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ORDINAMENTO GIUDIZIARIO  

La procedura per l’applicazione dell'art. 2 R.D. Lgs. 31 maggio 1946, n. 511 (Legge delle Guarentigie)

  Giudiziario 
 mercoledì, 31 gennaio 2018

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Maurizio Arcuri, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rom

 
 

 

 

A distanza di oltre venticinque anni dall’ultima delibera[1] recante la disciplina del trasferimento di ufficio per incompatibilità ambientale e/o funzionale di cui all'art. 2, R.D. L.gs. 31 maggio 1946, n. 511, il Consiglio superiore della magistratura ha finalmente adottato, nella seduta del 26 luglio 2017, il nuovo testo della procedura disciplinante l’istituto del trasferimento officioso in ottemperanza al disposto dell’art. 42 del Regolamento Interno[2] a sua volta modificato con deliberazione del 26 settembre 2016. (Circolare n. P. -14430 del 28 luglio 2017 -Delibera del 26 luglio 2017).

L’intento sotteso alla recente novella è chiarito nella Relazione di accompagnamento nella quale sono esplicitati gli obiettivi: a) “disciplinare le fasi del procedimento secondo un criterio di efficienza ed i principi del giusto procedimento; b) prevedere termini perentori entro cui ciascuna fase del procedimento deve trovare conclusione e gli effetti della loro scadenza”.

La citata Relazione illustra, altresì, le principali novità introdotte così indicate:

-   “Il diritto di accedere agli atti del fascicolo successivamente all’apertura del procedimento e non solo al termine della istruttoria, come è previsto nella delibera oggi in vigore, con una significativa anticipazione dei diritti di trasparenza e di consapevole partecipazione dell’interessato al procedimento;

-   L’individuazione degli elementi da prendere in considerazione nella motivazione dei provvedimenti che concludono le varie fasi del procedimento, per finalità di efficienza, di ragionevole durata della fase, nonché di trasparenza dell’azione amministrativa;

-   Il diritto dell’interessato alla comunicazione del provvedimento di archiviazione dopo l’apertura del procedimento, in un’ottica di trasparenza dell’azione amministrativa;

-   L’individuazione di termini perentori entro i quali le singole fasi si devono concludere, con la conseguente archiviazione del procedimento per estinzione in caso di inutile superamento degli stessi. L’individuazione di detti termini deve contemperare un’esigenza di ragionevole e certa durata del procedimento nell’interesse pubblico e privato, del magistrato interessato, di evitare che situazioni di opacità nell’esercizio della funzione giurisdizionale possano protrarsi ad libitum, con quella di efficienza dell’azione amministrativa che richiede tempi adeguati per lo svolgimento di istruttorie spesso non prive di complessità. La previsione dei termini è altresì correlata alla necessaria verifica dell’attualità della lesione del valore dell’indipendenza e di quello dell’imparzialità nello svolgimento delle funzioni da parte del magistrato”.

 

 

L’art. 1) Casi in cui non può essere iniziato o proseguito il procedimento. 

Venendo ora alla disciplina di dettaglio, lo svolgimento di alcune considerazioni non    può prescindere da una lettura congiunta del vecchio e il nuovo testo della Circolare oggetto di esame.

L’art. 1 individua le ipotesi in cui il trasferimento non può essere disposto, iniziato o proseguito. Al comma 1 è stabilito che “ai fini ed agli effetti del trasferimento d’ufficio ex art 2 R.D.L.gs. 31 maggio 1946, n. 511 non può essere preso in considerazione il merito delle decisioni adottate dal magistrato nell’esercizio dell’attività giudiziaria”.

Larticolo ricalca sostanzialmente il testo previgente operando, nel contempo, una sostituzione e una specificazione.

La sostituzione è consistita nell’inserire le parole “attività giurisdizionale” al posto di “attività giudiziaria”.

La specificazione riguarda i provvedimenti adottati nell’esercizio della funzione giudiziaria e stabilisce che non potrà essere preso in considerazione il merito delle decisioni adottate dal magistrato nell’esercizio dell’attività giudiziaria sottraendo, perciò, dal catalogo delle situazioni rilevanti e dunque legittimanti l’inizio della procedura di trasferimento d’ufficio, quelle connotate da censure involgenti  la sostanza e la valutazione contenutistica del provvedimento  giudiziario, escludendo così qualsivoglia tipo di sindacato eccentrico rispetto a quello previsto nel sistema ordinamentale.

Le richiamate sostituzione e specificazione – seppur non epocali, non essendo mai stata esclusa dal concetto di attività giurisdizionale quella svolta dai magistrati requirenti - non paiono superflue nella misura in cui, insieme al mancato richiamo ai casi di “dolo o di errore determinato da colpa grave”, contenuto nel testo previgente, contribuiscono a definire più compiutamente il perimetro di applicazione dell’istituto.

La soppressione dei casi riconducibili a dolo o a errore determinato da colpa grave, cioè a condotte suscettibili di rimprovero, parrebbe indurre l’interprete a ritenere che il Consiglio abbia finalmente reso chiaro a sé stesso la differenza di presupposti e condizioni e, di conseguenza, la natura ontologicamente diversa del trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e/o funzionale rispetto al trasferimento disciplinare nelle sue due distinte declinazioni: provvedimento cautelare e provvedimento sanzionatorio di natura accessoria[3].

I commi 2 e 3 prevedono l’ipotesi, già contenuta nella Circolare del 1991, in cui il magistrato abbia chiesto volontariamente il trasferimento disponendo in tal caso che il procedimento di trasferimento d’ufficio “non può essere iniziato o proseguito qualora, a seguito di trasferimento a domanda ad altra sede o ad altro ufficio, siano venute meno le ragioni di incompatibilità. Il provvedimento che ne prende atto, dà conto dell’avvenuto trasferimento e del venir meno, nella sede o nell’ufficio ove il magistrato si è trasferito, delle ragioni di incompatibilità”. È poi precisato che “quando non ricorrono ragioni di urgenza e nella domanda di trasferimento volontario dell’interessato ricorrono tutti gli elementi per l’accoglimento, la Commissione può disporre la sospensione del procedimento di trasferimento d'ufficio, deliberandone la chiusura dopo l'avvenuto trasferimento a domanda”.

Il nuovo articolato integra il vecchio testo con il riferimento alla necessità che la delibera che prende atto del trasferimento c.d. in prevenzionedeve esplicitare e chiarire i motivi della cessazione della situazione di incompatibilità. Tale aggiunta positivizza la prassi consiliare in tal senso, considerato che tutte le delibere aventi ad oggetto larchiviazione di procedure aperte ai sensi dellart. 2 contenevano nel corpo motivazionale le argomentazioni del venir meno delle ragioni di incompatibilità.

In tale solco parrebbe collocarsi lulteriore ipotesi di sospensione in relazione allistituto dellapplicazione[4], ricavata, stando a quanto si legge nella Relazione, dalla casistica della Prima Commissione.

Tale previsione, contenuta nel comma 4 dell’art. 1, lascia perplessi per la sua allocazione topografica nonché per il contenuto e il metodo.

Con riguardo al primo aspetto l’ipotesi di sospendere il procedimento di trasferimento d’ufficio in presenza di un provvedimento di applicazione compare, invero, dal nulla, senza che sia spiegata la sua natura e funzione e il relativo impatto.

Sotto il profilo contenutistico e metodologico non ha senso qualificare la sospensione della procedura di trasferimento d’ufficio, collegata alla adozione di un provvedimento di applicazione, come istituto avente natura facoltativa.

È evidente che essendo l’applicazione un rimedio circoscritto in precisi e predeterminati casi e limiti temporali, anche la sospensione del procedimento di trasferimento d’ufficio non può che seguire la stessa sorte. Stanno e si reggono insieme.

Appare, allora, superflua la prima parte del comma 4 allorquando prevede che “Il provvedimento di applicazione, atteso il carattere temporaneo di quest’ultimo istituto, non può essere equiparato alla domanda di trasferimento e non può determinare il differimento della decisione salvo che, nella situazione concreta, l’applicazione costituisca rimedio temporaneo adeguato alla situazione di incompatibilità verificatasi, tenuto anche conto della durata della stessa e dell’Ufficio giudiziario di destinazione”.

Alla superfluità si aggiunge anche il pleonasmo dell’aggettivo temporaneo riferito al provvedimento di applicazione essendo noto[5], o almeno dovrebbe esserlo, che caratteristica dell’istituto è quella di essere limitato nel tempo.

L’ultima parte del comma 4 dispone, poi, che “il procedimento resta sospeso per tutta la durata dell’applicazione e riprende all’esito della stessa. La sospensione del procedimento determina la sospensione dei termini di cui all’art. 4 comma 1”.

In assenza di dati statistici non si è in grado di valutare l’impatto di tale novella, non tanto sulla procedura quanto sull’istituto in sé del trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale, anche se sembra potersi sollevare qualche perplessità sulla sua utilità e funzionalità in considerazione della struttura dell’istituto dell’applicazione.  

Non è questa la sede per poter affrontare la questione ma non può sottacersi che la novità ha introdotto elementi spuri che potrebbero contaminare il corretto approccio a una materia già di per sé particolarmente delicata da governare tenuto conto dei presupposti soggettivi[6] e oggettivi[7] legittimanti l’adozione del provvedimento di applicazione che potrebbero determinare anche disparità di trattamento pur in presenza di presupposti uguali.

Deve segnalarsi, poi, che la nuova versione della procedura del trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale non contiene più l’ipotesi, pur prevista nel testo della Circolare previgente, che vietava di iniziare o proseguire la procedura “in ogni caso in cui la situazione d’incompatibilità sia stata creata allo scopo di provocare il trasferimento d’ufficio”.

Nella Relazione di accompagnamento non sono espresse le ragioni di tale soppressione che appare eccentrica considerato che l’art. 42 Reg. Int. al comma 3 prevede esplicitamente che in tale caso “la procedura di trasferimento di ufficio, non può comunque essere avviata o proseguita”.

Tale singolarità non pare, tuttavia, poter produrre problemi esegetici che potranno essere risolti ricorrendo all’interpretazione sistematica e avendo bene in mente il principio della gerarchia delle fonti.

Il regolamento interno del Consiglio superiore della magistratura è infatti contenuto in un D.P.R. mentre la procedura del trasferimento d’ufficio è atto paranormativo, dunque recessivo dinanzi a fonte sovraordinata.

Corollario necessitato sarà allora quello di non poter iniziare o proseguire la procedura di trasferimento nell'eventualità in cui la situazione d’incompatibilità sia stata creata proprio allo scopo di provocare il trasferimento d’ufficio, sia essa prevista o non nella nuova circolare.

Nella Relazione nulla è detto in ordine a tale omissione, certo è che un maggiore coordinamento sarebbe stato auspicabile, anche considerata la rubrica dell’art. 42 che è stato introdotto in maniera mirata e il cui oggetto è esattamente il “procedimento, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del R. d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511, in materia di incompatibilità ambientale e funzionale”.

 

L’art. 2. Fasi del procedimento. 

Larticolo disciplina le fasi del procedimento distinguendone tre.

Le prime due, “conoscitiva ed istruttoria”, sono tenute insieme e consistono nello svolgimento di una “valutazione preliminare conoscitiva della Commissione in ordine agli elementi caratterizzanti la vicenda anche mediante acquisizioni di atti ed assunzione di informazioni, al fine di verificare la sussistenza di elementi idonei a giustificare l'apertura del procedimento”.

La terza fase, “deliberativa”, esplicantesi in seno al Consiglio, inizia con l’esame della proposta di trasferimento e si conclude con la decisione che potrà dunque accoglierla, disponendo il trasferimento stesso oppure rigettarla.  

Nella seconda parte del comma 2 è previsto, inoltre, che il Plenum adotti al fine di decidere sulla proposta della Commissione “tutte le necessarie e conseguenti determinazioni. A tal fine la Commissione provvede a convocare la parte ed il difensore per la data della riunione e, ove ne facciano richiesta, procede alla loro audizione”. 

Ciò posto, non è chiaro cosa si voglia intendere con le disposizioni sopra ricordate.

Ora, con riferimento alle “necessarie e conseguenti determinazioni” è possibile attribuire loro una interpretazione logica ritenendo, in base ad una lettura sistematica e congiunta con il successivo art. 4 comma 4, che il Plenum “nel caso in cui ravvisasse l’assoluta necessità del compimento di approfondimenti o atti istruttori, con delibera motivata potrà rimettere gli atti alla Commissione indicando specificamente gli atti da espletare ed assegnando un termine non superiore a mesi tre per il loro espletamento”. 

Tale previsione altro non è che l’esplicitazione del noto istituto del “ritorno in Commissione”, già disciplinato dal Reg. int. e normalmente utilizzato proprio nei casi in cui sia necessario un approfondimento istruttorio o una rivalutazione nel merito della proposta, oppure sia necessario integrare la motivazione della proposta di delibera.

 L’interpretazione sistematica non viene in ausilio, invece, per l’esegesi della disposizione dell’ultima parte del citato comma 2 nella quale si attribuisce alla Commissione il potere di convocare la parte e il difensore per la data della riunione (rectius seduta di Consiglio o Plenum per evitare confusione con i lavori della Commissione), e ove ne facciano richiesta, procedere alla loro audizione

Se questo è il testo, non è possibile comprendere come possa la Commissione, nel corso di svolgimento della seduta di Plenum, procedere all’audizione del magistrato e del suo difensore.

Riesce anche difficile comprendere perché il difensore dovrebbe chiedere la propria audizione non essendo egli sottoposto alla procedura di trasferimento d’ufficio.

Ritornando ora alla fase conoscitiva ed istruttoria “tale fase si caratterizza per l’assenza di contraddittorio e di pubblicità e può concludersi con provvedimento di archiviazione, che dà conto in maniera succinta, degli elementi di fatto emersi e delle ragioni per cui non sussistono i presupposti per l’apertura del procedimento”.

Al comma 1.1.2 è disposto che “l’archiviazione può essere o meno accompagnata dalla trasmissione degli atti ai titolari dell’azione disciplinare, laddove si individuano fatti di astratta rilevanza sotto tale profilo”.

Anche qui la Circolare pare approntare una regolamentazione non in sintonia con quella stabilita nell’art. 50 Reg. int.[8] che disciplina le “comunicazioni ai titolari dell’azione disciplinare”.

La Circolare attribuisce alla Commissione la facoltà di trasmettere gli atti ai titolari dell’azione disciplinare nel caso di archiviazione “laddove si individuano fatti di astratta rilevanza sotto tale profilo”, tacendo peraltro sulle modalità di trasmissione, mentre il comma 1 dell’art. 50 Reg. Int. statuisce che se dall’attività istruttoria compiuta dalle Commissioni nell’ambito delle rispettive attribuzioni, risultano fatti suscettibili di valutazione in sede disciplinare, la Commissione competente trasmette gli atti al Vicepresidente per l’inoltro ai titolari dell’azione disciplinare.

È evidente che le disposizioni richiamate stridono logicamente e appaiono reciprocamente dissonanti prevedendo l’una l’attribuzione di una facoltà, laddove l’altra non lascia spazio a margini di discrezionalità disponendo che la Commissione competente, nella fase indicata, “trasmette gli atti al Vicepresidente”.

Non si comprende, cioè, la logica posta a base della diversità di trattamento della identica attività per il solo fatto che essa scaturisca durante la fase istruttoria o quella decisionale, atteso che quest’ultima è, tendenzialmente, l’epilogo della prima.

Ne risulta una disciplina contraddittoria, confusa e disorganica a fronte di situazioni omogenee.

Anche qui, però, soccorrono i criteri ermeneutici sopra ricordati e dunque è possibile ritenere che il comma 1.1.2 della nuova Circolare, ponendosi in contrasto con l’art. 50 Reg. Int., non possa trovare applicazione perché in conflitto con norma di rango superiore disciplinante la medesima materia. D’altra parte, anche se la Commissione decidesse che l’archiviazione non debba essere accompagnata dalla trasmissione degli atti al Ministro e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione, tale decisione sarebbe comunque inutilmente adottata atteso che la questione della trasmissione degli atti ai titolari dell’azione disciplinare è compiutamente regolamentata dall’ormai noto art. 50 Reg. Int. sia nell’ipotesi in cui la Commissione svolga istruttoria sia nell’ipotesi in cui decida di non espletare attività conoscitiva.

Posto, dunque, che l’archiviazione può essere deliberata con o senza istruttoria è indubitabile che i titolari dell’azione disciplinare sarebbero comunque posti a conoscenza di fatti sussumibili astrattamente in fattispecie disciplinari. 

Nel primo caso, ne avrebbero contezza alla stregua del comma 1 dell’art. 50 Reg. int. laddove è disposto che “la Commissione competente trasmette gli atti al Vicepresidente per l’inoltro ai titolari dell’azione disciplinare”; nel secondo caso apprenderebbero  i fatti ai sensi del comma 2 del medesimo articolo che prescrive “I titolari dell’azione disciplinare vengono comunque informati mediante l’inserimento della pratica all’ordine del giorno del Consiglio circa l’esistenza degli esposti relativi alla condotta di magistrati, cui non abbia fatto seguito attività istruttoria delle Commissioni. I relativi atti rimangono depositati nella segreteria della Commissione per trenta giorni a disposizione dei titolari dell’azione disciplinare”.

Nessun particolare problema pone il testo dell’articolo nei commi seguenti che si connotano per l’utilizzo di termini di volta in volta diversi pur riferendosi a medesimi soggetti o stesse circostanze.

È il caso del soggetto sottoposto alla procedura di trasferimento d’ufficio che viene indicato inizialmente come “l’interessato” e poi come magistrato per ritornare successivamente denominato come “l’interessato”.

Analogamente per la fase deliberante svolgentesi in seno al Plenum, che è definita inizialmente assemblea plenaria e poi riunione.

 

Lart. 3. Concorso dellazione disciplinare o penale.

Si occupa del “concorso dell’azione disciplinare o penale” disponendo che “qualora per i medesimi fatti oggetto della comunicazione di apertura del procedimento ex art 2 Legge Guarentigie è stata esercitata l’azione disciplinare o l’azione penale, la Commissione, con provvedimento motivato, sospende il procedimento”. 

L’articolo in commento, parrebbe reintrodurre la cosiddetta pregiudiziale disciplinare[9] aggiungendovi anche quella penale.

 È qui sufficiente ricordare, in considerazione del carattere dello scritto che non consente un particolare approfondimento[10] che l’istituto della pregiudiziale nell’ipotesi di concorso tra il procedimento amministrativo di trasferimento di ufficio e il processo disciplinare era stato espunto dalla circolare del Consiglio superiore della magistratura disciplinante il procedimento di trasferimento officioso, sulla scorta di una riconsiderazione della natura propria dell’istituto disciplinato dall’art. 2 legge delle guarentigie, del quale era sottolineata la diversità di presupposti ed effetti rispetto al procedimento disciplinare.

Analogo argomento vale per i rapporti con il procedimento penale.

La già rassegnata Relazione di accompagnamento alla circolare non offre chiarimenti in ordine ai motivi posti alla base della reintroduzione del ricordato principio limitandosi laconicamente a riportare il testo dell’art. 3, lasciando così l’interprete privo di coordinate logico-giuridiche.

Le modalità di coordinamento dei rapporti tra trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale e il procedimento disciplinare e, di conseguenza per le ragioni esposte, con il procedimento penale sono stabilite dalla normativa primaria allorquando, dopo aver provveduto alla tipizzazione degli illeciti disciplinari e alla modifica dell’art. 2 della legge delle guarentigie, ha imposto che “per fatti astrattamente riconducibili alle  fattispecie  disciplinari previste dagli articoli 2, 3 e 4, del presente  decreto,  sono  trasmessi  al  Procuratore  generale  della Repubblica presso la Corte di cassazione per le sue determinazioni in ordine all'azione disciplinare”.[11]

Una riflessione si impone, poi, nel caso in cui la prima Commissione, valutata la sussistenza dei medesimi fatti oggetto della comunicazione di apertura del procedimento ex art 2 Legge Guarentigie per i quali è stata esercitata l’azione disciplinare o l’azione penale, deliberi di sospendere il procedimento di trasferimento.

Nel caso di specie nulla è detto in ordine ai tempi di sospensione e ad eventuali termini di decadenza o estinzione della procedura con buona pace dei criteri ai quali dovrebbe essere ispirata e dichiara di essere informata la circolare in argomento.

Tale stato di cose determina pregiudizi esiziali per il magistrato che per accidente si trovi ad essere destinatario di una comunicazione di apertura del procedimento di trasferimento. Si pensi ad esempio alle possibili ricadute negative nel caso in cui il magistrato abbia presentato richiesta di autorizzazione per un incarico extragiu- diziario che potrebbe essergli negata in considerazione del previsto[12] “invio della relativa comunicazione dell’inizio della procedura di trasferimento d’ufficio nel caso previsto dalla seconda parte del primo capoverso dell’art. 2, R.D. Lgs. 31 maggio 1946, n. 511”; nell’ipotesi in cui “la pendenza di detto procedimento, per la gravità del fatto o per la relazione tra il fatto e la natura dell’incarico, pregiudica perciò solo la credibilità del magistrato o il prestigio dell’ordine giudiziario”. Analogamente nell’ipotesi in cui il magistrato abbia la possibilità di essere nominato collaboratore o affidatario dei magistrati in tirocinio e dunque esplicare un’utile e commendevole attività nell’ambito della formazione professionale. Anche in tale ultima fattispecie si applica la disposizione sopra ricordata.

 

L’art. 4. Termini del procedimento.

La relazione lo qualifica come “l’articolo maggiormente innovativo della circolare, atteso che esso prevede, in un’ottica di ragionevole durata del procedimento amministrativo e di oggettiva tutela dell’interessato, termini perentori entro i quali le diverse fasi della attività della Commissione e dell’Assemblea plenaria devono concludersi”.

L'apprezzabile intento di circoscrivere in un periodo prestabilito l’esame del procedimento di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e/o funzionale pare, però, già abbandonato fin dall’esordio dell’articolo in commento laddove al  comma 1 dell’articolo stabilisce cheLa fase conoscitiva ed istruttoria deve concludersi nel termine di mesi sei che decorre dalla data fissata dal Presidente per lo svolgimento della relazione da parte del componente assegnatario del procedimento, con eventuali richieste istruttorie.

Fissato, allora, il termine perentorio, sorge il problema di individuare il giorno dal quale tale termine deve decorrere non essendo sufficiente aver individuato il dies a quo nella data fissata dal Presidente per lo svolgimento della relazione da parte del componente assegnatario del procedimento.

Tale data è, invero, un momento temporale incerto, un termine “mobile” per cosi dire, non rinvenendosi alcuna disposizione immediatamente prescrittiva che impone l’esame del fascicolo e stabilisce criteri oggettivi e predeterminati per l’assegnazione delle pratiche e, tanto meno, per la determinazione della data dalla quale far decorrere il termine di sei mesi, non potendosi reputare tale la disciplina posta dagli artt. 55 co. 3, e 58 co. 1 Reg. int.[13]

Essendo questa la previsione normativa, appare di tutta evidenza che il giorno dal quale deve decorrere il termine di sei mesi entro il quale devono concludersi la fase conoscitiva ed istruttoria, non può essere utilmente individuato, essendo rilasciato alla discrezionalità del Presidente la Commissione stabilire la data per lo svolgimento della relazione da parte del componente assegnatario del procedimento.

Né può ritenersi strumento efficace l’obbligo, posto a carico dello stesso Presidente, di disporre l’iscrizione della pratica nel registro elettronico della Commissione, indicandone il relatore, nonché l’inserimento all’ordine del giorno della Commissione.

Tale ultimo adempimento, in particolare, non vale a fissare il termine “mobile”, atteso che ad esso deve seguire l’inserimento delle pratiche nel “programma dei lavori” della Commissione nel quale è indicato il numero di sedute previste per ciascuna settimana, nonché le pratiche di cui si prevede la trattazione secondo quanto previsto nell’art. 58 reg. int.

Non è, dunque, sancito alcun obbligo né alcuna norma immediatamente precettiva dotata di sanzione che imponga, nonostante l’iscrizione all’ordine del giorno e il suo inserimento nel programma dei lavori, la trattazione della pratica. Questa è peraltro la prassi vigente in seno al Consiglio.

Sarebbe, allora, stato più semplice e maggiormente rispondente ai criteri di efficienza e giusto procedimento, indicati quali obiettivi della Circolare, individuare il dies a quo nella data di iscrizione della pratica nel registro elettronico della Commissione, oppure nella data di inserimento della pratica all’ordine del giorno della Commissione o, ancora, nel giorno in cui è prevista nel programma dei lavori la trattazione della pratica.

La soluzione maggiormente rispondente ai principi e criteri richiamati e sottratta o ogni condizionamento, pare però quella di far decorrere il dies a quo dall’iscrizione della pratica nel registro elettronico della Commissione.

È, poi, prevista la possibilità che “nel caso di motivata grave necessità tale termine può essere prorogato per non più di una volta e per un periodo di massimo mesi tre”.

Ad oggi, anche in considerazione del breve periodo trascorso dall’entrata in vigore della nuova procedura, non si hanno elementi per definire compiutamente il significato della “grave necessità” con la conseguenza che solo la prassi permetterà di riempire di contenuto tali lemmi.

Ciò posto tale previsione pare caratterizzata da eccessiva genericità non potendosi ritenere sufficiente a superare la censura di indeterminatezza il previsto obbligo di motivazione sul punto.

Meglio sarebbe stato individuare circostanze obiettivamente valutabili come ad esempio l’oggettiva impossibilità di concludere l’istruttoria nel termine prescritto o la sua particolare complessità, senza ritenerle ipotesi tassativamente previste lasciando spazio ad altri casi riconducibili a una ratio comune.[14]

Si pensi all’ipotesi in cui si siano richieste informazioni e chiarimenti a un Consiglio giudiziario o al Consiglio direttivo della Cassazione, al Primo Presidente o al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, al Presidente o al Procuratore Generale della Corte di Appello, al Presidente o al Procuratore della Repubblica del Tribunale e al magistrato interessato, al Consiglio dell’ordine degli avvocati e le risposte non siano comunicate nel termine previsto.

Oppure il caso in cui la Commissione abbia deliberato di avvalersi dell’Ispettorato istituito presso il Ministero della giustizia e in considerazione della complessità dell’attività non sia possibile concludere l’istruttoria allo spirare del termine dei sei mesi.

Non suscita particolari perplessità il comma 3 secondo cui il termine di tre mesi, entro il quale l’assemblea plenaria deve deliberare, decorre dalla avvenuta trasmissione della proposta.

Il termine pare eccessivo rispetto ai sei mesi previsti per la fase conoscitiva e istruttoria ma forse la giustificazione la si può rinvenire nella considerazione che la trasmissione della proposta non corrisponde all’inserimento della stessa nell’Ordine del giorno dell’Assemblea plenaria e che la formazione dello stesso è subordinato all’assenso del Presidente della Repubblica. Ne consegue che può verificarsi uno iato temporaneo, e nella pratica si verifica, magari anche per un segmento temporale apprezzabile tra la trasmissione della proposta e il suo inserimento all’ordine del giorno. Resta il fatto, se anche così fosse, che il termine massimo di tre mesi per giungere alla conclusione del procedimento nella forma della delibera dell’Assemblea plenaria è eccessivo sia in assoluto sia in rapporto alle fasi precedenti.

Il comma 4 parrebbe introdurre una novità con la previsione della facoltà dell’Assemblea nel caso in cui ravvisi l’assoluta necessità del compimento di approfondimenti o atti istruttori. In tale ipotesi è previsto che con delibera motivata potrà rimettere gli atti alla Commissione indicando specificamente gli atti da espletare ed assegnando un termine non superiore a mesi tre per il loro espletamento. L’assemblea provvederà, dunque, alle deliberazioni di propria competenza entro il termine massimo di giorni trenta dalla avvenuta trasmissione della nuova proposta. 

Invero tale fattispecie altro non è che la specificazione e applicazione particolare al procedimento di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e/o funzionale, del potere già riconosciuto al Plenum nella prassi indicato come “ritorno in Commissione”.

Nuova è, invece, la previsione della sospensione dei termini dal 31 luglio al 1 settembre di ogni anno cui si aggiunge l’ulteriore ipotesi di sospensione allorquando sia l’interessato a chiedere un rinvio al fine di depositare memorie o per qualsiasi atto istruttorio. Nella specie i termini rimangono sospesi fino alla nuova data fissata per l’espletamento dell’incombente.

La formulazione del comma 6 non pare, da ultimo, esempio da prendere in considerazione per la redazione di testi normativi.

Stabilisce, infatti, che “l’inutile superamento dei detti termini produce l’archiviazione del procedimento per estinzione, senza possibilità di riapertura, salvo elementi sopravvenuti, in presenza dei quali decorrono nuovamente i termini di cui ai commi precedenti.”

Improprio appare il riferimento all’inutile superamento dei termini.

Invero analoga disposizione è contenuta nell’art. 2 co. 9 ter della L. 2 l. 7.8.1990 n. 241, che attribuisce al privato, “decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento”, la facoltà di “rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-ter perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario”[15]. 

È allora evidente che il carattere dell’inutilità del superamento, meglio sarebbe stato scrivere decorrenza, del termine è fuori luogo nell’ambito del procedimento di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e/o funzionale essendo il richiamato sostantivo riferito a una situazione diversa da quella nella quale l’inutilità assume una specifica e rilevante valore che si concretizza nell’attribuire al privato la facoltà descritta.

Non si comprende, ancora, come possa “l’inutile superamento dei detti termini” produrre “archiviazione del procedimento per estinzione”.

L’archiviazione, invero, non è un “fatto” che può “prodursi” meccanicamente e in maniera automatica a seguito del verificarsi di un fenomeno fattuale quale il decorso del tempo, bensì un atto e più correttamente l’atto conclusivo del procedimento amministrativo in questione che necessita e presuppone un’attività ricognitiva del suo verificarsi, benché trovi il proprio fondamento giuridico nel decorso dei termini.

Inutile appare anche la previsione della riapertura del procedimento atteso che il provvedimento di archiviazione in sede amministrativa non opera alcuna preclusione, né sostanziale né procedurale, ben potendo la Prima Commissione, sussistendone i presupposti di fatto e di diritto, disporre la riapertura della pratica.[16]

Al di là della singolare articolazione della disposizione è chiaro che il procedimento si estingue se nel termine stabilito esso non si conclude con una delibera di Plenum, con la conseguenza obbligata che il procedimento dovrà essere archiviato per l’intervenuto decorso del termine.

 

 Art. 5. Disposizioni transitorie

Riafferma il principio generale secondo il quale la circolare si applica ai procedimenti aperti in Prima commissione successivamente alla sua entrata in vigore. 

 

Art 6. Disposizioni abrogate. 

Prevede labrogazione esplicita della delibera del 18 dicembre 1991 recante: Applicazione della procedura dell’art. 2 Legge Guarentigie”. 

 

 

 

 



[1] Applicazione della procedura dell’art. 2 L.G. (delibera 18 dicembre 1991).

1) Ai fini e agli effetti del trasferimento di ufficio ex art. 2 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 non può essere presa in considerazione l’attività giurisdizionale del magistrato tranne che nei casi di dolo o di errore determinato da colpa grave.

2) La procedura di trasferimento d’ufficio ex art. 2 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511 non può essere iniziata o proseguita:

a) qualora, a seguito di trasferimento a domanda ad altra sede o ad altro ufficio, siano venute meno le ragioni d’incompatibilità;

b) in ogni caso in cui la situazione d’incompatibilità sia stata creata allo scopo di provocare il trasferimento d’ufficio.Tuttavia il Consiglio, quando non ricorrono motivi di urgenza e la domanda di trasferimento dia affidamento di accoglibilità, può disporre la sospensione della procedura di trasferimento d’ufficio, deliberandone la chiusura soltanto dopo l’avvenuto trasferimento a domanda.

3) La procedura di trasferimento d’ufficio si sviluppa nelle seguenti fasi con le garanzie di seguito precisate:

a) indagini e valutazioni preliminari, da parte della Commissione, investita dell’esposto o rapporto in ordine alla sussistenza di elementi idonei a giustificare l’apertura del procedimento; nella fase delle indagini preliminari è consentito all’interessato rendere dichiarazioni spontanee, senza pregiudizio per i lavori della Commissione;

b) invio da parte della Commissione di comunicazione contenente la sommaria enunciazione del fatto per cui si procede, con avvertimento all’interessato: che ha diritto di essere sentito con l’eventuale assistenza di altro magistrato; che, in difetto di elezione di domicilio, tutti gli avvisi, in ogni fase della procedura, saranno fatti presso l’Ufficio Giudiziario dell’interessato;

c) compimento dell’attività istruttoria con il rispetto, per qualunque atto, del numero legale a norma del regolamento interno;

d) audizione dell’interessato con l’eventuale assistenza di altro magistrato. Qualora l’interessato lo richieda, è consentita l’acquisizione di una memoria difensiva in luogo dell’audizione. Nel caso in cui sia stato addotto un giustificato e assoluto impedimento a comparire, la Commissione, anche alla luce degli accertamenti eventualmente disposti, fissa una nuova convocazione per altra seduta;

e) deposito dei relativi atti al termine dell’istruttoria, con avviso all’interessato della facoltà di prenderne visione, ottenerne copia e presentare controdeduzioni scritte entro un termine non superiore a dieci giorni dalla ricezione del predetto avviso, prorogabile una sola volta di altri 10 giorni per giustificato motivo. Fermo quanto previsto in questa stessa lettera e), prima del deposito degli atti, all’interessato che ne faccia richiesta può essere rilasciata copia delle dichiarazioni dallo stesso rese in sede di audizione, con esclusione, ad insindacabile giudizio della Commissione, di ogni dichiarazione diversa da quelle dell’interessato;

f) valutazione delle risultanze istruttorie e relativa proposta della Commissione;

g) avviso all’interessato della data fissata per la seduta del Consiglio nel corso della quale avrà diritto di essere sentito con l’eventuale assistenza di altro magistrato subito dopo la relazione e prima del di- battito, restando impregiudicato il potere del Consiglio di convocarlo ugualmente in caso di ritenuta necessità;

h) delibera motivata del Consiglio sulla proposta della Commissione.

 

[2] L’art. 42 Reg. Int. così recita: 1. La procedura di cui all’art. 2, comma 2, del R.D.L.gs. 31 maggio 1946, n. 511, in materia di trasferimento di ufficio è regolata da un’apposita circolare, approvata dal Consiglio su proposta della Prima commissione, con la quale vengono articolate le fasi separate di esame, improntandone lo svolgimento al criterio di efficienza ed al rispetto dei principi del giusto procedimento.

2. Con la medesima circolare sono indicati i termini perentori entro i quali ciascuna fase del procedimento deve trovare conclusione e gli effetti della loro scadenza, nonché il termine ultimo oltre il quale il Consiglio è comunque chiamato a deliberare sulla proposta della Commissione.

3. La procedura di trasferimento di ufficio, non può comunque essere avviata o proseguita quando, a seguito di trasferimento a domanda ad altra sede o ad altro ufficio, la Commissione ha accertato che sono venute meno le ragioni di incompatibilità, nonché in ogni caso in cui la situazione di incompatibilità è stata creata allo scopo di provocare il trasferimento di ufficio”.

 

[3] Cfr. art. 13 co. 1 e 2 D.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109

 

[4] La materia è disciplinata dalla “Circolare sulle applicazioni e supplenze negli uffici giudiziari, tabelle infradistrettuali e magistrati distrettuali”.(Circolare n. P. n. 19197 del 27 luglio 2011- Delibera del 21 luglio 2011 e succ. mod. al 17 ottobre 2013, limitatamente all’all. A). Lart. 1 così recita: “L’applicazione è l’istituto al quale si fa ricorso per esigenze di servizio dell’ufficio imprescindibili e prevalenti, indipendentemente dalla integrale copertura del relativo organico, assenza o impedimento dei magistrati dell’ufficio. Essa comporta l’inserimento, in via contingente e temporanea per un periodo massimo non superiore di regola a due anni, di uno o più magistrati all’interno di un ufficio diverso da quello di appartenenza.Può, pertanto, farsi ricorso all’istituto dell’applicazione per sopperire a vacanze di organico o per potenziare l’organico di un ufficio. L’applicazione può essere disposta solo nei casi in cui non si possa procedere a supplenza, interna o infradistrettuale, in caso di dimostrata impossibilità di ricorso all’assegnazione interna o alla assegnazione congiunta dei magistrati a due o più uffici prevista dalle tabelle infradistrettuali”.

[5] Cfr. gli artt. 28 e 37 della Circolare richiamata in nota 3) che disciplinano la durata delle applicazioni distrettuali ed extra distrettuali. 

[6] Cfr. gli art. 21 e 31 della Circolare richiamata in nota 3) che individuano i Magistrati che possono essere destinati in applicazione distrettuale ed extra distrettuale.

[7] Cfr. gli art. 22 e 32 della Circolare richiamata in nota 3) che elencano i presupposti dell’applicazione distrettuale ed extra distrettuale.

 

[8] Art. 50. Comunicazioni ai titolari dell’azione disciplinare.

1. Se dall’attività istruttoria compiuta dalle Commissioni nell’ambito delle rispettive attribuzioni o dal Consiglio in sede di esame conclusivo di una pratica, risultano fatti suscettibili di valutazione in sede disciplinare, la Commissione competente trasmette gli atti al Vicepresidente per l’inoltro ai titolari dell’azione disciplinare.

2. I titolari dell’azione disciplinare vengono comunque informati mediante l’inserimento della pratica all’ordine del giorno del Consiglio circa l’esistenza degli esposti relativi alla condotta di magistrati, cui non abbia fatto seguito attività istruttoria delle Commissioni. I relativi atti rimangono depositati nella segreteria della Commissione per trenta giorni a disposizione dei titolari dell’azione disciplinare.

3. La comunicazione ai titolari dell’azione disciplinare non implica alcuna valutazione da parte del Consiglio sulle responsabilità disciplinari che possono eventualmente risultare.

 

[9] Tale istituto era previsto nella delibera del Consiglio superiore della magistratura del 5 dicembre 1972, concernente i criteri interpretativi dellart. 2 l.g.., che prevedeva la sospensione della procedura di trasferimento nellipotesi in cui contestualmente iniziasse per gli stessi fatti il procedimento disciplinare a carico del magistrato. La circolare prevedeva alla lettera b) «che nel caso di interferenza del provvedimento in esame e quello disciplinare, sempre che ricorra una sostanziale identità dei fatti da valutare, resti sospesa, lapplicazione del citato art. 2».

[10] Per una più compiuta ricostruzione dell’istituto della pregiudiziale in relazione al trasferimento d’ufficio cfr. M. ARCURI, L’inamovibilità dei magistrati. Il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale, Milano, 2014, pagg. 56 e segg.

[11] Cfr art. 26 D. Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109.

[12] Cfr. la nuova circolare in materia di incarichi extragiudiziari n. P-19942 del 3 agosto 2011 (delibera del 27 luglio 2011). Nonché la circolare avente ad oggetto «Applicabilità del D.P.R. del 17 luglio 1998 artt. 10 ed 11, in relazione alla nomina di magistrato affidatario e/o collaboratore per il tirocinio dei magistrati ordinari» (delibera del 21 dicembre 2011). È peraltro opportuno riportare anche quanto stabilito nella delibera del 27 giugno 2012 che, riaffermando la vigenza della circolare sopra ricordata del 21 dicembre 2011, ha stabilito che «il trasferimento disposto ai sensi dell’articolo 2 regio decreto legislativo 31 maggio 1946 n. 511, non è mai ostativo di per sé, ma deve essere valutato sempre in modo complessivo dal Consiglio». Si potrebbe dunque chiosare che se il procedimento non ci fosse, in assenza di altri impedimenti e sussistendone i presupposti, lincarico o la designazione sarebbero consentiti.

[13] L’art. 55 - Assegnazione delle pratiche alle Commissioni, stabilisce al co. 3 che “Il Presidente di ogni Commissione assegna ogni pratica, tranne quelle sulle quali ritiene di riferire egli stesso, a uno o più relatori tra i componenti la Commissione, secondo i criteri oggettivi stabiliti da quest’ultima. Di ciascuna pratica, il Presidente dispone l’iscrizione nel registro elettronico della Commissione, indicandone il relatore; dispone altresì l’inserimento della pratica all’ordine del giorno della Commissione”. L’Art. 58 - Programma dei lavori di Commissione prevede al co. 1. “Il programma dei lavori di ciascuna Commissione è predisposto con cadenza quindicinale o mensile. Vi è indicato il numero di sedute previste per ciascuna settimana, nonché le pratiche di cui si prevede la trattazione”.

 

 

[14] Viene qui in rilievo tutta l’attività istruttoria che la Commissione può svolgere avvalendosi delle facoltà concesse dal Reg. Int. Art. 64 – Incombenti istruttori.

1. Quando una Commissione lo ritiene necessario, per istruire convenientemente una pratica che le è stata assegnata, può richiedere informazioni e chiarimenti a un Consiglio giudiziario o al Consiglio direttivo della Cassazione, al Primo Presidente o al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, al Presidente o al Procuratore Generale della Corte di Appello, al Presidente o al Procuratore della Repubblica del Tribunale e al magistrato interessato. Il Presidente della Commissione provvede alle comunicazioni conseguenti.

2. Se la Commissione ritiene necessario invitare a presentarsi alla Commissione stessa, per essere sentiti, i dirigenti degli uffici giudiziari sopraindicati, il magistrato interessato o altri magistrati, ovvero inviare sul posto uno o più dei suoi componenti per indagini, oppure avvalersi dell’Ispettorato presso il Ministero della giustizia, ovvero effettuare visite ai distretti e agli uffici giudiziari per le questioni di propria competenza, dispone in conformità. La deliberazione è comunicata tempestivamente, oltre che ai Consiglieri, al Comitato di

Presidenza, che può assumere le iniziative volte a garantire il coordinamento con le attività delle altre Commissioni.

3. Per i fini di cui ai commi 1 e 2 la Commissione può sentire i Consigli degli Ordini degli Avvocati per informazioni e chiarimenti, previa la comunicazione di cui al comma 2.

4. Può altresì richiedere informazioni e chiarimenti ad autorità amministrative, funzionari e dipendenti dello Stato e di enti pubblici, nonché procedere all’audizione di privati.

5. Su proposta del Presidente, del relatore o di altro componente la Commissione, quest’ultima, con deliberazione unanime, può delegare l’istruttoria della pratica a uno o più componenti, eventualmente impartendo loro le direttive ritenute necessarie.

6. Nel caso previsto dal comma 5, il Presidente o la Commissione impartiscono le opportune istruzioni per la tempestiva comunicazione agli altri componenti la Commissione degli atti istruttori che il relatore delegato intende compiere, diversi dall’acquisizione di documentazione presente negli atti del Consiglio e dalla richiesta di documenti ai dirigenti degli uffici giudiziari, al Consiglio direttivo della Corte di Cassazione o ai Consigli giudiziari. Per avvalersi dell’Ispettorato istituito presso il Ministero della giustizia, ai sensi dell’art. 8 della legge 24 marzo 1958, n. 195, è sempre necessaria la previa deliberazione della Commissione. Per l’espletamento degli altri incombenti istruttori di cui ai commi 2, 3 e 4, deve essere data a tutti i componenti del Consiglio tempestiva comunicazione dell’incombente istruttorio ed eventualmente della data e del luogo fissato per l’esecuzione di esso.

7. Nel caso di opposizione di un componente la Commissione all’espletamento di un incombente istruttorio, sulla questione decide la Commissione.

8. Se in corso di svolgimento di un incombente istruttorio, di un’audizione o di altra attività, un componente del Consiglio ritiene di rivolgere un quesito o domandare che sia riportata a verbale una dichiarazione, il Presidente della Commissione adotta le opportune determinazioni per garantire l’ordinato svolgimento dell’attività e, soltanto laddove riscontri il rischio di una violazione di legge, rimette la decisione alla Commissione.

9. Su proposta del Presidente, del relatore o di altro componente la Commissione, quest’ultima, con deliberazione unanime, può delegare al relatore o ai relatori l’espletamento di singoli incombenti, previa la comunicazione di cui al comma 6.

10. Nelle ipotesi previste dai commi 2, 3, 4 e 8, ogni componente del Consiglio ha facoltà di assistere e partecipare all’espletamento delle audizioni, anche se queste si svolgano fuori sede, e ha facoltà di prendere parte alle visite ai distretti e agli uffici giudiziari.

11. Fermo restando quanto disposto dall’art. 62, comma 3, nei casi di urgenza, laddove non sia possibile la convocazione immediata della Commissione, il suo Presidente, sentito il Vicepresidente del Consiglio Superiore, può disporre l’assunzione immediata di informazioni o di una relazione scritta. La determinazione del Presidente viene sottoposta alla ratifica della Commissione nella prima seduta utile successiva.

 

[15] Art. 9-ter. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato può rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario

 

[16] cfr. M. ARCURI, op. cit. pag. 58.

 

 

 
 
 
 
 
 

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