Ripartiamo dalla sentenza del caso Ruby per riformare la giustizia. È l'appello di Angelo Piraino, leader della corrente di Magistratura indipendente, che rappresenta la maggioranza delle toghe.
Che ne pensa della sentenza che ha assolto Silvio Berlusconi dalle accuse di corruzione?
«Non entro nel merito di un procedimento in corso, né di una sentenza della quale non ci sono ancora le motivazioni».
Però?
«Spero solo che ci si possa mettere alle spalle un'epoca tormentata da tensioni tra politica e magistratura, per ricostruire un percorso fondato sulla fiducia reciproca. C'è molto lavoro da fare su questa strada, perché ancora oggi è sufficiente che un processo coinvolga un esponente politico, o anche solo un suo parente, perché si accusi la magistratura di essere politicizzata».
Che lezione possiamo trarre da questa vicenda?
«Questa vicenda, come tante altre, ci insegna che bisogna attendere le sentenze, invece di basare le proprie valutazioni sulle inchieste. Il processo è un cammino faticoso, che ha come meta l'accertamento di fatti e il loro inquadramento nelle giuste norme, e in questo a me pare che il sistema giudiziario dia buona prova di sé».
Sì, ma 11 anni
«Il problema è che questo cammino, oltre ad essere faticoso, richiede del tempo, più di quanto la politica sia disposta ad attendere. Allora, forse, la politica dovrebbe recuperare la capacità di formulare da sé le sue valutazioni, senza dipendere dagli esiti dei processi».
La riforma della giustizia dovrebbe servire anche a questo, no? Sul tavolo ci sono i due Csm di cui si parla da tempo, la separazione delle carriere... Sono misure che possono funzionare?
«Noi siamo disponibili a ragionare sulle possibili riforme, ma mi hanno insegnato che se si vuole andare avanti non si deve rivolgere lo sguardo alle proprie spalle, perché si cade: occorre avere chiari i problemi che si vogliono risolvere e gli obiettivi che si vogliono perseguire, perché c'è un concreto rischio che, senza una corretta analisi alla base, i problemi vengano solo acuiti».