel non ritenere sussistente l’aggravante della minorata difesa nel caso in cui il soggetto agente abbia agito di notte quando gli uffici erano chiusi, ha ribadito il principio secondo cui “la pubblica o privata difesa, ancorché non resa impossibile, deve essere concretamente ostacolata”.

{C}[5]{C} Cfr. Cass. Pen., Sez. I, 02 dicembre 2010, n. 712 , CED Cass. 2011, rv 249422; Cass. Pen., Sez. I, 24 novembre 2010, n. 1319, CED Cass. 2011, rv 249420; Cass. Pen. Sez. II, 8 luglio 2004, n. 44624, in Cass. Pen. 2006, 4, 1459.

{C}[6]{C} Cass. Pen., Sez. V, 11 marzo 2011, n. 19615, CED Cass. 2011, rv 250183

{C}[7]{C} La vicenda giudiziaria relativa alla sentenza n. 43705 del 2016 ha visto il Tribunale di merito porsi in posizione contraria rispetto alla successiva pronuncia della Seconda Sezione della Corte di Cassazione. Più in particolare, il giudice di prime cure aveva affermato l’insussistenza della circostanza aggravante dal momento che la condotta del soggetto agente, in ragione delle peculiarità proprie della vendita “on-line”, integrava i soli artifici e raggiri del reato di truffa, senza che fossero ravvisabili altri elementi ulteriori, esterni alla struttura di reato, integranti la suddetta circostanza della minorata difesa.

{C}[8]{C} Cfr. in tal senso Cass. Pen., Sez. Un., 26 marzo 2015, n. 17325 in Cass. Pen., 2015, 3501

{C}[9]{C} Per l’utente venditore la registrazione al sito “e-bay” comprende nome e cognome, indirizzo e-mail, domicilio o, elemento eventuale, contatto Facebook.

{C}[10]{C} Per l’utente acquirente la registrazione impone di dichiarare: nome e cognome, indirizzo e-mail, luogo di residenza o domicilio ai fini della spedizione.

{C}[11]{C} Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato la necessità che il reo abbia consapevolezza dello stato di debolezza e di ciò abbia approfittato. In tal senso Cass. Pen., Sez. II, 07 gennaio 2015, n. 13933 ha affermato che “le circostanze di persona che, ai sensi dell’art. 61, comma 1, n. 5, c.p., aggravano il reato quando l’agente ne approfitti, possono consistere in uno stato di debolezza fisica o psichica in cui la vittima del reato si trovi per qualsiasi motivo; esse devono risultare favorevoli all’agente, ovvero essere da lui conosciute, nonché tali da ostacolare, in relazione alla situazione fattuale concretamente esistente, la reazione dell’Autorità pubblica o dei privati parti lese, agevolando in concreto la commissione del reato, in quanto determinanti uno stato di minorata difesa della vittima tale da facilitare l’impresa delittuosa”, in Rivista Italiana di Medicina Legale ( e del Diritto in campo sanitario) 2015, 3, 1214 con nota di B. Venturato; in senso conforme Cass. Pen., Sez. IV, 15 dicembre 2015, n. 49360, in Diritto e Giustizia, fasc. 46, 2015, pag. 22 con nota di S. Gentile

{C}[12]{C} In tal senso Cass. Pen., Sez. II, 07 ottobre 2014, n. 43128, CED Cass. 2014, rv 260530. In senso conforme: Cass. Pen., Sez. II, 14 febbraio 2013, n. 6608, CED Cass. 2014, rv 258337 ; Cass. Pen., Sez. I, 10 luglio 2013, n. 40293, CED Cass. 2013, rv 257248

 

 
 
 
 
 
 

© 2009 - 2024 Associazione Magistratura Indipendente
C.F.: 97076130588
Via Milazzo, 22 - CAP 00165 - Roma, Italia
segreteria@magistraturaindipendente.it

 
 

Magistratura Indipendente utilizza cookies tecnici e di profilazione. Alcuni cookies essenziali potrebbero già essere attivi. Leggi come poter gestire i ns. cookies: Privacy Policy.
Clicca il pulsante per accettare i ns. cookies. Continuando la navigazione del sito, acconsenti all'utilizzo dei cookies essenziali.