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ORDINAMENTO GIUDIZIARIO  

Classificazione delle valutazioni tecniche della p.a., riparto di giurisdizione e sindacato dell’Autorità Giudiziaria

  Giudiziario 
 mercoledì, 4 maggio 2016

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Edmondo Cacace
Giudice del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere

 
 

Classificazione delle valutazioni tecniche della p.a., riparto di giurisdizione e sindacato dell’Autorità Giudiziaria
1. Premessa: la ricostruzione tradizionale e la “svolta” della sentenza 601/1999 del Consiglio di Stato. – 2. Classificazione del genus non omogeneo delle valutazioni tecniche. – 3. La discrezionalità tecnica in senso stretto. – 4. Conseguenze in tema di riparto di giurisdizione e di poteri dell’Autorità Giudiziaria.
1. Come è dimostrato dalla stessa denominazione – discrezionalità tecnica – con cui tradizionalmente si qualifica l’attività amministrativa di analisi della realtà mediante operazioni di ordine tecnico, per lungo tempo si è ritenuto che le valutazioni che presuppongono l’utilizzo di specifiche conoscenze scientifiche e che pertanto risultano caratterizzate da un elevato tasso di complessità dovessero essere assimilate all’esercizio del potere discrezionale e che quindi dovessero seguirne il medesimo regime giuridico. Ciò ha comportato che la scientificità di tali valutazioni e spesso l’opinabilità dei risultati cui esse conducono fossero ritenute afferenti a quel nucleo di merito amministrativo insindacabile in sede giurisdizionale e che i provvedimenti emanati a seguito dell’esercizio di un simile potere fossero scrutinabili solo sotto il profilo esterno dell’errore di fatto, della loro illogicità o del difetto, dell’incongruità o della contraddittorietà della motivazione. 
Come è noto, questa ricostruzione è stata criticata da chi in letteratura  ha rilevato che la complessità di tali operazioni scientifiche non ne consente una effettiva assimilazione alla discrezionalità cd. pura, mancando nel primo caso le caratteristiche specifiche di tale tipologia di potere che sono la ponderazione dei diversi interessi a confronto e la conseguente scelta di merito riguardante il concreto esercizio del potere amministrativo. Sulla base di tale considerazione, a partire dalla nota pronuncia del Consiglio di Stato, IV sez., 9 aprile 1999 n. 601,  la prevalente opinione giurisprudenziale e dottrinaria ritiene che l’attività di valutazione tecnica operata dall’amministrazione, per quanto caratterizzata da una maggiore difficoltà concreta, non diverga dalla complessiva operazione di accertamento dei fatti storici, di sussunzione degli stessi nelle fattispecie legislative e di conseguente applicazione delle norme giuridiche, priva di componenti discrezionali e che sia pertanto dogmaticamente riconducibile all’attività vincolata.  Tale tesi, di conseguenza, ritiene che l’Autorità Giudiziaria (Amministrativa) possa effettuare un sindacato intrinseco delle operazioni compiute dall’amministrazione attraverso l’ausilio dello strumento processuale della consulenza tecnica, discutendosi soltanto sui confini di tale più intenso scrutinio.
Questa più recente ricostruzione, per quanto diffusa, non appare tuttavia del tutto convincente; una spia sistemica delle perplessità che può sollevare si evince del resto dai rilievi di quella dottrina e da quella stessa giurisprudenza amministrativa che non ne fanno conseguire le logiche conclusioni che da essa dovrebbero discendere, escludendo che allorquando norme di legge delineino un determinato regime per l’attività amministrativa vincolata le stesse possano meccanicamente applicarsi anche alla discrezionalità tecnica, come nel caso della non annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma (art. 21octies l. 241/90) o nell’ipotesi in cui, di fronte al silenzio della p.a., il giudice amministrativo possa valutare la fondatezza della pretesa (art. 31 co. III c.p.a.). 
2. Tali discrasie, probabilmente, discendono da una questione più generale: si può rilevare, infatti, che a risultare poco appagante sembra proprio la schematica e semplicistica riconduzione dell’intera attività valutativa tecnica della p.a. all’attività vincolata, trattandosi di concetti che innanzitutto sotto il profilo dogmatico appaiono non sovrapponibili, o quantomeno non del tutto. Come si osservava, dunque, pare opportuno analizzare distintamente la natura giuridica della discrezionalità tecnica per riflettere poi autonomamente riguardo alle conseguenze che discendono in tema di giurisdizione e di poteri dell’Autorità Giudiziaria. 
Come è stato acutamente rilevato,  quello delle valutazioni tecniche è probabilmente un genus. Ed in effetti tale ampia nozione appare all’osservatore come un insieme eterogeneo che ha il suo nucleo comune nelle valutazioni scientifiche di elementi fattuali, le quali possono però differire per il livello di concretezza dell’oggetto analizzato, per il grado di precisione delle norme che le prevedono e regolano, per le modalità con cui l’amministrazione le pone in essere, per il grado di opinabilità delle conclusioni cui possono condurre nonché per il modo con cui si combinano con gli altri elementi della fattispecie astratta cui l’amministrazione è chiamata a dare attuazione.
L’assenza di una componente valutativa che riguardi la comparazione fra gli interessi a confronto in uno specifico caso concreto sembra distinguere, tendenzialmente, questo insieme di valutazioni scientifiche da quelle di opportunità che caratterizzano la discrezionalità amministrativa. Ciò, tuttavia, non è sufficiente per affermare di essere in presenza di un’attività che è sempre strettamente esecutiva della legge e che non implica mai una ponderazione e una scelta relativa ad interessi e quindi un esercizio di potere amministrativo; al contrario, dal livello e dalle forme che contraddistinguono le suindicate variabili caratteristiche che riguardano l’oggetto delle valutazioni scientifiche e dal modo in cui in concreto si combinano fra loro, può ben verificarsi che quando l’amministrazione effettui valutazioni tecniche esista un momento decisionale di tale operazione in cui si concentra una scelta valoriale e che rimane ad essa riservato.
Sotto il profilo teorico pare infatti possibile classificare il composito genus delle valutazioni tecniche operate dalla p.a. in tre macro-aree contrassegnate da elementi strutturali e dogmatici distinti.
In alcune circostanze, in base all’elevata concretezza del fatto storico analizzato o al rigore della norma che circoscrive le modalità con cui la valutazione deve essere effettuata, l’attività dell’amministrazione può dirsi effettivamente niente più che esecutiva delle disposizioni legislative. Più in particolare, tutte quelle volte in cui l’utilizzo di cognizioni tecniche conduce ad un risultato che può definirsi scientifico, nel senso di certo negli esiti in quanto successivamente verificabile, e allorquando la norma attributiva della facoltà-obbligo di condurre una valutazione tecnica definisce con precisione gli eventuali ulteriori elementi della fattispecie che si integrano con gli esiti della valutazione e quindi disciplina in modo chiaro la successiva azione amministrativa, si è in presenza di un’attività priva di alcuna componente di merito e che è corretto ritenere dogmaticamente omogenea a quella vincolata. 
Del resto, non si dubita generalmente di tale conclusione allorquando la valutazione da compiere sia tecnicamente semplice e conduca quindi ad un risultato certo e facilmente verificabile, tanto che tale ipotesi viene tradizionalmente considerata dogmaticamente autonoma e qualificata con la specifica locuzione di “accertamento tecnico”.  La medesima conclusione, tuttavia, va tenuta ferma anche nel caso in cui l’operazione tecnica sia di maggiore complessità ed il dato scientifico cui conduce, anche se univoco, sia più difficoltoso da accertare.
In questa prospettiva, limitatamente a tali ipotesi, è quindi condivisibile la svolta giurisprudenziale che riconduce questo tipo di valutazioni tecniche all’attività vincolata proprio perché, in presenza di un risultato certo a cui l’attività valutativa è in grado di giungere e di una precisa predeterminazione legislativa della conseguente azione amministrativa, non pare che il livello di complessità dell’operazione possa modificare la natura giuridica della medesima. Sia che l’attività cognitiva realizzata mediante un accertamento tecnico sia semplice, come nel caso di misura dei requisiti fisici di una persona o di quelli spaziali di un immobile, sia che richieda operazioni scientificamente più complesse, come nel caso di analisi chimica volta a stabilire la composizione stupefacente di una sostanza o di valutazioni che attengono alle scienze delle costruzioni riguardanti la stabilità di un edificio, ciò che risulta dirimente è la possibilità o meno di giungere ad un esito processualmente incontrovertibile. Se ciò accade e la susseguente attività amministrativa è predefinita dalla legge, la valutazione tecnica si inserisce in una vincolata esecuzione di quest’ultima. Si può anzi affermare che anche sotto il profilo terminologico pare inopportuno distinguere questo tipo di attività, discorrendo di accertamento tecnico o di discrezionalità tecnica a seconda della facilità o meno dell’operazione, essendo preferibile qualificare unitariamente tutte le valutazioni tecniche in grado di condurre ad un risultato certo e ricondurle all’attività vincolata dell’amministrazione con tutte le conseguenze, anche in tema di giurisdizione, che da ciò discendono.  
In altre situazioni, tuttavia, non pare corretto ritenere che l’operazione di valutazione tecnica compiuta dall’amministrazione sia in realtà completamente scevra da una scelta di tipo valoriale; può infatti accadere che l’utilizzo di conoscenze scientifiche si inserisca in un più ampio processo decisorio nel quale venga effettuato un confronto fra diversi interessi. Infatti, così come può verificarsi, in tutte quelle ipotesi che vengono in dottrina classificate con la locuzione, meramente descrittiva, di “discrezionalità mista”, che il momento valutativo tecnico sia cronologicamente distinto e logicamente servente a quello successivo in cui l’amministrazione compie una scelta di merito sulle modalità di esercizio del potere, può ben succedere che in concreto le due componenti discrezionali risultino strutturalmente fuse in un unico contesto logico-temporale, per cui attraverso la valutazione di tipo scientifico si opera anche, contestualmente, la ponderazione fra i diversi interessi e quindi si condiziona inevitabilmente la scelta di opportunità. 
In non poche circostanze accade infatti che una valutazione formalmente di ordine tecnico, anche in ragione della poca concretezza dello stesso oggetto fattuale su cui si esegue la medesima o della scarsa determinatezza della norma che la prevede, incida in via automatica sulla scelta di merito cui è chiamata l’amministrazione, cosicché l’operazione valutativa, condotta con l’utilizzo di cognizioni scientifiche, sia al tempo stesso il momento di ponderazione valoriale in cui si sostanzia la discrezionalità. 
Di tale possibilità sembra del resto consapevole lo stesso legislatore che all’art. 17 co. II l. 241/1990, in presenza degli interessi di rilievo costituzionale della tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini, esclude che all’interno di un procedimento che richieda l’acquisizione di valutazioni di tipo tecnico di amministrazioni preposte alla salvaguardia di tali interessi, queste possano essere sostituite richiedendole a diverse amministrazioni dotate di pari qualificazione e capacità tecniche o alle Università. Un simile divieto, nonostante appunto l’equivalenza delle cognizioni e capacità delle amministrazioni che potrebbero effettuarle, non può discendere infatti che dal rilievo che valutazioni in apparenza di ordine puramente scientifico possano non di rado condizionare le scelte valoriali di comparazione fra i diversi interessi a confronto e dalla volontà politica del Legislatore quindi di impedire, in presenza di così delicati e rilevanti interessi come quelli evidenziati, che una scelta di opportunità che coinvolga simili interessi venga assunta senza il concorso delle autorità preposte alle tutela dei medesimi. 
A titolo esemplificativo, può essere rilevato che allorquando l’autorità amministrativa a ciò preposta effettua una valutazione dell’impatto ambientale di un progetto, alla luce degli obiettivi stabiliti dalla legge che fungono da parametro di tale operazione (art. 4 co. III e IV lett. b del d. lgs. 152/2006) – i quali, oltre che essere non fra di loro necessariamente convergenti, comprendono anche concetti come quello di “sviluppo sostenibile” che implicano inevitabilmente una determinazione di sintesi che afferisce all’opportunità – realizza una valutazione che richiede senz’altro l’utilizzo di cognizioni tecniche, ma che al tempo stesso esprime una ponderazione fra interessi che è connessa alla scelta opportunistica di merito amministrativo. 
In simili ipotesi, nelle quali la valutazione di tipo tecnico è contemporanea o comunque inscindibile perché intimamente collegata con la valutazione degli interessi, sembra in realtà un artificio attribuire all’operazione tecnica una portata esclusivamente scientifica e quindi neutrale rispetto alla scelta valoriale: in tali casi pare corretto classificare l’intera valutazione, sia nelle componenti scientifiche sia in quelle di merito, nell’area della discrezionalità amministrativa in senso stretto e applicare ad essa il regime giuridico di quest’ultima.   
3. Inoltre, sembra possibile ravvisare un terzo sottoinsieme di attività amministrative che comportano valutazioni di tipo tecnico che presentano caratteri distintivi rispetto a quelle finora esaminate. Di fianco infatti a queste due aree nelle quali le valutazioni tecniche restano inserite ed in qualche modo fatalmente assorbite in un esercizio delle competenze amministrative riconducibile alla tradizionale dicotomia fra attività vincolata o discrezionale, sembra potersi individuare un’ulteriore categoria di valutazioni di ordine scientifico caratterizzata da elementi morfologici differenti da quelli finora analizzati e alla quale pertanto pare corretto attribuire un’autonomia dogmatica.
Innanzitutto, in tale distinto settore vanno inquadrate tutte quelle valutazioni di ordine tecnico che vengono condotte dall’amministrazione nell’ambito delle attività concorsuali selettive, ove esiste cioè una comparazione fra i concorrenti. In tali casi non soltanto la p.a. deve condurre una valutazione riguardo alle competenze, alla preparazione o al possesso di peculiari caratteristiche o qualità dei partecipanti, ma deve anche condurre una comparazione fra il grado di possesso di tali elementi fra i diversi concorrenti. All’interno di questa doppia valutazione tecnica, ed in particolare nel secondo di tale momenti, esiste un’ineliminabile componente soggettiva che deve guidare la scelta dei vincitori in ragione della peculiarità del potere cui l’amministrazione è chiamata a dare attuazione. Allorquando una commissione giudicatrice è chiamata a valutare comparativamente, per esempio, la preparazione dei candidati per un concorso di assunzione di pubblici dipendenti o ad individuare il miglior contraente per l’aggiudicazione di un bando di gara con cui poi stipulare un contratto pubblico, essa non deve soltanto valutare l’idoneità dei concorrenti, ma anche mettere gli stessi a confronto per scegliere il candidato o l’impresa che merita di essere dichiarato vincitore.
Si tratta di una forma di esercizio di potere amministrativo ben diversa dalle valutazioni tecniche che vengono realizzate durante un esame di abilitazione, un’omologazione di un oggetto o una qualsiasi procedura valutativa finalizzata ad ottenere un’idoneità senza che vi sia un numero chiuso di soggetti cui è possibile rilasciarla e quindi una necessaria comparazione fra gli stessi. La differenza è duplice e sta sia nell’irripetibilità del momento cronologico in cui si verificano le procedure concorsuali sia, soprattutto, nel fatto che nelle procedure effettivamente comparative vi è una valutazione finalizzata a soddisfare un pubblico interesse, eventualmente coincidente con quello privatistico al rispetto del merito e della trasparenza, ma che è preminente nel condurre la valutazione di tipo tecnico e consiste nell’individuazione del migliore o dei migliori fra i concorrenti.
In tale elemento di scelta è assente quella ponderazione fra diversi interessi a confronto in cui si sostanzia la discrezionalità cd. pura, ma tuttavia non si è nemmeno in presenza di una vincolata esecuzione di quanto deciso in sede legislativa dove, per definizione, risulta infatti assente una componente di scelta amministrativa; attraverso questa valutazione di ordine tecnico si conduce invece un raffronto e quindi una scelta orientata dal suo esito, sebbene tale ponderazione non si verifica fra interessi diversi, ma è guidata da quell’unico interesse cui la legge, o spesso gli stessi principi di rango costituzionale o comunitario, attribuiscono preminenza.  Trattandosi di una valutazione che attraverso strumenti o cognizioni tecniche opera una comparazione alla luce di uno specifico interesse pubblicistico da soddisfare, non pare si possa dubitare che tale complessiva attività afferisca all’esercizio di potere amministrativo in senso stretto al cui confronto si situano interessi legittimi e che il momento strettamente comparativo vada quindi ricondotto propriamente al merito amministrativo.
In tale ottica si comprende perché la dottrina osservi che, al di là delle uniformi affermazioni di principio con cui il Consiglio di Stato dichiara ormai che l’area della discrezionalità tecnica non sia riconducibile alla discrezionalità bensì all’attività vincolata, in realtà si verificano delle oscillazioni riguardo all’intensità del sindacato con cui la giurisprudenza amministrativa esamina le valutazioni tecniche operate dall’amministrazione e si ravvisa una particolare prudenza in presenza dei sindacati sui giudizi delle commissioni esaminatrici, come nel caso della materia dei concorsi universitari o di quelli per posti dirigenziali nella p.a.  Tale self-restraint del giudice amministrativo, per quanto non sempre adeguatamente motivato nelle singole pronunce sulla base di una compiuta riflessione dogmatica, è infatti condivisibile e, come osservato, trova uno specifico fondamento nel tipo di valutazione tecnica operata dall’amministrazione in presenza di procedure concorsuali selettive. Se infatti il momento valutativo dell’idoneità di uno specifico concorrente, per quanto da indagare sulla base di nozioni scientifiche che possono risultare complesse, conduce ad un risultato chiaro e quindi ampiamente sindacabile e non è orientato dal soddisfacimento di interessi, diversa è morfologicamente la successiva comparazione fra le qualità dei concorrenti e di scelta fra di essi, poiché finalizzata invece a realizzare il pubblico interesse che domina la procedura e caratterizzata quindi da elementi legati inevitabilmente alla soggettività dei selezionatori, per cui il sindacato giudiziario su tale distinto elemento deve risultare più contenuto, a meno che non si teorizzi che l’effettiva selezione orientata dall’interesse possa essere operata dell’Autorità Giudiziaria anziché dell’amministrazione.
A quest’ultima fra le tre aree in cui pare corretto suddividere il genus delle valutazioni tecniche sembra che possano anche essere ricondotte quelle operazioni scientifiche che inevitabilmente sono connotate da elementi di opinabilità relativi alle modalità con cui l’amministrazione le pone in essere o, ancor di più, agli esiti cui possono condurre. In tutte quelle circostanze in cui la p.a. contribuisce a determinare il contenuto dei propri provvedimenti attraverso i risultati cui conduce una valutazione tecnica da essa compiuta che, per il modo in cui viene eseguita o per le conclusioni cui giunge, non presenta degli elementi di certezza, a maggior ragione se la norma attributiva del potere presenta poca determinatezza nel definire i presupposti del medesimo (es. “situazione di grave pericolo”) o se la valutazione concerne fatti storici dotati di scarsa concretezza materiale (es. “abuso di posizione dominante”), l’attività amministrativa non è parimenti riconducibile a quella vincolata.
Pur essendo assente la componente dell’opportunità attinente al confronto fra plurimi interessi, anche nelle modalità concrete di azione amministrativa ora descritte si è lontani dalla vincolata esecuzione della legge che comporta le mera verifica degli elementi da essa previsti in sede di deliberazione di un atto; in queste situazioni, al contrario, la presenza di un momento di scelta, fra diverse modalità parimenti valide sotto il profilo scientifico su come condurre una valutazione o fra distinti risultati cui l’operazione correttamente eseguita può condurre, contraddistingue questo tipo di attività amministrative. Anche in questi casi esiste dunque un elemento di scelta finalizzato al miglior perseguimento dell’interesse pubblico che va ricondotto all’esercizio di potere amministrativo in senso stretto, che è certamente sindacabile dal Giudice Amministrativo entro tuttavia i confini della legittimità della decisione. 
In molteplici ambiti scientifici sono ravvisabili dei settori nei quali le concrete modalità di indagine valutativa della realtà possono essere condotte in modalità parimenti corrette per giungere a dei risultati divergenti ma che ugualmente non possono essere ritenuti erronei. Nella fisica o nelle scienze ingegneristiche, per esempio, è ben possibile che le modalità di analisi spaziale della realtà possano essere realizzate con plurimi metodi di indagine accettati nella comunità scientifica. Accade in altre circostanze che la medesima operazione valutativa possa condurre a diversi risultati: nella scienza medica, ancora a titolo esemplificativo, non è infrequente che di fronte ad una determinata diagnosi si possano prospettare plurime e divergenti modalità di cura del paziente.
In tutte queste situazioni caratterizzate da un tasso di opinabilità nelle modalità di scelta dell’amministrazione su come condurre le valutazioni tecniche, fra alternative scientificamente corrette, o su quali risultati preferire fra le diverse soluzioni cui la valutazione correttamente eseguita ha condotto, non pare possa negarsi di essere in presenza di un effettivo esercizio di potere amministrativo che deve essere guidato dalla cura in concreto dell’interesse pubblico, che necessita di una adeguata motivazione e che è sindacabile dal giudice amministrativo nei limiti in cui tale sindacato non comporti invasioni nel merito amministrativo. Rispetto a questa area “intermedia” di valutazioni tecniche contraddistinte da elementi di opinabilità, non riconducibile all’attività discrezionale e neppure a quella vincolata, non sembra allora improprio l’utilizzo, che pure è stato criticato in dottrina,  della tradizionale terminologia che classifica queste forme di attività amministrative che coinvolgono lo svolgimento di simili valutazioni scientifiche con la locuzione “discrezionalità tecnica”: la scelta fra le diverse ed opinabili alternative non è infatti libera, ma propriamente discrezionale nel senso di orientata dal fine pubblicistico da perseguire; al tempo stesso, questo ancoraggio all’interesse pubblico che guida nella scelta dipende da fattori di tipo tecnico che orientano fra le diverse ed opinabili soluzioni. 
Ciò che in definitiva pare erroneo delle tradizionali indagini relative alla discrezionalità tecnica è dunque il voler ridurre ad unità fattispecie storiche che, pur se accomunate dalla presenza di valutazioni di ordine scientifico, sono caratterizzate da elementi di profonda disomogeneità innanzitutto morfologica e che vanno invece classificate in categorie dogmatiche differenti.
4. Si è, dunque, fino a questo punto tentato di realizzare una scomposizione ed una classificazione dell’insieme eterogeneo delle valutazioni tecniche; è ora possibile analizzarne le conseguenze giuridiche.
Riguardo alle operazioni di analisi scientifica della realtà che si inseriscono in una attività vincolata dell’amministrazione – in ragione del risultato certo cui la valutazione, anche se complessa, conduce e dell’assenza di componenti discrezionali negli altri elementi della fattispecie astratta in cui essa si inserisce – non si deve fare altro che seguire il regime giuridico proprio di questa tipologia di azione.
Come attenta ed autorevole dottrina ha da tempo evidenziato,  nell’attività amministrativa vincolata è assente un esercizio di potere inteso in senso pubblicistico e la posizione giuridica del privato è quindi di diritto soggettivo. Senza ripercorrere tutte le argomentazioni e le dispute dottrinarie sul punto, si può osservare che la natura giuridica dell’attività vincolata non differisce dogmaticamente, né per quanto attiene alla struttura morfologica né per le finalità che la caratterizzano, dal rapporto intercorrente fra la pretesa creditoria e l’obbligo debitorio che qualifica l’obbligazione di diritto civile.  L’unico elemento distintivo rispetto ad un’obbligazione intercorrente fra due soggetti privati è quello della titolarità in capo ad una Autorità pubblica di una delle due posizioni della relazione, criterio che ai sensi degli artt. 3 e 103 Cost. non muta di certo la natura della medesima. Del resto, la principale elaborazione con cui la giurisprudenza amministrativa contrasta tradizionalmente tale ricostruzione – che consiste nell’osservazione che a fronte dell’attività vincolata possa situarsi tanto una posizione di diritto soggettivo quanto una di interesse legittimo a seconda della finalità privatistica o pubblicistica conseguita attraverso l’azione amministrativa – si dimostra logicamente carente in ragione della perdurante omissione della dimostrazione del presupposto della stessa e cioè del criterio in base al quale distinguere le due forme di attività vincolata.  Dimostrazione giuridica che difficilmente può essere fornita a causa propriamente dell’assenza di discrezionalità o di opinabilità nell’esecuzione della legge che caratterizza tale forma di azione amministrativa, che si realizza mediante la mera verifica della sussunzione o meno della fattispecie storica in quella legale astratta e la cui unica funzionalizzazione è quindi rivolta all’oggettiva attuazione di quanto stabilito in sede legislativa, senza margini di apprezzamento condizionati da interessi. 
L’assenza di potere amministrativo in senso stretto comporta quindi che, allorquando le valutazioni tecniche si inseriscono in un’attività vincolata dell’amministrazione, esercitando quest’ultima prerogative de jure gestionis tipiche dei rapporti privatistici, l’Autorità Giudiziaria che ha giurisdizione sulle relative controversie, alla luce dell’art. 103 Cost., sia quella Ordinaria. L’assenza di valutazioni orientate da pubblici interessi che caratterizza quest’area di analisi scientifiche comporta che il giudice ordinario possa nominare un proprio consulente tecnico d’ufficio ai sensi degli artt. 191 ss. c.p.c., formulandogli i più ampi quesiti ed arrivando anche a chiedergli di ripetere la valutazione di ordine scientifico, e che, alla luce delle conclusioni cui questi è giunto, possa tanto sindacare la correttezza dell’operazione tecnica svolta dalla p.a. quanto sostituire la stessa con le considerazioni del ctu, come avviene in una ordinaria controversia fra due soggetti di diritto comune.
In simili casi, di fronte ad una inerzia dell’amministrazione a seguito di una istanza di un privato, non si ravvisano ostacoli al fatto che quest’ultimo, ritenendo di vantare una posizione favorevole (rectius: creditoria), possa esperire una domanda di accertamento del proprio diritto soggettivo e che l’Autorità Giudiziaria possa anche nominare un consulente tecnico che lo coadiuvi nella sua attività per ciò che concerne l’analisi scientifica delle situazioni fattuali che fungono da presupposto o da elemento costitutivo della fattispecie che prevede il diritto, anche effettuando quindi per la prima volta la valutazione tecnica, senza che la stessa sia stata eseguita dall’amministrazione. Nessuno straripamento nell’esercizio della funzione amministrativa potrebbe infatti verificarsi, non essendo in questi casi la p.a. titolare di poteri pubblicistici.    
Al contrario, in presenza di valutazioni scientifiche che, a causa della contestualità cronologica o comunque dell’inscindibilità logico-funzionale con la ponderazione e la scelta fra interessi, si inseriscono in un esercizio propriamente discrezionale di potere amministrativo, la posizione giuridica dei privati coinvolti è quella di interesse legittimo. In tali circostanze, eventuali controversie che coinvolgano l’invalidità di provvedimenti amministrativi rientrano nella giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Amministrativa. Rispetto a valutazioni tecniche che ineriscono ed esprimono propriamente valutazioni valoriali riguardo ad interessi, pare che il giudice amministrativo debba esercitare il proprio sindacato entro i limiti esterni entro cui viene generalmente scrutinato il potere discrezionale, evitando ingerenze relative al merito amministrativo. L’Autorità Giudiziaria potrà così sindacare eventuali errori di fatto in cui è incorsa la p.a., nonché il difetto, l’incongruità, la contraddittorietà o la illogicità della motivazione dei provvedimenti che esprimono queste valutazioni dal contenuto anche di tipo scientifico, ma dovrà arrestare il proprio scrutinio in presenza di considerazioni di opportunità che afferiscono al merito amministrativo.
Ciò non esclude in radice l’utilizzo della consulenza tecnica, strumento processuale di conoscenza generalizzato dall’art. 67 c.p.a., ma comporta che il Giudice Amministrativo, nel chiedere un controllo sulla valutazione tecnica operata dall’amministrazione, debba contenerlo in modo che sia servente e limitato al solo tipo di sindacato che gli è consentito, non fuoriuscendo dai confini di quello che viene comunemente definito un sindacato “estrinseco”. Risultando strettamente connesse, se non sovrapposte, le analisi tecniche e quelle di opportunità, può ammettersi che il Giudice Amministrativo possa, in questi casi, farsi assistere da un consulente al quale chiedere di procedere a sindacare la coerenza logico-scientifica della complessiva valutazione anche tecnica dell’amministrazione, ma deve escludersi che possa domandargli di effettuare nuovamente la stessa, comportando il suo svolgimento l’espressione di considerazioni anche di merito che comportano esercizio di potere amministrativo e che sono precluse all’Autorità Giudiziaria ed ai suoi ausiliari.    
Anche allorquando la p.a. pone in essere valutazioni tecniche caratterizzate da opinabilità nella decisione riguardo la loro modalità di esecuzione o i risultati cui possono condurre, nonché dal perseguimento da un interesse pubblicistico preminente, pur in assenza di una ponderazione e di una scelta valoriale di opportunità, vi è esercizio di effettivo potere amministrativo. La posizione giuridica del privato rispetto al quale produce effetti un provvedimento emanato a seguito di una simile valutazione scientifica è dunque anche in questo caso di interesse legittimo e l’Autorità Giudiziaria dotata di giurisdizione è quindi quella Amministrativa.
Il sindacato entro cui tale Autorità può scrutinare questo tipo di valutazioni tecniche si può ritenere tuttavia più ampio rispetto a quello consentito riguardo alle valutazioni in precedenza esaminate e caratterizzate al tempo stesso da elementi sia scientifici che di opportunità. In presenza di una fattispecie che comporta l’esercizio di un potere riconducibile propriamente alla discrezionalità tecnica in senso stretto, oltre al controllo sui presupposti di fatto e quindi anche alla verifica della completezza dell’istruttoria al fine di realizzare una valutazione scientificamente corretta, di fianco altresì all’analisi della congruità e logicità della motivazione, non pare possa negarsi in linea teorica che il giudice amministrativo possa anche sindacare lo svolgimento della stessa valutazione tecnica eseguita dalla p.a., così da verificare che il potere amministrativo di scelta fra più soluzioni opinabili sia stato esercitato con logicità e coerenza. Il sindacato consentito all’Autorità Giudiziaria in questi casi si spinge quindi all’interno della valutazione tecnica, potendo estendersi anche al controllo sulle modalità di esecuzione e sulla scelta fra i risultati cui ha condotto l’analisi scientifica operata dall’amministrazione; utilizzando tuttavia una diffusa terminologia dottrinaria, risulta essere di tipo “intrinseco debole”, essendo interdetto al giudice amministrativo di sostituire la valutazione opinabile della p.a. con quella propria.  Sembra pertanto consentito che anche in questo caso l’Autorità Giudiziaria chieda l’ausilio di un consulente tecnico, ex art. 67 c.p.a., giungendo a domandargli non solo la verifica della completezza degli elementi di giudizio per il conseguimento di una corretta valutazione tecnica nonché l’analisi della coerenza scientifica della valutazione dell’amministrazione, ma la ripetizione della stessa operazione tecnica.
Alla luce dei limiti innanzi tracciati entro cui il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni scientifiche opinabili della p.a., una simile riproduzione dell’analisi di ordine tecnico deve essere condotta dal consulente e può essere utilizzata dal giudicante solo al fine di verificare che l’amministrazione abbia realizzato con logicità e coerenza la scelta fra le diverse modalità parimenti corrette di esecuzione della valutazione o fra gli alternativi risultati cui essa ha condotto, senza porsi al di fuori del perimetro di ciò che è ritenuto lecito dalla comunità scientifica. In tal modo, risulta sindacabile sia l’erroneità della scelta opinabile dell’amministrazione che, invece di optare fra più modalità alternative e parimenti corrette di eseguire la valutazione tecnica, l’ha realizzata in modo difforme da quanto accettato dagli esperti di quel settore scientifico, sia l’eccesso di potere della p.a. che non si è limitata a scegliere fra più esiti differenti ma ugualmente corretti cui la valutazione è giunta, ma ha provveduto in una modalità ancora diversa, incompatibile con le conclusioni dell’operazione tecnica correttamente eseguita, secondo la miglior scienza di quel momento storico. 
Al consulente, però, non pare possa chiedersi di esprimere valutazioni ulteriori rispetto a quanto è finalizzato ad un simile scrutinio, pena un’invadenza nel merito delle scelte amministrative. Qualora dunque la ripetizione dell’operazione tecnica dimostri che la stessa sia stata non erroneamente eseguita dalla p.a. e che la successiva scelta opinabile su come provvedere risulti non in contrasto con le conclusioni scientifiche cui essa ha condotto, l’Autorità Giudiziaria Amministrativa deve arrestare il proprio sindacato, non potendo annullare il provvedimento in ragione della sostituzione della scelta opinabile ma non erronea dell’amministrazione con una altrettanto opinabile ma ritenuta più adeguata dal consulente e dal giudice. 
In definitiva, può quindi rilevarsi che sono ravvisabili circostanze in cui l’Autorità Giudiziaria ed il suo ausiliario tecnico possano effettuare un sindacato penetrante e completo sulla valutazione scientifica compiuta dall’amministrazione ed anche ipotesi in cui possano operare un tale accertamento di tipo scientifico in assenza di una previa valutazione di quest’ultima, quando cioè la p.a. è rimasta silente a fronte dell’istanza del privato. Tali casi, però, per ragioni sistemiche che discendono dal principio di separazione dei poteri, finiscono per coincidere che le ipotesi in cui l’operazione tecnica compiuta in sede giurisdizionale non incide sull’esercizio della funzione amministrativa e risultano così circoscritti agli accertamenti tecnici, semplici o anche altamente complessi, che conducono ad un esito scientificamente certo e si inseriscono dunque in un’attività amministrativa di vincolata esecuzione della legge, il cui sindacato rientra nella giurisdizione del Giudice Ordinario. Il quale si conferma quindi essere il giudice dei diritti e delle libertà dei cittadini. 


Edmondo Cacace
Giudice del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere

 
 
 
 
 
 

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