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martedì, 16 luglio 2024 10:38

Elezioni CSM 2022 - I CANDIDATI DI MAGISTRATURA INDIPENDENTE

 lunedì, 11 luglio 2022

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Sommario

1. - Il CSM che vogliamo

2. - Standard di produttività e risultati attesi 

3. - T.U. della dirigenza

4. - I Consigli giudiziari nel governo autonomo della magistratura  

5. - Il benessere organizzativo

6. - Incarichi extragiudiziari e didattici: oltre la “cultura del sospetto”  

7. - Art. 2 trasferimenti di ufficio

8. - I MOT: il nostro futuro. Il valore della formazione  


1. - Il CSM che vogliamo

Il CSM che vogliamo è Organo consapevole delle proprie prerogative costituzionali, al servizio della giurisdizione e dei cittadini, baluardo dell'indipendenza e autonomia della magistratura, luogo di confronto tra le diverse componenti culturali e di pensiero.

Il CSM che vogliamo mette al centro della scena il magistrato e la sua professionalità, tracciando la propria attività secondo criteri leggibili e trasparenti così che la prevedibilità delle sue decisioni sia l’obiettivo primario di tutta l’azione dell’autogoverno.

Il nuovo CSM dovrà attentamente vigilare sulla corretta attuazione della riforma Cartabia, affinché non si trasformi in un pericoloso regime punitivo e peggiorativo dello status dei magistrati.

Il nuovo CSM dovrà recuperare la sua autorevolezza e la dignità della sua alta funzione attraverso la condivisione delle decisioni, la ragionevolezza delle scelte e il rispetto uniforme delle regole.

Il nuovo CSM dovrà avere come tema centrale l’indipendenza interna dei magistrati, e dovrà perseguire e promuovere l'indipendente esercizio della giurisdizione affinché ogni magistrato sia valutato per la qualità dei propri provvedimenti, per la sua diligenza e laboriosità, per le sue capacità organizzative e non per le sue appartenenze.

Vogliamo un modello di Consigliere profondamente e idealmente impegnato nel riscattare e ridare credibilità a tutta la magistratura italiana, calato nella realtà giudiziaria, che interpreti il suo alto ruolo istituzionale al servizio di TUTTI, senza alcuna distinzione.

 È questo il lavoro che faticosamente i nostri attuali consiglieri hanno finora compiuto e sono queste le orme sulle quali intendiamo procedere

Sarà nostro compito, qualora eletti, rendere il CSM una casa di vetro implementando la comunicazione tra il Consiglio e l’esterno.

Abbiamo il preciso dovere di rendere conto a tutti del come del quando e del perché delle nostre decisioni.

Trasparenza, tempistica e leggibilità degli atti e dei provvedimenti consiliari sono lo snodo del cambiamento culturale che consentirà di accorciare le distanze tra il consiglio i magistrati e la società civile.

Care amiche e amici, è in questa prospettiva che rimettiamo a Voi alcune soluzioni che, senza alcuna pretesa di esaustività, possono essere un punto di partenza per migliorare insieme il governo autonomo della magistratura.

2. - Standard di produttività e risultati attesi

In un ormai terribilmente lungo periodo storico in cui ogni disfunzione della “macchina giustizia” viene scaricata sulla magistratura e in cui viene a più riprese proposta una responsabilità diretta del magistrato, appare indefettibile coniugare qualità e quantità della risposta giudiziaria e ancorare ad un riferimento quantitativo certo e predeterminabile il confine tra responsabilità del singolo magistrato, del direttivo e della politica.

Da questa riflessione Magistratura Indipendente ha sempre - spesso in solitudine - posto la necessità della individuazione dei carichi esigibili, ovvero di una soglia di provvedimenti, oltrepassata la quale il magistrato non è in grado di garantire la qualità del prodotto del suo lavoro, e che rappresenti, quindi, la soglia di sicurezza per il singolo magistrato. Purtroppo, l’occasione offerta dall’art. 11, comma 2, lett. b) e comma 3 del d.lgs. 98/2011 (che introduceva gli standard medi di definizione) anziché indurre ad una rapida determinazione nell’interesse di tutti i colleghi, ha portato ad opposizioni strumentali di altre componenti culturali della magistratura, che inneggiavano ad algoritmi capaci di determinare numeri in relazione alle mille diversità tra Uffici e Funzioni e tanto artificiosi da essere risultati inapplicabili.

Le recenti riforme, così come originariamente ideate dal Governo, sembravano aver compromesso la realizzazione di questa necessità, con l’introduzione dei cosiddetti “risultati attesi” ovvero la prestazione minima richiesta la cui determinazione sembra rimessa alla esclusiva discrezionalità del Capo dell’Ufficio, ma i carichi esigibili sono stati, invece fortunatamente reintrodotti grazie alle modifiche parlamentari del testo governativo.

Il testo vigente, pur dando ai capi degli uffici, nell’ottica di una gerarchizzazione spinta, il potere di decidere i “risultati attesi”, ha chiarito che tale potere deve essere esercitato “comunque, nei limiti dei carichi esigibili di lavoro individuati dai competenti organi di autogoverno” (art. 37 D.L. n. 98/2011 come modificato).

La legge ha finalmente chiarito ciò che noi, come gruppo associativo, abbiamo sempre affermato: la natura di limite massimo del concetto di carico esigibile. Occorre finalmente distinguere chiaramente i concetti di “standard medio” e di “carico esigibile”: il primo rappresenta una media utile per la valutazione della laboriosità, mentre il secondo è un limite, un livello di guardia, oltrepassato il quale viene messa a rischio la stessa attività giudiziaria.

Noi ci impegniamo a contrastare il pericolo (in una distorta ottica manageriale) dell’aumento esponenziale del potere gerarchico dei Capi Ufficio, quando non addirittura la arbitrarietà o peggio la strumentalità nei confronti del singolo collega o della singola sezione “non gradite”.  Responsabilità del prossimo CSM sarà di dare contenuto a questa previsione colmando la assenza di parametri oggettivi predeterminati e validi per tutti gli Uffici e prevedendo la determinazione di carichi esigibili uguali per tutto il territorio nazionale, adeguati alle diverse dimensioni dei singoli uffici, e una individualizzazione del risultato atteso solo in presenza di condizioni di fragilità del magistrato e solo con contenuti e pretese più favorevoli rispetto alle richieste generali predisposte

3. - T.U. della dirigenza

Siamo convinti che occorra combattere l’opinione, ma anche solo il sospetto, che gli incarichi direttivi e semidirettivi siano appannaggio di una cerchia ristretta di colleghi, in vario modo collegati ai gruppi associativi. Tuttavia, la strada da intraprendere non è certo della introduzione di criteri di rotazione, soluzione quantomeno bizzarra, contraria ad ogni logica di efficienza.

Se è vero che è necessario assicurare una maggiore prevedibilità delle decisioni consiliari mediante una riduzione degli spazi di discrezionalità valutativa (come peraltro confermato dalle recenti pronunce della giurisdizione amministrativa) ciò, a nostro parere, non può prescindere dalla valorizzazione della professionalità e delle esperienze acquisite, nonché da qualsivoglia valutazione in ordine all’attitudine ed alle capacità organizzative del singolo magistrato.

Il ruolo dei semidirettivi - che la riforma dell’O.G. intende ridurre di numero con un effetto assolutamente negativo di ulteriore gerarchizzazione - è diventato sempre più centrale nell’ambito dell’organizzazione degli uffici giudiziari (soprattutto quelli di grandi dimensioni) e rappresenta un elemento fondamentale per garantirne l’efficienza e la funzionalità. Non tener conto di ciò costituisce un grave errore prospettico, con il rischio che l’effetto pratico delle soluzioni proposte sia più dannoso delle criticità che si vogliono risolvere.

Non è auspicabile abbandonare tout court la valutazione basata sul merito e sulle capacità attitudinali, ma appare certamente opportuno riconsiderare i criteri di nomina al fine di renderli più oggettivi e conoscibili ex ante.

L’obiettivo di una riduzione del margine di discrezionalità può essere raggiunto attraverso le seguenti concrete proposte, peraltro facilmente e rapidamente realizzabili:

  • attribuire punteggi specifici a ciascuno dei vari indicatori (sia generali che specifici) già presi in considerazione dal Testo Unico sulla Dirigenza, al fine di evitare che il medesimo indicatore possa essere valutato (a seconda dei casi e delle convenienze) in maniera diversa;
  • introdurre sistemi più rigorosi di valutazione dei titoli, prevedendo che i punteggi vengano attribuiti non per il semplice fatto di aver ricoperto un determinato incarico, bensì sulla base delle modalità con cui l’incarico è stato svolto, degli obiettivi raggiunti e dei concreti risultati conseguiti;
  • reintrodurre le cd. “fasce di anzianità”,  criterio funzionale attribuibile oggettivamente (in relazione sia al numero di anni di svolgimento delle funzioni giurisdizionali che allo svolgimento di funzioni omologhe rispetto a quelle del posto a concorso), ricomprese in un intervallo tra i cinque e i dieci anni;
  • elevare l’anzianità di servizio necessaria alla partecipazione al concorso per il singolo incarico, valorizzando in tal modo l’esperienza acquisita e il bagaglio professionale sufficiente per la direzione di un ufficio
  • ridurre a 3 anni il periodo massimo di durata dell’incarico semidirettivo, rinnovabile per ulteriori 3 anni, così da evitare la dispersione dell’esperienza professionale e gestionale acquisita e consentire, al tempo stesso, un ampliamento del novero degli aspiranti alle nomine;
  • effettuare una valutazione in sede di conferma dell’incarico semidirettivo basata sulle concrete modalità di svolgimento dell’incarico e sui risultati raggiunti, attraverso una analisi accurata quanto quella sottesa alla attribuzione dell’incarico;
  • prevedere criteri più rigidi per la procedura di conferma dei direttivi e semidirettivi, introducendo fonti di conoscenza procedimentalizzate come la consultazione dei magistrati dell’ufficio, con rilevazioni standardizzate tenendo conto delle dimensioni e caratteristiche degli uffici,  nella direzione segnata dalla riforma in corso.

4. - I Consigli giudiziari nel governo autonomo della magistratura

Sulle valutazioni di professionalità dei magistrati si agitano le rivendicazioni dei rappresentanti dell’Avvocatura che chiedono una partecipazione più penetrante nel procedimento di delibera dei relativi pareri e che ha trovato un parziale riconoscimento nella recente riforma, con l’introduzione della “facoltà per i componenti avvocati e professori universitari di partecipare alle discussioni e di assistere alle deliberazioni relative all'esercizio delle competenze del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari” in sede di valutazione di professionalità dei magistrati e l’attribuzione “alla componente degli avvocati della facoltà di esprimere un voto unitario”, laddove il consiglio dell’ordine abbia formulato segnalazioni ai sensi dell’art. 11, comma 4, lett. f) D.L.vo 160/2006 sul magistrato in valutazione.

Tale nuova impostazione sulla partecipazione della componente non togata, quale fonte di conoscenza utile al fine della valutazione di professionalità, trova “sponda” in quella componente culturale della magistratura che, sempre nella ricerca di nuove e diverse fonti di conoscenza (e non fidandosi di quelle attuali), ha voluto attribuire alla componente laica, in alcuni consigli giudiziari il cd. “diritto di tribuna” (diritto alla partecipazione alle discussioni senza diritto di voto), attraverso modifiche del relativo regolamento.

Magistratura Indipendente è sempre stata contraria (differentemente da altre “sensibilità” che manifestano convinzioni a corrente alternata, sottolineando contrarietà soprattutto in occasione delle competizioni elettorali) alla partecipazione degli avvocati alle valutazioni di professionalità dei magistrati  per i motivi pur sottolineati nella stessa relazione al progetto di modifica, ovvero al fine di evitare “il rischio che la partecipazione di un avvocato al Consiglio giudiziario possa interferire nel rapporto con il magistrato in valutazione, con il rischio di compromissione anche della necessaria esigenza di equidistanza del giudice da ognuna delle parti in causa, atteso che la parte che si vedesse contrapposta ad un avvocato membro del consiglio giudiziario potrebbe ritenere il magistrato in valutazione non sereno nell'esercizio della propria attività”. In definitiva, occorre impedire qualsiasi rischio di condizionamenti esterni del singolo magistrato e rendere l’organo di governo autonomo, che deve deliberare, del tutto impermeabile a valutazioni e interventi di terzi a qualsiasi titolo, anche solo potenzialmente interessati.

Gli argomenti più utilizzati a sostegno della ferma contrarietà sono molteplici.

Principalmente è da ostacolo ad un tale riconoscimento nell’attuale panorama normativo la circostanza che per i componenti laici del C.G. non è prevista alcuna forma di incompatibilità, neanche territorialmente limitata, con l’esercizio della professione forense, diversamente da quanto previsto per i membri laici eletti al CSM. Se quindi gli avvocati, nel momento in cui entrano nei CG non lasciano la toga e continuano ad esercitare la professione legale nello stesso distretto del magistrato da valutare, è di tutta evidenza il rischio, soprattutto nei distretti più piccoli, che il singolo magistrato possa essere sovraesposto e soggetto a condizionamenti esterni anche solo a causa di un’inchiesta particolarmente rilevante o per una “decisione” non gradita. Sicché, in queste realtà è ancora più forte l’esigenza di rendere il governo autonomo impermeabile da qualsiasi tipo di condizionamento esterno. È di tutta evidenza come tale pericolo non venga meno limitando l’intervento ad una mera partecipazione ed assistenza alle delibere.

Del resto, il contributo della componente laica, ed in particolare di quella forense, è comunque previsto anche in tale ambito, sia pure non attraverso il diritto di voto, ma indirettamente, attraverso le segnalazioni che i Consigli dell’Ordine degli Avvocati possono far pervenire al C.G, segnalazioni relative al magistrato sottoposto a valutazione di professionalità in ordine a fatti specifici incidenti sulla progressione in carriera, con particolare riguardo a situazioni eventuali concrete ed oggettive di esercizio non indipendente della funzione o a comportamenti che denotino mancanza di equilibrio o di preparazione giuridica.

Lo strumento previsto dall’art. 11, comma 4, lett. f) D.L.vo 160/2006 è disegnato correttamente per la evidenziazione di situazioni patologiche oggettive che il consiglio dell’ordine deve ritenersi in grado di rappresentare nell’immediato al capo dell’Ufficio-

Non è il magistrato a dover dimostrare di essere un professionista serio, ma il dirigente a segnalare che non lo sia sulla base di fatti concreti: meno burocrazia, meno gerarchia, più responsabilità per il dirigente.

5. - Il benessere organizzativo

Appare sempre più fondamentale prevedere forme di sollecitazione in direzione di progetti organizzativi flessibili che consentano, sotto più profili, la realizzazione di un effettivo benessere fisico, psicologico e sociale. Non possiamo sottovalutare che una parte crescente dell’organico è rappresentata da giovani colleghi, con una prevalente componente femminile.

Occorre perciò potenziare gli strumenti di tutela della genitorialità (talvolta monoparentale) attraverso la previsione di soluzioni compensative che consentano di coniugare professionalità e maternità/paternità, ad esempio tramite l’innalzamento dell’attuale limite di età di sei anni dei figli minori a 11 anni. Detti strumenti di rafforzamento, già previsti per i magistrati con documentati problemi di salute e per coloro che devono prestare assistenza a congiunti con gravi patologie, andrebbero estesi anche a coloro che hanno i genitori anziani, non necessariamente portatori di gravi patologie.

La previsione deve tenere conto, d’altro canto, dei colleghi che non siano destinatari della tutela, affinché non gravi su di essi un eccessivo carico di lavoro, per di più prolungato nel tempo (ad esempio si può pensare che cessate le misure compensative a tutela della genitorialità sia assegnato un numero più consistente di procedimenti al rientro in ufficio).

Riteniamo, inoltre, si debba fare tesoro della spinta tecnologica emersa nel periodo di emergenza sanitaria al fine di stabilizzare lo svolgimento di alcune attività da remoto, sia nel settore civile che in quello penale, e per consentire a coloro che lo desiderano (e le cui funzioni lo consentano) di limitare la presenza in ufficio, specie se il luogo di abitazione o domicilio non coincida con quello di lavoro e per chi ha figli minori o genitori anziani, il tutto con evidentissimi vantaggi in termini di efficienza degli uffici e di limitazione del turn over

6. - Incarichi extragiudiziari e didattici: oltre la “cultura del sospetto”

Nella uscente consiliatura sono state approvate, con il voto contrario dei consiglieri superiori che si riconoscono nei valori di Magistratura Indipendente, diverse modifiche restrittive alla vigente circolare in materia di incarichi extragiudiziari.

Riteniamo convintamente sia necessario avviare una riflessione in direzione esattamente opposta

Il marcato - e talora ideologico - “controllo” degli incarichi ha radici nella cultura del sospetto che noi, diversamente da altri, da sempre rifiutiamo. Trattandosi di occasioni di crescita professionale ed intellettuale, il Csm potrà negare il nulla osta soltanto in caso di riscontro oggettivo di motivi specificamente ostativi.

Il Legislatore con la modifica dell’art. 53 del decreto legislativo 165/2001 ha inteso semplificare e liberalizzare. Vanno pertanto respinti mal celati retaggi inquisitori, o per verificare l’esatta interpretazione delle vigenti norme o per asserite esigenze di ricerca di conflitti di interesse, anche solo potenziali.

Non vogliamo un Csm portatore di una cultura dirigista e caratterizzata da generalizzata sfiducia nei confronti delle persone dei magistrati ordinari.

Riteniamo convintamente che il magistrato non sia un “missionario” con inclinazione al sacrificio e dedizione irreparabile alla sofferenza (per quanto la situazione negli Uffici Giudiziari determini spesso questo risultato), bensì un professionista serio, equilibrato e che esercita con passione il suo mestiere ma senza dimenticare l’arricchimento personale e culturale che può derivargli da occasioni “esterne” al proprio lavoro.

Sfavore appare emergere anche dagli ultimi interventi verso l’esercizio della giurisdizione tributaria. Eppure, per volontà del Legislatore, e non di altri, è stata implementata la cultura della giurisdizione in un comparto cardine dello Stato di diritto, massimamente nei periodi di difficoltà economica, perché essenziale alla tutela dei diritti fondamentali, sia di chi fruisce dei servizi pubblici, sia di chi è chiamato ai doveri di solidarietà. Da qui il coinvolgimento, sempre per espresso dettato di legge, di magistrati ordinari, amministrativi, militari, e contabili.

Distonico, se non apertamente contraddittorio, è dunque prevedere un penetrante controllo sulla compatibilità con l’attività ordinaria laddove, peraltro, nessun rilievo venga mosso a tal riguardo dal Capo dell’Ufficio o dal Consiglio Giudiziario

7. - Art. 2 trasferimenti di ufficio

L’art. 2 della legge sulle guarentigie prevede la possibilità per il CSM di disporre il trasferimento di ufficio dei magistrati quando per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità. Viene in rilievo il principio costituzionale dell’inamovibilità del magistrato previsto dall’art. 107 Cost.

Il Consiglio può esercitare - di fatto - uno strumento che consente l’inflizione di sanzioni senza le garanzie del procedimento disciplinare. 

Riteniamo necessaria la introduzione di garanzie procedurali nel contraddittorio con il magistrato interessato al fine di evitare che conseguenze tanto importanti non solo per il singolo magistrato, ma soprattutto per la tenuta della Giurisdizione (e dei suoi principi costituzionali), siano il risultato di istruttorie incomplete o poco rispettose dei diritti del singolo magistrato coinvolto.

Corollario indispensabile di ciò sono indubbiamente la piena garanzia di accesso da parte del magistrato interessato agli atti della procedura e la pubblicità dei lavori della prima commissione.

La riforma Castelli-Mastella ha tipizzato gli illeciti disciplinari e ha espressamente previsto la possibilità di infliggere il trasferimento d’ufficio come misura cautelare in ambito disciplinare.

Alla luce di tale disciplina va con forza ribadita l’opzione interpretativa di Magistratura Indipendente, che da sempre si è opposta all’utilizzo in chiave para-disciplinare del procedimento ex art. 2 della legge sulle guarentigie.

Riteniamo, inoltre, che i provvedimenti di archiviazione debbano essere motivati in modo essenziale, strettamente funzionale alla decisione da prendere, senza riferimenti a circostanze inconferenti per giustificare la decisione, che potrebbero prestarsi a realizzare umilianti vulnera senza appello al prestigio dei magistrati coinvolti.

8. - I MOT: il nostro futuro. Il valore della formazione

Nella consapevolezza che i giovani magistrati siano la vera linfa del rinnovamento e di una rinnovata legittimazione della magistratura, riteniamo prioritario dar loro maggiore rappresentanza e tutela. I giovani magistrati non devono più essere visti, considerati e trattati come spalatori di carte da destinare ad uffici giudiziari indesiderati e disagiati.

Per questo riteniamo positivo il ritorno alla legittimazione triennale per i trasferimenti dalla prima sede di destinazione introdotto dalla L. 17 giugno 2022 n. 71 e riteniamo necessaria una disciplina dell’assegnazione alla prima sede diversa rispetto a quella ordinaria.

In questa ottica ci impegniamo a potenziare le sedi disagiate, incentivando il trasferimento su domanda alle stesse non già e non solo attraverso incentivi economici, ma soprattutto mediante il riconoscimento di punteggi aggiuntivi.

Massima attenzione inoltre sarà da noi dedicata alla predisposizione delle direttive per la formazione dei MOT e di linee programmatiche per la formazione permanente, che la legge prevede vengano formulate alla Scuola Superiore della Magistratura, nella consapevolezza che la formazione dei magistrati qualifichi la giurisdizione e costituisca un tema di assoluta rilevanza per l’organo di governo autonomo.

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