La riforma del CSM su cui la maggioranza di governo ha raggiunto l'intesa delude tutta la magistratura, e specialmente quella più moderata.
Siamo sempre stati disponibili a illustrare le nostre ragioni e a confrontarci con tutti gli interlocutori protagonisti di questa riforma, senza esito.
Si continua a trascinare la magistratura nella lotta politica, dipingendola come “di sinistra” o “di destra”, fingendo di dimenticare che la maggioranza dei magistrati italiani è culturalmente moderata e ha una voce chiara e precisa, che però non viene ascoltata dalla politica.
Siamo l’unica categoria del comparto pubblico che viene sottoposta periodicamente a delle valutazioni di idoneità, che vengono spacciate per “promozioni” ma sono invece delle verifiche necessarie per non essere licenziati. Ora si vuole far dipendere queste verifiche, e quindi la possibilità per il magistrato di essere licenziato, dalla percentuale delle sentenze che vengono confermate nei successivi gradi di giudizio oppure, per i pubblici ministeri, dalla percentuale delle istanze cautelari o delle richieste di condanna che vengono accolte. Così il giudice potrà condizionare la carriera del pubblico ministero, il giudice di appello potrà condizionare la carriera di quello di primo grado e a sua volta il giudice di cassazione potrà condizionare la carriera di tutti quelli dei gradi inferiori.
Con la scusa dell'efficienza ci si accinge ad approvare riforme che, invece, per un'eterogenesi deifini puniranno e isoleranno proprio i magistrati più liberi, quelli che vogliono decidere seguendo la loro coscienza. Se verrà approvata questa riforma passerà il messaggio che esiste una magistratura superiore e una inferiore e che per non avere problemi i magistrati dovranno appiattirsi sulle idee di chi sta più in alto.
Questa riforma, inoltre, amplia enormemente i poteri dei capi degli uffici, che diventano dei veri e proprio superiori gerarchici, con il potere assoluto di condizionare la carriera dei giudici che lavorano insieme a loro.
Non difendiamo odiosi privilegi, non siamo una casta, difendiamo soltanto l’idea di magistratura che sta nella Costituzione, difendiamo l’articolo 107, che stabilisce che «i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni».
I nostri costituenti, molto più avveduti degli odierni legislatori, hanno vietato non solo le gerarchie, ma anche le carriere, perché erano ben consapevoli del fatto che l'ansia di carriera alimenta una subordinazione incompatibile con il libero e corretto esercizio della funzione giurisdizionale.
Constatiamo con dolore che tutti i nostri tentativi di interlocuzione sono stati vani, e allora ci troviamo costretti a chiedere che l’ANM si mobiliti immediatamente e che vengano adottate tutte le forme di protesta più efficaci, per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sul grave stravolgimento della Costituzione che sta per essere realizzato.
Roma, 11 aprile 2022
Magistratura Indipendente